Il marine arso vivo in Iraq diventa opera d'arte. E' polemica

Il sergente Richard Yarosh, il marine sfigurato completamente tre anni fa durante la guerra in Iraq, è diventato un’opera d’arte. Il suo volto pieno di cicatrici è esposto al museo Smithsonian di Washington, dipinto dal ritrattista Matthew Mitchell. La vicenda di Yarosh e le sue immagini con l’allora presidente Bush fecero il giro del mondo. Il soldato fu miracolato dopo essere stato vittima di un’esplosione in Iraq che lo trasformò in torcia umana. Oltre ai danni alla pelle, è rimasto senza orecchie e le dita delle mani sono rigide e curvate in modo irreversibile. Quanto basta perché Mitchell decida di ritrarlo, con assenso entusiasta del marine. “So che la gente è curiosa – ha detto – e con questo ritratto potranno smettere di esserlo e fissarmi. Penso che possano capire meglio cosa mi è successo. Probabilmente anch’io fisserei il quadro allo stesso modo”. Negli Usa però non tutti sono entusiasti e le polemiche sul quadro sono scoppiate, come sempre accade nei casi di arte estrema. La curatrice della mostra non ha dubbi sul valore dell’opera e ha affermato che il significato del ritratto è chiaramente di onore a Yarosh. E il pittore Mitchell, parlando del suo quadro, riflette sul “gran numero di americani profondamente toccati dalle guerre recenti, che rappresentano uno degli eventi più formativi al mondo. Invece, purtroppo, altri non credono di dovere prestarvi attenzione”. Da questo punto di vista, il ritratto di Yarosh attirerà certamente attenzione in abbondanza.

Anteprima: Marie ti amiamo - Carmen Consoli ft. Franco Battiato

Shakira, Celine Dion, Cher ... - Elvis Medley

Jacko sul palco in gran forma. Ora la sua morte è un thriller

Qualcosa non quadra. A vederlo provare lo show con tanta concentrazione e in buona forma fisica, tutto si penserebbe, tranne che di lì a poco, da quella stessa sala dello Staples Center di Los Angeles, avremmo assistito in mondovisione al funerale di Michael. A cinquant'anni suonati, ecco che Jacko canta con quel talento che distingue l'artista dall'artigiano pop. E poi eccolo lì a gestire il "moonwalk" al centro di una squadra di ballerini prodigiosi, ma di cui lui è il faro indiscusso. Controlla ogni particolare del sontuoso spettacolo, con fermezza ma anche con carismatica gentilezza. Dice ai suoi collaboratori: «Metteteci amore, Dio vi benedica», e spiega con pazienza al direttore musicale come cogliere l'infinitesima porzione di ritmo e la giusta tonalità per attaccare un pezzo, roba che nessuno può sentire, se non l'orecchio assoluto del genio. È magro, certo, in alcuni momenti appare stanco, ma chiunque, al posto suo, sarebbe già schiattato sul palco, nella preparazione massacrante di quello che, dal maxischermo del cinema, si rivela il più colossale concerto "mancato" della storia pop. Nulla lascia presagire la morte di Michael, nelle due ore di "This is it". Nulla. Non è l'uomo incapace di reggersi in piedi che le cronache post-mortem avevano descritto, quello fotografato in sedia a rotelle, e con lo stomaco pieno solo di pillole. È un cantante maledettamente in salute, date le premesse: e allora il film che racconta la preparazione del suo ritorno sulle scene diventa molto più di una prova generale a porte chiuse, splendidamente eseguita e magnificamente condotta in porto dalla troupe diretta dal regista Kenny Ortega: in filigrana, è davvero un "Thriller". Tre giorni fa, uno dei suoi intimi amici, il co-produttore dell'album "Dangerous" Teddy Riley ha tirato una mina nella scena del giallo: «A qualcuno non piaceva qualcosa che Michael aveva detto o stava facendo, o non voleva che tornasse al top. Così dovevano liberarsi di lui. Io e la sua famiglia crediamo di sapere chi sia l'assassino, e confidiamo che sarà arrestato presto. La verità verrà presto fuori». Non è chiaro se Riley si riferisse al dottor Conrad Murray, che nella maledetta notte del 25 giugno scorso somministrò alla star quell'overdose di profopol, il sonniferò che stroncò un cuore che l'autopsia dimostrò essere "sano e forte" e un organismo in cui non fu trovata tracce di droghe o alcool. Il coroner di Los Angeles ha classificato il decesso come "omicidio": la pensano diversamente quei fan che si sono mobilitati per boicottare "This is it" (il titolo si riferisce anche al "nuovo" doppio cd infarcito di successi, con una poesia e un trascurabile "inedito" scritto in realtà nell'83 da Paul Anka), sostenendo che la pellicola è parte della "copertura" della realtà su un uomo che - sostengono - soffriva di paralizzanti dolori alla schiena. Come sia, è possibile che dalle cento ore di riprese girate in vista dei 50 concerti alla 02 Arena di Londra, siano state montate solo quelle che mostrano un Jackson all'altezza della sua fama. Il film (premiere in contemporanea in 99 paesi, 600 copie per i cinema italiani, due settimane di programmazione), di suo, è appassionante: per la qualità delle esecuzioni, per le mirabolanti trovate sceniche (un bulldozer e uno scarabeo gigante spuntano sul palco dopo essere apparsi sullo schermo), per il video di "Smooth Criminal" dove Michael compare in bianco e nero in una minitrama noir con Rita Hayworth, Humphrey Bogart e Edward J. Robinson; per la trepidazione del corpo di ballo prima e dopo una dura selezione alla "Chorus line". Il regista Ortega indugia, nel montaggio, sulla fragile umanità di Michael: lo vediamo salire su una gru semovente, per la prima volta dopo quelle drammatiche riprese dello spot Pepsi che generarono i suoi guai fisici; lo scopriamo sorridere segretamente prima di una dissolvenza di luci; lo sentiamo dire «non posso cantare più forte, devo risparmiare la voce» dopo un duetto stellare con la corista in "I just can't stop loving you", lo ascoltiamo mentre ci ammonisce che «abbiamo solo quattro anni per salvare la terra». E lo ritroviamo in mezzo agli zombie per una fantastica versione in 3d di "Thriller". Lui, ignaro di essere già il fantasma del palcoscenico.

Sinead O'Connor & The Chieftains- The Foggy Dew

SINEAD O'CONNOR - This is a rebel song

Madonna, ecco il video per salvare il Malawi

In questi giorni Madonna è in Malawi, dove si sta impegnando personalmente per costruire una scuola femminile, e ha deciso di pubblicare sull’Huffington Post il video che trovate qui sopra e una lettera, il cui contenuto è pressoché identico: Madonna chiede aiuti economici per il Malawi. La star, abbandonati i costumi iridescenti dello Sticky & Sweet Tour, racconta come questa regione del mondo abbia preso il sopravvento sulla sua vita: Perché non l’Afghanistan, o l’India? Ci sono bambini poveri, che hanno un disperato bisogno di salute e educazione, in qualsiasi parte del mondo. Qualcosa nei bambini del Malawi è entrato in contatto con me e le loro avversità erano troppe perché riuscissi a ignorarle.

Les Seigneurs: Vincent Cassel oltre i limiti della ragione

Dopo il celebre padre Costa e la sorella Julie, Romain Gavras debutta nella regia di un lungometraggio con Les Seigneurs, le cui riprese cominciano oggi nel Nord-Pas-de-Calais. Tra i protagonisti di questo road-movie figurano Vincent Cassel (César 2009 del migliore attore per il dittico Mesrine [trailer]) e Olivier Barthélémy (Sheitan [trailer]). Scritta dal regista ventisettenne insieme a Karim Boukercha, la sceneggiatura di Les Seigneurs racconta le disavventure di due persone dai capelli rossi in viaggio ai limiti della ragione. In rotta con le loro vite passate, sognano di assumere una nuova identità. Guerrieri, sono pronti a combattere contro il mondo e la sua morale viaggiando fino a un punto di non ritorno. Obiettivo: l'Irlanda, la terra promessa delle persone dai capelli rossi. Ma la follia li catturerà, feroce all'inizio, dolce e profonda in seguito. Co-fondatore e membro del collettivo Kourtrajmé, Romain Gavras si è fatto notare per i suoi numerosi cortometraggi e videoclip, scatenando polemiche l'anno scorso con Stress del gruppo Justice. Prodotto da Eric Névé per Les Chauves Souris e da Vincent Cassel per 120 Films, Les Seigneurs beneficia di un budget di 3,4 M€, che include i pre-acquisti di Canal + e di Ciné Cinéma, oltre a 100 000 euro di sostegno del Crrav. Le riprese si svolgeranno fino al 16 maggio a Dunkerque e a Calais, con André Chémétoff (nipote di Darius Khondji) alla direzione della fotografia. TFM assicurerà la distribuzione del film nelle sale francesi e TF1 International, anche coproduttrice, guiderà le vendite all'estero.

