Antony, l'angelo del crepuscolo sulle note di Dylan e Cohen

C'è una delicata linea che divide in musica il naturale dal soprannaturale, e di certo Antony Hegarty, o nella sua espressione di gruppo Antony and the Johnsons, sembra vivere proprio ai bordi di questa incertezza, su un confine nobile di identità labili ed elusive. Sta di fatto che ogni sua esibizione è un viaggio dolente, ma allo stesso tempo elettrizzante, in abissi di profonda interiorità. La sua arte si è pienamente sviluppata a New York, anche se la sua origine è inglese, e si è affinata nella Grande Mela dopo un adolescenziale girovagare tra Europa e America. E non poteva essere diversamente. 
New York era per lui un naturale approdo, la città dove per definizione il gusto della performance deviata, del travestimento, delle mutazioni culturali, è coltivato e apprezzato, e infatti al suo apparire ci furono diverse illuminate menti pronte a riconoscerne il talento, uno fra tutti Lou Reed. Le sue ascendenze non lasciano dubbi: Divine, Joey Arias, grandi icone del travestitismo, e lo stesso nome del gruppo, The Johnsons, deriva da un altro noto trans di nome Marsha P. Johnson. Ma Antony è ben altro, molto oltre gli iconocalsti vezzi da drag queen, è soprattutto una voce, inimitabile, bassa e ricca di vibrato, sempre emozionante, una figura apparentemente indifesa, fragile, piuttosto un bambino con la voce da adulto, ma che poi alla fine risulta inesorabilmente autorevole. 
Antony torna a Roma (lunedì all'Auditorium) dopo aver lasciato, un anno fa, un bel ricordo con un concertorecital in cui si esibiva da solo con l'orchestra sinfonica, e torna questa volta col suo gruppo, anche se da un bel po' di tempo non pubblica un album di inediti. In collaborazione col direttore musicale Steven Bernstein, proporrà She's so blue, uno spettacolo in cui interpreterà esclusivamente cover di artisti che lo hanno ispirato, come If it be your will di Leonard Cohen, e Candy says dei Velvet Underground (tanto per ripagare il tributo a Lou Reed), a sua volta dedicata al trans Candy Darling che fu una star della Factory di Andy Wahrol. 
Eroe del crepuscolo, Antony ama viaggiare nelle penombre soffuse, nelle luci cristalline della poesia, è fondamentalmente un uccello notturno, un alieno dalla voce angelica che predilige le storie di confine, quelle in cui la realtà sembra sciogliersi in una visione destabilizzante, e porta addosso un fardello di grazia, come se fosse uno di quegli speciali esseri a cui è stato affidato il compito di mantenere vivo il fuoco sacro dell'arte. 
In fondo più che un concerto, è un'esperienza, da non perdere. Basta vederlo sul palco, amabilmente goffo e infantile, con le mani che seguono la melodia come se volesse lasciarla sospesa nell'aria, a tu per tu con una voce da predestinato, di quelle capaci di tenere il pubblico col fiato sospeso, come se ogni frase fosse un'avventura dall'esito incerto, ma dal fascino assicurato, in ogni momento.