NON MOLTO LONTANO DA QUI: CARMEN CONSOLI E MARELLA FERRERA

La stilista siciliana Marella Ferrera ha curato i costumi per il video della canzone “Non molto lontano da qui” da Elettra, nuovo e settimo Album della regina del rock “made in Sicily” Carmen Consoli in uscita tra qualche giorno. Il video è ambientato in un “bordello” belle époque, come quelli parigini di inizio Novecento e ricostruito presso il Palazzo Biscari a Catania, dove Carmen è affiancata da altre ragazze e dall’attrice catanese Mariella Lo Giudice che interpreta la maitresse della casa. Sexy guepière, calze a rete, e preziosi gioielli in un video musicale da non perdere, intrigante e di sicuro successo.

Buon compleanno Winona Ryder

29 ottobre – Buon compleanno Winona Ryder! Tanti auguri all’attrice che, nata come la ragazza della porta accanto, ha lavorato con mostri sacri del calibro di Coppola e Tim Burton. I suoi genitori erano Hippy e lei è cresciuta in una comune in California, senza corrente elettrica, circondata da cani, gatti e cavalli, fratelli e sorelle. Debutta sul grande schermo con “Lucas” (1986), di David Seltzer, dove interpreta una pon pon girl. Lavora con Burton per la prima volta nella commedia horror “Beetlejuice” nel 1988. Segue “Edward mani di forbice” (1990), sul set del quale incontra Johnny Depp, con cui ha una travagliata relazione. Con “Sirene”, di Richard Benjamin, ottiene una nomination ai Golden Globe nel 1990. Lo stesso anno, si cominciano a manifestare i primi squilibri derivati da abusi di psicofarmaci. Nonostante ciò è nel cast di “Dracula di Bram Stoker” (1992), di Coppola accanto a Keanu Reeves, con cui si dice abbia avuto una storia. È diretta da Scorsese ne “L’età dell’innocenza” (1993), poi partecipa a “La casa degli spiriti” (1993) e “Piccole donne” (1994), per cui ottiene una nomination all’Oscar. Gira fino al 2000 moltissimi film. La sua carriera ha uno stop in seguito alla condanna del 2001 per taccheggio da ”Saks”. L’attrice è ritornata in pista nel 2006 per “Scanner Darkly”, riduzione del racconto del visionario Philip K. Dick presentato a Cannes. Nel 2009 fa parte del cast di “Star Trek” di J.J. Abrams e di “The Private Lives of Pippa Lee" di Rebecca Miller. Tra i suoi flirt ricordiamo il musicista David Pirner e l’attore Matt Damon.

New York: inaugurato il Gucci Icon-Temporary

E’ stato inaugurato pochi giorni fa il progetto Gucci Icon-Temporary, il primo negozio di itinerante di sneakers Gucci. All’evento di inaugurazione ha partecipato Frida Giannini, che ha annunciato che il negozio newyorkese si trasferirà a Miami il primo dicembre e successivamente proseguirà con le tappe di Londra e Tokyo. Per l’occasione è stato organizzato un cocktail presso la nuova boutique al qualche hanno preso parte tra gli altri Mark Ronson, l’artista che ha collaborato con la Giannini per la progettazione di queste esclusive sneakers in edizione limitata. Dopo il cocktail l’evento si è concluso con una deliziosa cena al Bowery Hotel. Alla serata hanno partecipato tantissimi nomi e volti noti: Mary J Blige, Zoe Cassavetes, Mischa Barton, James Franco, Evan Rachel Wood, Kirsten Dunst e Claire Danes, sono soltanto alcuni.

Sticky & Sweet Tour to premiere on EPIX

Grande Amy! come le sue tette!

Quando compri una cosa nuova la devi far vedere. Amy Winehouse ha seguito la regola alla lettera e la sera scorsa ha mostrato ai fotografi l sue tette nuove di zecca, che le sono costate 35 mila sterline. Il petto della cantante di Rehab è schizzato fuori dal top ed è esploso in tutta la sua prorompenza siliconata. Le foto sono state pubblicate dal Sun di Londra. Amy doveva presentare la band ska The Specials al Q Awards, che si sono tenuti al Hotel Grosvenor House. Solito ritardo, salvo poi salire sul palco barcollante quando la band stava lasciando la scena e urlare un traballante “Give it up for The Specials”.

Q Awards: Muse vincono il “Best Act In The World”

I Muse vincono il premio come miglior band al mondo alla cerimonia dei Q Awards,tenutasi a Londra la scorsa notte. Hanno battuto la concorrenza di Kings of Leon, Arctic Monkeys, Coldplay e Oasis. Congratulazioni alla band e a tutto l’entourage!

C'è Lily Allen,in attesa di Halloween

Lily Allen, Elio e Le Storie Tese, Kings of Convenience, Michele Zarrillo, James Morrison, Goran Bregovic. Eccoli i protagonisti di questa ricca e variegata settimana di concerti. Partiamo dalla chiacchierata Lily Allen: il 28 ottobre la sexy popstar nata a Londra nel 1985 arriva all’Alcatraz con il secondo album «It's Not Me, It's You». Due giorni prima, il 26, Michele Zarrillo è al Teatro Nuovo, mentre Elio e Le Storie Tese sono agli Arcimboldi con la Filarmonica Arturo Toscanini, per poi approdare il 30 alla Feltrinelli di piazza Piemonte per festeggiare l’uscita di «Gattini», il loro nuovo cd. Il 29 il Conservatorio ospita i Kings of Convenience: il duo norvegese, che agli esordi fu etichettato come esponente del cosiddetto New Acoustic Movement, è in tour per promuovere «Declaration of Dependence», la loro terza fatica dopo i bellissimi «Quiet Is The New Loud» del 2001 e «Riot On An Empty Street» del 2004.
Per chi non fosse riuscito ad accaparrarsi i biglietti, ormai esauriti, le alternative non mancano: la stessa sera sono, infatti, previsti almeno due eventi degni di nota. All'Alcatraz sale sul palco James Morrison: a settembre il songwriter inglese ha dato alle stampe il cd «Songs For You, Truths For Me», trainato dall'hit con Nelly Furtado «Broken Strings» e dal singolo «Please Don't Stop The Rain». In contemporanea agli Arcimboldi spazio ai ritmi balcanici di Goran Bregovic e della Wedding and Funeral Orchestra, anche il 27 nel tardo pomeriggio alla già citata Feltrinelli di piazza Piemonte. Siete appassionati di colonne sonore? Allora non perdetevi la Spaghetti Western Orchestra, al Teatro Ciak dal 28 ottobre all’8 novembre: nato in Australia, il complesso regala un viaggio emozionante tra i film di Sergio Leone e le musiche di Ennio Morricone. Tutt’altra atmosfera il 27 alla Casa 139 con i Diaframma e all’Alcatraz con il gothic sound degli olandesi Epica, guidati dalla bella Simone Simons, nonché il 28 all’Amigdala di Trezzo sull’Adda con Evangelista, progetto in stile dark di Carla Buzolich, e al Music Drome con il power-metal dei Primal Fear. E ancora, il 29 ai Magazzini Generali con il metalcore di The Devil Wears Prada e al Teatro Dal Verme con le canzoni di Ellioth Murphy, classe 1949, tra i migliori rappresentanti della canzone d’autore made in Usa.
Da segnalare anche tre serate in programma il 30 ottobre: al Circolo Magnolia, che inaugura la stagione invernale, si esibisce uno dei giovani cantautori più apprezzati del momento, Dente; alla Fnac Carmen Consoli presenta con uno show-case il nuovo lavoro «Elettra»; al Tambourine di Seregno tocca al rock dei Super Elastic Bubble Plastic. E la notte di Halloween? Consigliamo un salto al Rocket di via Pezzotti: qui il 31 va in scena lo scatenato electroclash delle Chicks On Speed, band al femminile lanciata dalla divertente «We Don't Play Guitar». Nell’Agenda 7Giorni tutti i dettagli e altri appuntamenti.

Madonna in Malawi lancia costruzione scuola per ragazze

Sono iniziati oggi gli scavi per la costruzione di una scuola progettata dalla pop star Madonna per la popolazione del Malawi, nazione dell'Africa del sud divenuta molto cara alla cantante dopo l'adozione di due bambini. Lo rende noto il sito web della Cnn. La scuola ''Raising Malawi Academy for Girls'' sara' costruita nella capitale Lilongwe e puntera' a responsabilizzare le donne rendendole capaci di diventare leader, ha scritto la cantante su un sito Web gestito dalla sua fondazione. ''Il nostro obiettivo e' quello di insegnare loro a sfidare se stesse, a servire le loro comunita' locali e portare il loro paese allo sviluppo'', ha detto Madonna, aggiungendo che ''le ricerche mostrano che le ragazze appartenenti ai paesi in via di sviluppo di tutto il mondo, spesso sono lasciate a se stesse senza la possibilita' di ricevere una formazione completa''. Ad accompagnare la 51enne in Africa ci sono tutti e 4 i suoi figli: Maria Lourdes di 13 anni, Rocco di 9 e i due del Malawi David Banda di 4 anni, adottato nel 2006, e Chifundo ''Mercy'' James di 3 anni adottata all'inizio di quest'anno. Ques'ultima adozione, in particolare, e' stata al centro di numerose polemiche: un giudice aveva respinto in un primo momento la domanda della star e gruppi attivisti dei diritti umani avevano accusato miss Ciccone di voler utilizzare la sua fama per aggirare la legge.Madonna ha fatto ricorso in appello e l'Alta Corte del Malawi, a giugno scorso, si e' pronunciata in suo favore.La cantante svolge da anni diverse campagne per sensibilizzare la gente sui problemi del Malawi ed ha anche girato un documentario ''I Am Because We Are'' per evidenziare la poverta', l'Aids e altre malattie devastanti che colpiscono i bambini del paese. Di recente ha anche co-fondato l'associazione no-profit Raising Malawi, che fornisce aiuti alimentari e provvede all'educazione e alle cure mediche dei bisognosi. Il Malawi con i suoi 13 milioni di abitanti e' infatti uno dei paesi piu' poveri del mondo.

Madonna di nuovo regista: racconterà la storia di Wallis Simpson

Dopo il debutto alla regia con la commedia 'Filth e Wisdom' lo scorso anno, Madonna pensa di girare un film sulla vita di Wallis Simpson, l'americana pluridivorziata che negli anni Trenta a Londra fece perdere la testa a Edoardo di Windsor. Una volta diventato re e non potendola sposare perche' divorziata, Edoardo VIII per amor suo rinuncio' al trono. Il progetto del film e' ancora all'inizio, ha detto a 'People' la portavoce della regina del pop Liz Rosenberg, spiegando che Madonna ha scritto una sceneggiatura di due storie parallele. "Una sull'amore del duca e della duchessa di Windsor e l'altra su un amore dei nostri giorni", ha precisato Rosenberg. Il film non sara' un musical, ha aggiunto con riferimento a 'Evita' di Alan Parker interpretato da Madonna e Antonio Banderas, ma "avra' certamente una componente musicale".

Carmen Consoli ospite a Domenica In 7 giorni

Poor Winona Ryder Roughed It For New Indie Movie

Winona Ryder 'slummed it' on the set of low-budget movie The Private Lives of Pippa Lee and had to rely on co-star Keanu Reeves to get her to a coffee shop.The actress insisted on simple comforts when she signed on for the gritty indie movie - but she had no idea how simple they'd be.She says, "Little did I know I would be in Danbury, Connecticut, without a rental car, living off a highway. I had to rely on Keanu, who had the car he drives in the film, to get me to Starbucks - that's how low-budget it was."

Festival di Roma, brindisi finale finale con il Premio Oscar Meryl Streep

Unica e indimenticabile la serata conclusiva del Festival Internazionale del Film di Roma. Tante emozioni e una star d'eccezione, come il Premio Oscar Meryl Streep. Alla cerimonia della premiazione ufficiale e all’anteprima del film fuori concorso “Julie & Julia” è seguita infatti la cena di gala per 130 persone nella suggestiva cornice di Palazzo Colonna. Sei litri di Asti docg hanno permesso a Meryl Streep di brindare insieme ai selezionatissimi invitati con una magnum di spumante italiano, numero zero di una collezione a edizione limitata, riservata ai soli ospiti della cena. Colpita e quasi commossa, la star hollywoodiana ha apprezzato la sorpresa e ha festeggiato pasteggiando con le bollicine italiane. E’ stato un modo particolare per celebrare il Marc’Aurelio d’oro alla carriera di un’attrice dal talento unico e dalla professionalità impeccabile. "Abbiamo presenziato al Festival Internazionale del Film di Roma, sin dall'inizio, con le nostre bollicine e, in una serata speciale come quella di ieri, non poteva mancare lo spumante più venduto al mondo – ha dichiarato il presidente del Consorzio dell’Asti docg, Paolo Ricagno –. Ha riscosso un grandissimo successo anche la serie limitata di bottiglie di Asti docg con l’etichetta che recitava: “Thanks to Meryl Streep – Asti docg – The italian wine of life” e che riportava anche il marchio del Festival. All'attrice verrà recapitata, presso la sua dimora, una bottiglia di questa collezione. Un'iniziativa per ringraziare Meryl Streep per tutte le emozioni che ci ha fatto e ci fa vivere sul grande schermo, contenti di averle regalato un ricordo speciale in una serata indimenticabile".

Lo Sticky and Sweet Tour Integrale su MTV Hits

Dopo aver trasmesso lo special di un'ora con le parti salienti dello show, Mtv Hits manderà in onda lo Sticky & Sweet Tour Live in Buenos Aires in versione integrale. L'appuntamento è per il 27 Ottobre alle 22, con repliche il 31 alle 21 e il 14 novembre alle 20. MTV Hits è il canale 704 di Sky. Potete trovare maggiori informazioni sul sito di MTV Italia.

Vincent Cassel does rage-filled road movie REDHEADS

Yup, we're all fans of Vincent Cassel around here, and from back in his La haine (Hate) days. So it's no surprise to see him doing another rage-filled film, one which, rusprisingly enough, is a road movie. The film is directed by Romain Gavras (Sheitan) and also stars Olivier Barthelem, and I have to say, the poster looks pretty bloody good. The working title is "Seigneurs".What do you do when you're a red-haired teenage loser with no friends except for an older guy, your shrink? When everyone hates you, especially your family? When all your peers make fun of you and kick you around? The answer: you and your loser buddy blow all the cash you can get your hands on to buy a sportscar, you dress smart and you head for the land of redheads, Ireland. But what starts off as a search for an ideal, gradually escalates into a rampage of hate, violence and self-destruction.More as it comes!

Madonna: Intervista su M6 Francia

Meryl Streep incontra il pubblico al Festival del Film di Roma

Sorpresa anche al 36esimo ciak Tutto esaurito per quello che sicuramente è l'evento più atteso di tutto il Festival del Film di Roma: l'incontro di Meryl Streep con il pubblico. Sala gremita fino all'inverosimile e persone sedute sulle gradinate per accogliere la più grande attrice vivente. Lei, si presenta in abito nero e comincia un piccolo e moderato show fatto di racconti, battute e spiegazioni sul suo lavoro imbeccata dalle domande di Mario Sesti e Antonio Monda e da alcuni spezzoni scelti nel mare delle sue prestazioni memorabili.Su tutto però regna quel modo di prendere la vita da Meryl Streep, a metà tra il sorpreso e il rilassato, un'ottica che l'attrice non esita a definire quasi zen e che secondo lei è propria degli attori: "Tutti siamo molto incerti nella vita ma più invecchio più penso che gli attori la capiscano davvero. Non si può mai dire cosa accadrà e gli attori sono più a loro agio con questa condizione poichè ci convivono costantemente. Se fai bene questo mestiere non anticipi nulla e riesci ad essere davvero sorpreso anche al trentaseiesimo ciak". Le sue performance memorabili Tra i tantissimi momenti epici della carriera di Meryl Streep, alcuni si stagliano per il tempismo in cui sono arrivati, per quello che hanno significato e per come hanno saputo segnare l'immaginario collettivo.C'e però una sua interpretazione che nessuno ha mai catturato e che tuttavia si ricorda come mitica, quella di La bisbetica domata recitata al Lincoln Center di New York nel 1978, un ruolo che chiunque abbia avuto modo di vedere ricorda come una delle maggiori esperienze della sua vita. A quel riguardo la titanica attrice ricorda che all'epoca Joseph Papp, regista teatrale noto e stimato, la volle a tutti costi e la fece esordire in quel prestigioso palcoscenico in un ruolo da protagonista dicendole: "Non c'è nulla che tu non possa fare".Da lì parte il mito di Meryl Streep nonostante al cinema fosse stata già al centro di grandi film. Contemporaneamente infatti l'attrice stava girando anche Kramer vs Kramer e Manhattan di Woody Allen. Ricorda Meryl che per quei due ruoli non si preparava per nulla poichè tutte le sue energie erano profuse in Shakespeare, eppure anche rivedendo le immagini lei è sempre straordinaria sia che si tratti del difficile ruolo di una madre che abbandona la famiglia ("quando facevamo il film nessuno capiva una donna che voleva lasciare marito e figlio perchè sentiva che la mente la stava abbandonando, ora ne sappiamo di più di queste cose e la capiamo ma all'epoca nessuno la perdonava") sia che debba lavorare per solo 3 giorni sui rapidi set di Woody Allen, regista schivo e refrattario ai divismi, che le disse solo una cosa: "Per favore puoi recitare le battute esattamente come le ho scritte?". I ruoli scomodi e il silenzio di Bob Da ruoli pieni di partecipazione emotiva a ruoli di grande antagonista Meryl Streep riesce sempre a conquistare i favori del pubblico, l'esempio più lampante è una delle sue ultime interpretazioni che è anche una delle più citate, quella di Il diavolo veste Prada, talmente perfetta da conquistare anche i difficilissimi favori di Anna Wintour, la donna (direttrice di Vogue) sulla quale era ricalcato il suo personaggio. Lei sapeva dell'esistenza di una donna a cui ci si era ispirati ma non l'aveva mai vista e conosciuta: "E' stata un'occasione per parlare di diverse persone che ho incontrato nella mi vita e che erano in posizioni di potere, capire come esercitino il potere, come funzioni il meccanismo del successo e la gerarchia vista dall'altro, per capire perchè alcune persone abbiano successo e siano le prime ad emergere. Non si trattava solo di Anna Wintour".La Wintour però era presente alla prima del film, seduta poche file avanti a Meryl Streep: "Lei l'ha presa bene ed è stata gentile, rideva in alcune parti e invece era immobile in altre. Aveva una gran classe. Alla fine ho sentito da altri che diciamo.... Non era insoddisfatta di quello che ho fatto" di più non si poteva pretendere...Impossibile infine non parlare di Robert De Niro, suo amico da una vita e suo compagno in Il cacciatore, anche perchè quando venne ad un incontro simile a questo come suo solito a malapena disse quattro battute: "Oh si! Robert non ama parlare di sè è la persona più modesta che conosca! Può sembrare lento ma in realtà è il contrario, è più veloce degli altri, basta pensare a quello che ha fatto con il Tribeca Film Festival, ha dato davvero una mano dopo l'unidici settembre alla zona di Downtown dove vivo anche io. Conosce tutto e tutti è ovunque, ha una rete di contatti nelle sue tasche. Nell'era del blackberry usa una marea di bigliettini con i numeri di tutti e credo che se andassero persi sarebbe compromesso l'equilibrio del mondo!" un uomo organizzatissimo ma anche un professionista vero: "E' intelligente, rapido e svelto anche nel leggere le sceneggiature. Io le guardo come fanno gli attori: "Blah blah blah....io.... io.... blah blah blah... io... io" lui invece ne comprende la struttura, credo sia un uomo straordinario".

Elettra, torna Carmen Consoli

Meryl Streep signora del Festival «Sesso, amore, cibo: solo questo conta»

ROMA – Per fortuna che Meryl Streep è una donna spiritosa. Un’altra al posto suo non l’avrebbe buttata a ridere di fronte i guai tecnici che hanno funestato la conferenza stampa seguita alla proiezione di Julie & Julia, la commedia di Nora Ephron (da venerdì nei cinema italiani): «Oggi è una giornata no, abbiamo tutti problemi tecnici», è sbottata di fronte all’ennesimo salto della traduzione in cuffia. L’attrice, 60 anni dichiarati con orgoglio, è qui per ricevere il Marc’Aurelio d’oro alla carriera e per un incontro il pubblico in Sala Sinopoli, al termine del quale sarà proiettato I Knew It Was You, documentario dedicato alla vita di John Cazale, attore di Coppola e Scorsese scomparso per un tumore, che era il compagno della Streep all’epoca de Il cacciatore. SESSO AMORE E CIBO - Tutto l’incontro stampa, così come il film che accompagna è un inno alla vita, ai piaceri della vita: «Sesso, amore e cibo, in fondo è solo questo che conta, altro che potere e carriera». Nel film interpreta un momento della cultura popolare americana, Julia Child, colei che negli anni Sessanta diffuse - con un libro (Mastering The Arts of French Cooking, 50 edizioni) e uno show tv durato 20 anni (con tanto di imitazione di Dan Aykroyd su Saturday Night Live) – il verbo della buona cucina a milioni di donne, compresa la madre di Meryl Streep. «Mi sono ispirata proprio a lei per dare vita a Julia, come lei quando entrava in una stanza molto più di quanto ci sia riuscita». Meryl, racconta, cucina tutti i giorni «non così bene come Julia, ma fin dalla fine dagli anni 80 ho creato con altri un gruppo, Mothers and Others, per diffondere la buona cucina, il movimento Slow Food. L’atteggiamento verso il cibo in America è cambiato anche grazie a Julia, ai fornelli servono buon gusto e ingredienti freschi». IL BLOG DI JULIE - La seconda donna del titolo, Julie Powell (Amy Adams), è una trentenne aspirante attrice che lavora, agli albori della blogmania, in un call center governativo post-11 settembre: la sua consolazione, come per Julia Child, è cucinare. Ai fornelli, al contrario di ciò che succede nella vita, è facile che le ciambelle riescano con il buco. Si lancia con un blog su Salon in un’impresa folle: cucinare in un anno tutte le ricette di Julia. 524 in 365. La vera Powell è diventata un’eroina della blogsfera, è riuscita a realizzare il sogno di diventare scrittrice, declinando a modo suo la joie de vivre di Julia & Meryl. MERYL REGISTA – L’ultimo Oscar la Streep, nonostante le infinite candidature, l’ha preso 25 anni fa. Qualcuno dice che lo meriterebbe anche per l’altissima Julie (1 metro e 85 conditi da una voce acutissima). «Ricevere una nomination è sempre un premio perché arrivano dai colleghi. Il premio poi lo dà l’Academy con logiche sue. Sono stata viziata, ho lavorato con registi meravigliosi. Vorrei che Scorse si decidesse per una volta a girare con una protagonista donna, forse non vivrò abbastanza perché succeda. Io regista? Alcuni di loro dicono che lo sono un po’ perché metto bocca su tutto, sono una rompiscatole». A volte, confessa, ha invidiato le colleghe. «Per esempio, avrei voluto essere Jessica Lange che ha interpretatoPatsy Cline. Sophia Loren, mi dicono voleva fare I ponti di Madison County, l’ho incontrata agli ultimi Oscar e ci siamo abbracciate. Anche mio marito è rimasto colpito da lei, non si è più ripreso dalla scena in cui esce dall’acqua». Forse era Anita, e non Sophia, ma Meryl può dire quel che vuole. E la sua risata, quando un giornalista azzarda un ardito parallelo dall’esortazione di Julia a non aver paura di disossare un’anatra, con il monito di Wojtyla a non avere paura e il Nobel a Obama, resterà tra i momenti migliori di questo Festival: «Il Papa, il presidente e l’anatra? Sì, credo che sia la paura che trattiene. Sono d’accordo con il Papa. E con l’anatra”.

Carmen Consoli, le confessioni di "Elettra": Videointervista!

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Intervista a Meryl Streep e presentazione di Julie & Julia

Intervista a Meryl Streep di Marco Spagnoli
"Julie & Julia racconta la storia di Julia Child, una cuoca molto popolare negli anni Sessanta in America che aveva imparato a padroneggiare la cucina francese e tornando negli Stati Uniti ha mostrato all'intero paese come cucinare in maniera sana." Racconta Meryl Streep a proposito del film che celebrerà il suo talento come vincitrice del Marco Aurelio alla Carriera dopo Sean Conney, Sofia Loren e Al Pacino per l'Actor's Studio. "Ricordo perfettamente Julia Child, perché era molto popolare nell'epoca in cui stavo crescendo: in quegli anni mia madre diceva 'Se non si può cucinare in quarantacinque minuti allora non vale la pena di averlo come cena. A casa mia avevamo cene surgelate che riscaldavi eppoi tiravi fuori dalla confezione. Era un cibo orribile, perché tutto proveniva dalle scatole o era surgelato. Julia Child, invece, ci ha insegnato attraverso il suo show televisivo l'idea dello slow food e della cucina con ingredienti sani. E' stata lei ad iniziare la rivoluzione alimentare in America, mostrando una cucina sana e alternativa. Il film racconta la storia di Julie Powell che ha cucinato per un anno tutte le ricette di Julia Child e del rapporto ideale tra queste due donne." Conclude l'attrice leggendaria che ha avuto il numero più alto di nominations all'Oscar vincendo due statuette. Un premio è sempre un modo per guardare dietro al tempo che passa L'antidoto per il passare del tempo per me è un forte senso di gratitudine, perché 'sono ancora qui'. Sono stata benedetta da una grande fortuna sia per quello che riguarda la mia famiglia, che il mio lavoro. Certo, come tutti, avverto il passare del tempo: le mie ginocchia non funzionano più come una volta, mi stanco più facilmente che in passato, ma, nonostante ciò, so di avere enormi riserve di energia che vanno sfruttate per il mio lavoro. Credo che le donne della mia età abbiano molto da dare, soprattutto, perché, oggi, capiamo le cose molto meglio che in passato. Capiamo meglio l'amore e tutto il resto. Questo proprio perché percepisci il trascorrere del tempo, mentre quando sei giovane pensi che tutto possa durare per sempre. Nessuna nostalgia? No, non sono nostalgica e non mi guardo mai indietro: per me il mio passato è come aprire un album di vecchie foto e ricordo solo le persone che erano sul set, le situazioni in cui ho lavorato, i posti dove andavamo a pranzo, che età avevano i miei figli che erano con me. Difficilmente penso, invece, a quello che erano le storie che raccontavamo. Guardo alla mia carriera in maniera diversa da qualsiasi altra persona. Il mio sguardo verso il passato è sempre molto personale. E'come sfogliare un libro di ricordi. Io non penso mai al mio 'stato emerito': certo, alle volte, quando recito con una ragazza giovane percepisco un po' il suo nervosismo, ma, poi, mi dimentico le mie battute, commetto degli errori e così anche queste giovani colleghe si rendono conto di avere davanti una che, poi, non è così grande. Recitare è una semplice interazione tra gente che tenta di creare un'interconnessione. Quando mi trovo tra gli attori non avverto mai una specifica pressione e non credo di intimidire nessuno dall'alto di un ruolo speciale. L'aurea di cui è circondata Meryl Streep è un qualcosa che non mi appartiene e resta fuori di me. Un'affermazione di grande umiltà... Ma molto sincera, perché sono la madre di quattro figli che mi hanno sempre aiutato, se non, per meglio dire, 'obbligato' ad avere i piedi per terra. Sono tutti sempre pronti a criticarmi. Se parlo, se non parlo, se canto, se non canto. Avere una famiglia è un'esperienza che rende umili, ma che è sempre importante, perché ti insegna a non dare troppo credito a quello che gli altri dicono di te. Ha mai avuto dei dubbi riguardo al suo lavoro? Quando ho compiuto quaranta anni ho detto, per la prima volta, a mio marito che la mia carriera era finita. Da allora, tanto tempo fa oramai, ho ripetuto sempre, ogni anno, la stessa cosa. Oggi ho, forse, imparato che non si sa mai e quindi, come si suole dire, "fino a qui tutto bene..."
Julie&Julia: passione per il cibo, passione per la vita - Selezione Ufficiale/Fuori Concorso/Anteprima - Auditorium Sala Sinopoli23 ottobre ore 20.30
Scritto e diretto con acume e ironia da Nora Ephron, il film mescola due vite all'ombra dei fornelli: Meryl Streep è la famosa Tv chef e scrittrice Julia Child, mentre Amy Adams è Julie Powell, una segretaria newyorchese che dal 2002 al 2003 lanciò un blog e successivamente un libro, sull'esperienza di 365 giorni trascorsi a cucinare le 524 ricette pubblicate nel 1961 dal best seller di Julia Child Mastering the Art of French Cooking. "Quello che unisce queste due storie è la passione. Entrambe (Powell e Child) hanno scoperto una passione per il cibo che ha permesso loro di superare momenti difficili e incerti", commenta la Ephron che ha fortemente voluto portare avanti questo progetto. "Io sono ossessionata dal cibo, ma c'erano almeno altre otto ragioni per cui dovevo farlo, una fra queste, realizzare delle cose che ti piacciono e trovare in questo modo la felicità", conclude la regista. Tratto dal libro Julie & Julia di Powell e dal libro autobiografico di Julia Child My Life in France, le vite delle due donne si sviluppano in due epoche diverse. Incontriamo la Child nella Parigi del dopoguerra, impegnata - e incoraggiata dal marito diplomatico Paul (Stanley Tucci) - a frequentare la celebre scuola Le Cordon Bleu e a scrivere il suo monumentale libro di ricette, destinato a cambiare per sempre il gusto degli americani. La Powell invece vive a New York nel presente, con il simpatico ed affettuoso marito Eric (Chris Messina). La Streep interpreta alla perfezione la Child, sia nella gestualità che nei difetti vocali e soprattutto nel suo carattere volubile. "Quando si parla di passione - commenta la Streep - Julia Child non solo la esprimeva per il marito o la cucina, ma anche per la vita. Un'autentica 'joie de vivre'. Lei amava essere viva e questo rappresenta già di per sè una notevole fonte d'ispirazione". Quando si è trattato invece di scegliere Julie Powell, la Ephron desiderava un'attrice che potesse incarnare le insicurezze e i contraccolpi emotivi di una giovane donna e sapeva che Amy Adams era all'altezza di questo compito: "La storia si svolge subito dopo l'11 settembre, lei sta arrivando ai trent'anni ed è confusa per quanto riguarda la sua vita, sta cercando di prendere delle decisioni", spiega la Adams. "E' stato un grande stimolo interpretare questo personaggio perché ritengo che il cinema non sia sempre onesto quando si parla delle difficoltà che incontrano le donne oggi!"
Julie&Julia
(Usa, 2009)
Regia di Nora Ephron, con Meryl Streep, Amy Adams, Stanley Tucci - 123'
Uscita nei cinema il 23 ottobre per Sony Pictures

Carmen Consoli: «La De Filippi mi inquieta, Morgan sì che mi piace»

MILANO 22/10/2009 - «Ho voluto essere una “buttana” nel video del singolo “Non molto lontano da qui” e nella canzone “Elettra”, perché sempre più persone vendono se stesse, sacrificando le proprie aspirazioni, per omologarsi agli altri. Io non svenderò mai la mia musica, che ancora una volta ha compiuto un miracolo, trasformando in gioia il dolore immenso per la perdita di mio padre».Ieri a Milano per presentare il nuovo album “Elettra”, in uscita il 30 ottobre, Carmen Consoli ha usato proprio il termine “buttana”. «Addolcisce la parola puttana con la p, togliendole il senso volgare e dispregiativo». E con dolcezza ha sparato una battuta al vetriolo: «Una volta le “buttane” restavano tali o al massimo facevano le attrici in film di serie b. Oggi entrano in politica». Quando poi le abbiamo chiesto di esprimere la sua opinione sul dramma di Messina, si è affidata ancora al gergo siciliano, ma non per smorzare i toni...«Invece di costruire questa minchia di ponte sullo stretto, era meglio evitare la tragedia in Sicilia. Nessuno ha fatto nulla per prevenirla, anche se tutti sapevano che parte della terra era in pericolo. Alla nostra regione mancano acquedotti e strade illuminate: è più urgente adeguare le strutture alla normalità di una regione civile, piuttosto che fare un ponte che può causare disastri ambientali, azzerando la fauna ittica. E servono meno soldi, così risparmia anche il Nord, che si lamenta perché dice di mantenerci». Torniamo al nuovo album: la canzone “Mandaci una cartolina” è dedicata suo padre. «L’ho scritta questa estate, ripensando a lui che considerava la morte come una grande sorpresa. Scherzava dicendo che ci avrebbe mandato una cartolina dall’aldilà. Tutto il disco è nel suo ricordo: Elettra è il simbolo della riscoperta dell’amore paterno, che è un sentimento meno immediato di quello materno, più lento a maturare, ma che racchiude tutto ciò che non è scontato».Il brano “Marie ti amiamo” è un duetto con Franco Battiato. «È una fortuna averlo come vicino di casa: è un autore immenso e sempre all’avanguardia». Tra folklore siciliano e femminilità, il cd “Elettra” affronta temi impegnativi: la canzone “Mio zio” su un abuso domestico riapre la discussione sul rispetto per la figura femminile. «Metterla nei posti di potere non significa riconoscere la dignità della donna. Evitiamo di svestirle in qualsiasi occasione, perché un corpo bello diventa volgare, se denudato. Ci sono grandi esempi di donne eleganti e sensuali anche senza spogliarsi: Ingrid Bergman, Anna Magnani, Sophia Loren, Mina, Raffaella Carrà...». L’universo femminile non è esente da responsabilità: ci sono donne che si spogliano ancora prima che venga chiesto loro di farlo... «Purtroppo è vero. Oggi c’è una generazione di mamme che educano le figlie a sfruttare le proprie grazie pur di raggiungere il successo».Anche la violenza verbale di certi programmi televisivi è una volgarità che Carmen fatica a digerire. «Mi piace “X Factor” perché c’è meno compiacimento del dolore rispetto ad “Amici”. Qualunque conflitto, anche quello dialettico, mi inquieta: la trasmissione di Maria De Filippi mi spaventa più del film “L’esorcista”. Provo disagio nel vedere giovani allevati alla diatriba e umiliati in pubblico per aumentare l’audience. Sembra che un artista non possa emergere se non partecipa ai talent show. Non è vero: geni come Battiato, De André o Rino Gaetano non sarebbero mai usciti da una trasmissione come “Amici”. Io guardo sempre “X Factor con mia madre soprattutto perché c’è Morgan, che è simpatico e ha un'intelligenza rara»

Torna Lucky Luke, il fumetto anni '60 ora è un film

Camicia gialla, fazzoletto rosso al collo, ciuffo ribelle e sbarazzino, speroni e pistola sempre pronti alla bisogna. Erano i favolosi anni Sessanta, verso la fine. Era Lucky Luke, un cowboy un po' bizzarro ma sempre pronto a sgominare i cattivi. I bambini di allora ne seguivano le sue gesta sul Corriere dei piccoli, dove una striscia lo celebrava a ogni numero. E in sella al suo cavallo dinoccolato e scombiccherato come lui, Lucky Luke aveva sempre qualcuno con cui regolare i conti. Ora l'eroe dei fumetti che da allora non ha più trovato spazi interessanti per le sue gesta, ci prova con il cinema. Esce infatti nelle sale francesi il film ispirato alle avventure di questo piccolo eroe di carta che in pochi cinquantenni di oggi hanno dimenticato.Nato dalla matita franco-belga di Maurice de Bevere (in arte Morris) e da Renè Goscinny (con Uderzo uno dei padri di Asterix) la regia spetta a James Huth che ha confessato apertamente il suo debito: «È una commedia western di avventura, ma dovevo a Morris e a Goscinny un film all'altezza. Per questo ho voluto che Lucky Luke fosse una commedia, un film d'avventura, un viaggio e un vero percorso da eroe».Lucky Luke approda in celluloide preceduto da fumetti animati da super uomini dotati di poteri soprannaturali, personaggi frutto di invenzioni senza precedenti. Lucky Luke invece appartiene a un immaginario collettivo a un bagaglio di nostalgia, a un giornalino che era il compagno fedele di tanti pomeriggi per i bambini degli anni Sessanta. Al cinema Lucky Luke troverà i rivali di sempre: i cattivi Billy the kid (dal sapore dylaniano e non solo) e Jesse James, la rivale Calamity Jane, il truffatore Pat Poker, l'affascinante Belle Starr e soprattutto il compagno fedele, il cavallo purosangue Jolly Jumper.Per la prima volta Lucky Luke approda sul grande schermo: nel 1991 era stato protagonista di una serie televisiva che aveva riscosso un modesto successo nonostante l'interpretazione di richiamo di Terence Hill. Ora si tratta di attendere il responso del botteghino francese. Lucky Luke torna con le sue 63 primavere sulle spalle, forse sarà un po' meno agile di allora, ma vanta il fascino nostalgico dei tempi che furono. E dopo l'esordio transalpino potremo vedere anche quale accoglienza gli riserverà il Belpaese.

Prima intervista a Dionne Bromfield, cantante e figlioccia di Amy Winehouse

Dionne Bromfield, cantante scoperta da Amy Winehouse, la quale forse non casualmente è sua madrina, ha concesso la prima intervista della sua vita. L'artista tredicenne, che pochi giorni fa ha pubblicato il suo primo album, del quale si è occupata direttamente Amy, è stata sentita dalla rivista britannica "OK!". "In realtà volevo fare il medico", ha detto Dionne. "Ma il sangue mi faceva impressione e così ho deciso di lasciar perdere. Quindi mi sono messa a cantare un sacco; un giorno ero a casa di Amy, lei si è messa a cantare e io mi sono unita a lei, così, senza pensarci, e lei ha detto a mia mamma: 'Però, sa cantare'. E' da lì, da quando avevo dieci anni, che mi sono messa in testa di diventare cantante. Amy mi ha influenzata parecchio e mi dà molti consigli. E' stata sempre in studio mentre registravo il mio album. Tra sei mesi spero di poter già fare il secondo disco. Non di cover come il primo, ho iniziato a scrivere la mia roba". Il disco di Dionne, "Introducing Dionne Bromfield", ha debuttato al numero 33 della classifica britannica.

La Recensione. MADONNA Celebration (Warner Bros.) 2009

di Marco Sgrignoli
Un volto warholiano si staglia da linee di testo fittissime. Il volto non è quello di Marilyn Monroe, ma della popstar che più di ogni altra simboleggia gli ultimi venticinque anni: Madonna.Il testo sullo sfondo è quello delle canzoni di cui vive il mito. Madonna è il quadro che emerge, il denominatore comune, l'immagine che scaturisce dai continui cambiamenti della sua musica.Qualcosa di estremamente effimero, specie per una “material girl”. A differenza dell'altro grande camaleonte del pop, David Bowie, musica e cambiamento non servono a Madonna per esprimersi: sono qualcosa di molto più importante, sono la conditio sine qua non della sua esistenza. Madonna non è un'individualità che veste i panni dello Ziggy Stardust o del Duca Bianco di turno per portare in scena la propria nuova idea di musica. Madonna – l'icona Madonna – esiste solo come somma dei suoi successi; è sempre sé stessa perché non è una persona umana, ma un demone del music business ospitato nel corpo e nella voce di una qualsiasi Veronica Ciccone. Cessare di cambiar volto, cessare di essere sulla cresta dell'onda, equivarrebbe ad abbandonare per sempre il mondo degli umani a cui ama mischiarsi per esercitare il suo dominio.“Celebration” è la raccolta monumentale di trentasei hit che hanno definito l'ultimo quarto di secolo, ed è per l'impero del pop quello che “Il principe” è per il potere rinascimentale. Un compendio lucido e smaliziato di capolavori di strategia e istinto darwiniano, aggiornato all'era della popular culture.Nei ventisette anni che separano “Everybody”, il suo primo singolo, da “Celebration”, Madonna ha giocato con scaltrezza, impiegando ogni release come pedina che potesse portarla avanti in quel disegno di conquista che è insito nella sua natura di predatrice. Questa compilation è l'occasione migliore per studiarne le mosse.
1. La costruzione del mito
(“Material Girl”, “Like a Virgin”, “Papa Don't Preach”, “Like a Prayer”, “Erotica”, “Frozen”)
Due sono i pezzi che, più di tutti, hanno scolpito l'immagine di Madonna come simbolo controverso, cinico e provocante dell'entusiasmo monetarista degli anni Ottanta: “Material Girl” e “Like a Virgin”.Material Girl è di fatto il manifesto da cui prende vita l'icona Madonna: “Some boys kiss me, some boys hug me / I think they're OK / If they dont give me proper credit / I just walk away”. Non c'è critica sociale nel ritmo e nel tono di voce, né il tutto suona come confessione ammessa quasi vergognandosene. Il passo è sicuro (in due tempi, come le marcette militari) e frivolo allo stesso tempo; il tema strumentale si crogiola in un sound pieno e rovente, quasi manzaneriano, facendo vanto della sua inconsistenza emozionale.Il ritornello, poi, è un proclama entusiastico, nuovo verbo per un mondo che finalmente si spalanca lasciati alle spalle moralismi e utopie: “'Cause we are living in a material world / And I'm a material girl”. Causa-effetto: Madonna si presenta come il prodotto più avanzato della selezione naturale, l'homo sapiens materialis portato in gloria da un intreccio scintillante di synth-chitarra. Una spirale ascendente che presenta l'assoluta materialità come massimo traguardo spirituale.Like a Virgin incede su un passo altrettanto deciso e anti-romantico. Nel video, Madonna non ha occhi che per sé e per il suo pubblico: il suo io robotico non sa che farsene di un uomo, non ammette pertugi per smancerie amorose.Eppure “I was beat incomplete/ But you made me feel/ Shiny and new”. Le ultime parole sono accompagnate da un'apertura del ritmo, una linea vocale ascendente e speranzosa, una serie di bordate di synth cariche di enfasi. “Like a virgin/ Touched for the very first time/ Like a virgin/ When your heart beats/ Next to mine”. Un robot dal cuore umano, si direbbe, ma pur sempre un robot, come conferma la ripresa del passo uno-due assieme a queste parole. Una creatura irraggiungibile verso cui raddoppia il desiderio, riacceso dalla capacità di ritornare alla “prima volta” grazie al solo battito del cuore di chi saprà sedurla.Papa Don't Preach gioca su un campo diverso. Dopo diversi pezzi d'amore impeccabili (“Borderline”, “Crazy for You”, “Live to tell”) che però non sfruttano il personaggio Madonna e non contribuiscono ad arricchirlo, per la prima volta Madonna veste esplicitamente i panni di qualcun altro. Paradossalmente, è proprio il suo personaggio a guadagnarne, acquistando finalmente spessore scenico: prima si poteva sospettare che Madonna fosse solo una maschera, ma l'assurdo di una maschera che indossa una maschera spinge a ritenere Madonna un individuo reale. Con “Papa Don't Preach”, dunque, la calata di Madonna nel mondo degli umani è completata.L'espediente è un tema sociale, quello della maternità giovanile. In prima persona e con voce spezzata, Madonna riporta il discorso di un'adolescente, che esprime al padre la volontà di non abortire. L'enfasi è accentuata da una sezione di archi (sintetica) che si somma all'imponente groove discendente del basso elettronico, creando un sound magniloquente e melodrammatico.Like a Prayer affina la tecnica, e la porta a un nuovo livello. Il quadro della passione “come una preghiera” cozza con l'immagine di “material girl” che Madonna si è sapientemente costruita e si guarda bene dal rinnegare. Il video sul sacrilego andante (con tanto croci in fiamme e santi che si fanno carne – anzi, carnali) è la miccia per far esplodere l'enorme successo del brano.La potenza evocativa ha però la sua chiave di volta sul piano musicale. All'ormai consueta matrice disco-pop, si affiancano organo da chiesa e coro gospel che assieme disegnano una cattedrale di pieni e vuoti ritmici. La strofa si pone come momento di raccoglimento, priva di supporto percussionistico: lascia che la tensione si accumuli e prelude all'esplosione del ritornello. Un'estasi mistica di chitarre disco e botta-e-risposta gospel, portata all'apoteosi da una coda mozzafiato in ritmo e voce si liberano da ogni costrizione formale lanciandosi in voli e rimbalzi melodici. La passione come preghiera e la preghiera come danza collettiva, ovvero la discoteca come tempio della passione: un cardine della musica black che entra di prepotenza nella cultura mainstream, mai esposto in maniera così esplicita e immaginifica. E Madonna, al centro della scena, è la sacerdotessa di questa messa pop.Erotica è un tuffo nell'ambiguità di un pezzo mai così provocante e mai così decostruito. “Erotica, romance/ My name is Dita/ I'll be your mistress tonight/ I'd like to put you in a trance”: Madonna sveste i suoi panni solo per essere autorizzata a rivelarsi fino in fondo, in un gorgo lento e ipnotico di frammenti amorosi, espliciti e conturbanti. Il video accosta immagini sconnesse, confuse e sensuali, la voce è un sussurro ammaliante, la base una risacca trip-hop che slega il pezzo da ogni logica temporale. Con una costruzione fortemente astratta, perfino fredda, Madonna riesce ad assumere il controllo anche nei recessi più privati dell'immaginario erotico.Frozen, anni dopo, segna l'avvicinamento all'immaginario new age. Di nuovo sacerdotessa, dunque, ma di un culto pagano, misterioso e in qualche modo ancora più profondo e spirituale. Questa volta, le parole c'entrano poco, anche se la strofa (in teoria inserita in un contesto cuore-amore) indica metaforicamente la direzione del pezzo: “You only see what your eyes want to see/ How can life be what you want it to be/ You're frozen/ When your heart's not open”.Sono soprattutto il video e l'aspetto strettamente musicale a evocare un'aura mistica attorno alla canzone. Nel primo, Madonna appare nerovestita in mezzo a un paesaggio spettrale, i capelli corvini e le mani solcate di arabeschi d'henné. L'atmosfera è carica di fascinazioni orientali, la regia e le immagini puntano tutto su un ascetismo di stampo dark.Le medesime suggestioni animano l'aspetto musicale: ogni strumento svolge una funzione altamente atmosferica dalle percussioni rarefatte e riverberate dell'introduzione al pulsare ovattato del sintetizzatore. Il tappeto ritmico è di nuovo una trance di matrice trip-hop, molto meno nervoso che in “Erotica” ma più stratificato e ricca di dinamica. Quello che si crea è uno spazio ampio, saturo di silenzio, in cui prendono il volo fumi d'archi mediorientali e una salmodia vocale raffinata e sinuosa.
2. L'architettura del groove
(“Everybody”, “Holiday”, “Lucky Star”, “Into the Groove”, “Express Yourself”, “Ray of Light”, “Music”, “Sorry”, “Celebration”)
Everybody è il singolo di lancio di una Madonna che, all'epoca, ancora non era Madonna: chi comprò il disco arrivò perfino a scambiarla per un'artista nera. In effetti, lo schema del pezzo è un'electrodisco dalla marcata componente black nelle ritmiche. Holiday è volendo ancora più smaccatamente disco: chitarre asciutte in vamping, svolazzi di synth Chameleon-style e ghirigori d'archi. In effetti, si tratta di una composizione rifiutata da due ex componenti delle Supremes, la cui traccia strumentale era già stata completata prima di essere proposta a Madonna per il suo album. Il lavoro ritmico è comunque più complesso: spiccano in particolare le percussioni finto-tribali, le serie di rapidi colpi di hi-hat che ricorrono nelle sezioni strumentali, l'estro pianistico che chiude la canzone e rappresenta l'unica aggiunta sostanziale alla base in fase di produzione.Lucky Star, frutto di numerosi riarrangiamenti voluti da Madonna per la composizione (peraltro sua), è ancora più intricata sul piano ritmico, ma resta sostanzialmente sullo stesso schema. Lock di chitarra funky, basso e batteria elettroniche, synth decorativi sono l'architettura ritmica dei primi successi, tutti prodotti “in famiglia” da amici e/o fidanzati dell'aspirante star.Into The Groove è un deciso cambiamento nella trama ritmica delle tracce più dance-oriented. I bassi balzano in primo piano, disegnando la linea portante del pezzo. I pattern si son fatti più secchi, dritti ed europei forse assorbendo la lezione dell'Hi-NRG (tratti peraltro già accennati in “Burning Up”). Gli intrecci multi-strumentali sono ridotti all'essenziale e così lo è la variazione ritmica interna al pezzo (solo il bridge segna un'alterazione sostanziale della linea di basso).Madonna ha le idee più chiare, è in grado di scegliere cosa le è necessario e cosa no. Stringe i legami con l'amico e produttore Stephen Bray, suo collaboratore fin dai primi demo, e assieme a lui decide di smarcarsi dagli schemi disco ormai in declino.Express Yourself, sempre con Bray in cabina di regia, procede sulla via del sound anti-funky. Incorpora però più elementi percussivi: handclap, tom tribali, squittii di synth. La linea dei bassi è meno prominente e aggressiva. Lo scopo è un groove festante, neo-hippie, in assonanza ideale con la seconda Summer of Love britannica (peraltro piuttosto distante come coordinate musicali).Ray Of Light segna l'effettivo ricongiungimento con l'altra sponda dell'oceano (nella storia parziale offerta da questa compilation). Affascinata dalla trance neo-psichedelica, dal trip-hop, dal big beat, Madonna chiama a sé William Orbit, che rimaneggia l'acustica "Sepheryn" del duo settantiano Curtiss Maldoon trasformandola in una cavalcata siderale tra le epoche. Chitarra in loop, onde di synth, vortici d'organo ed echi di “Good Vibrations”: tutto diventa dettaglio ritmico e contribuisce al groove ipnotico del pezzo. Il trip di base, però, è uno schema cassa-rullante ossessivo e seminascosto, rotto solo sporadicamente da infiltrazioni di quell'Amen Break che è fondamento tanto dell'hip-hop quanto del drum'n'bass e del big beat.Music è di nuovo un colpaccio. Affiancata questa volta dal franco-afghano Mirwais Ahmadzaï, Madonna punta su beat più secchi, scuri, sintetici: l'obiettivo non è più un sound spaziale, ma un groove esasperatamente digitale. Senza per questo prendere le distanze dal feeling europeo e psichedelico.Vocoder, synth e inserti vocali estranei, dunque, ma soprattutto figure ritmiche più frastagliate e sfacciatamente elettroniche. Ne risultano schemi altrettanto frastornanti, ma orgogliosamente metropolitani, lontani dalla spiritualità hi-tech di “Ray Of Light”.Sorry vede Madonna colmare una sua lacuna d'infanzia, il mancato flirt con i groove circolari di moroderiana memoria. Di pari passo va la riscoperta di ritmiche funky, trasfigurate in un mix robotico di 2/4 dritto e charleston in levare.Ma il vero scopo di Madonna è ricreare la sensazione del DJing dal vivo. Dopo avere più volte testato la traccia mettendosi alla consolle nei club, eccola allora con l'acclamato Stuart Price portare in primo piano fading e alterazioni del volume, creando un gioco affascinante di tensioni e transizioni.Celebration è il singolo di lancio di questa compilation. Intuendo il ritorno in voga del sound eurodance, Madonna convoca il guru della trance anni novanta Paul Oakenfold e sceglie questa traccia fra una rosa di quindici. Il groove unisce il sound nitido di Pro Tools e schemi anthem house, con un tema ascendente di synth a reggere il gioco accanto alla cassa four to the floor.Che questa sia la strada giusta per il futuro corso di Madonna è ancora da dimostrarsi. Di certo, è l'ennesimo colpo mandato a segno, che sembra aprire alla definitiva riabilitazione del 90s style.
3. L'economia dell'impero
(“Beautiful Stranger”, “Don't Tell Me”, “Hung Up”, “Four Minutes”, “Revolver”)
Madonna la cannibale, Madonna la despota illuminata. Ha saputo per venticinque anni circondarsi delle persone più adatte per mantenere ed estendere il suo dominio. Si è cibata della musica e del talento degli altri trasformandoli in parti di sé e, al contempo, garantendo loro pubblicità.Madonna e i sample, Madonna e i featuring. Un percorso attraverso cinque pezzi che non formano una storia, ma lo spaccato di un panorama più vasto.Beautiful Stranger, colonna sonora di “Austin Powers 2”, sempre Orbit alla produzione. Due i pezzi depredati: “In Crowd” dei The Mamas and the Papas (loop di basso e batteria) e “She Comes in Colors” dei Love (struttura e idee melodiche). Il risultato del taglia e cuci è un perfetto pezzo sunshine pop, leggero e raffinato nelle melodie. Ne rafforzano l'appeal il piglio dance, un superbo assolo di flauto e ondeggiamenti trance figli di “Tomorrow Never Knows” e “Within You Without You”.Un'opera di revival dunque, che però non si limita al plagio più becero. Al contrario, fa tesoro degli spunti stilistici Sixties per traghettarli nel nuovo circo trance-pop messo in piedi da Madonna e Orbit.Don't Tell Me nasce da “Stop” una composizione del cognato di Madonna, Joe Henry. Si tratta in origine di un pezzo country-soul, mesto, jazzy e ricco di inflessioni latino-rock. Madonna ne intuisce il potenziale grazie a un demo registrato con la sorella da Mirwais Ahmadzaï. Insieme, Madonna e Mirwais lo stravolgono da cima a fondo: attorno a un sample di chitarra acustica tagliato bruscamente, costruiscono un country-glicth ipertecnlologico che si sposa coi suoni secchi e urbani di “Music”. Il loop di chitarra procede in una selva di dinamiche stop/start e variazioni ritmiche indotte dall'uso esasperato del cut'n'paste. Ogni venatura malinconica sparisce, lasciando il posto a un'irriverenza hip-hop che la trascina all'ennesimo successo in patria (e in Italia).Hung Up è frutto dello stessa passione per il DJing che alimenta anche “Sorry”. Per la loro rilettura postmoderna dell'eurodisco, Stuart Price e Madonna addocchiano il tema tastieristico di “Gimme! Gimme! Gimme! (A Man After Midnight)” degli Abba. Per ottenere il permesso di utilizzarne il sample, Madonna invia in Svezia un emissario con lettera manoscritta di suppliche e apprezzamenti ai due autori del quartetto, riuscendo nell'impresa. Il pezzo che ne esce, un successo planetario che le vale l'apparizione nel Guinness dei Primati, è comunque molto diverso per melodia e struttura dalla fonte del campionamento, sebbene lo stile ritmico ne contenga richiami velati (e voluti).Perché allora insistere tanto sul sample? Intanto, banalmente, la frase melodica degli Abba era stata il fulcro della canzone fin dalle prime fasi compositive. E sostituirla con un motivetto simile? Sarebbe stata una possibilità ovvia, ma avrebbe privato il pezzo del suo migliore trampolino di lancio: un tema e un sound già noti, sedimentati nelle orecchie del pubblico (consapevole o meno di averlo già sentito una marea di volte). E, inoltre, una catapulta automatica verso l'epoca che Madonna intende rievocare, “portando indietro il tempo” come suggerito dal ticchettio che apre la canzone.4 Minutes è un ménage à trois fra Madonna, il cantante Justin Timberlake e il produttore Timbaland. Da subito criticata per il ruolo secondario svolto da Madonna nella canzone (qualcuno scrisse di un “featuring Madonna” piuttosto che “featuring Justin Timberlake”), è dimostrazione della capacità di Madonna di farsi piccola nel breve termine quando questo possa portare un guadagno sul lungo termine. Il pezzo è retto dalle piroette r'n'b della voce di Timberlake, dal suo timbro vocale versatile e dall'imponente carrozzone kitsch imbastito da Timbaland: fanfara di ottoni (trattata elettronicamente per darle un suono più urbano e adatto ai club), groove Bollywoodiano e volgari incursioni vocali di stampo hip-hop.Ne esce un numero torpido, asfissiante e sensuale, che tralaltro sembra riprendere “Hung Up” nell'impiego del ticchettio d'orologio agli estremi della canzone. Probabile che il calco sia voluto: porre i due pezzi in continuità ideale ha l'aria dell'oculata strategia di marketing per lanciare il singolo.Revolver è il secondo inedito contenuto nella compilation. Madonna è qui affiancata dal rapper Lil Wayne e dal produttore Frank E. Il pezzo è un r'n'b spigliato con voce filtrata, giocato sulla monotonia vocale e sulla cortina elettronica dei sintetizzatori. Efficace, notturno e di nuovo un po' volgare, si avvale della collaborazione vocale di Lil Wayne solo in un breve interludio e sul finale, unicamente per tirare in lungo il pezzo e renderlo più adatto all'impiego nei club. La star assoluta è di nuovo Madonna, sebbene la canzone sia stata composta originalmente dal rapper.
4. Coda
Madonna esiste solo negli specchi. Questi specchi sono i suoi dischi, e “Celebration” è il più perfetto, perché più di ogni altro crea l'illusione di un personaggio a tutto tondo. Come ogni specchio, anche “Celebration” mente e distorce, nascondendo per esempio alcune importanti evoluzioni di metà anni novanta.Ma lasciamo alla regina del pop il potere di presentarsi ai suoi sudditi del 2009 con l'immagine che preferisce. D'altronde, è quello che ha sempre fatto.