Birkin e Gainsbourg, le foto ribelli

Il fratello di Jane raccoglie le immagini inedite della coppia manifesto della generazione anti borghese
Mentre la trasgressione è di massa, dunque priva di qualsiasi interesse culturale, e intanto che l'individualismo pornografico via Instagram abbatte l'idea stessa d'intimità erotica, arriva l'album di famiglia di un lui e d'una lei così poco conformisti, quarant'anni fa, da risultare classici oggi.
E anche molto chic, vestiti da capo a piedi con semplici magliette e jeans a vita alta, capelli lunghi lavati in casa lei, una Gitanes «papier mais» tra le labbra lui. Niente borchie cafone, niente pantaloni di pelle abbassati sulle natiche a vista, epperò una promanazione naturalmente sessuale, davvero libera e non convenzionale, che gli artisti Jane Birkin e Serge Gainsbourg vissero in pubblico, da fine Sessanta agli Ottanta, quando lei se ne andò perché stufa di non poter toccare nulla nella casa parigina di lui a Rue de Verneuil: mobili neri, specchi oscurati e, ovunque, poster della rivale Brigitte Bardot.
Non volevano insegnare niente a nessuno, Jane e Serge, come invece pretese, nello stesso periodo, un'altra coppia artistica di rottura, però didattico-bacchettona: John Lennon e Yoko Ono, tra bed-in pacifisti e dimostrazioni politicamente corrette. Invece la memoria parla di eleganza mentale, tutt'altro che ideologica, e profuma di quello spirito del tempo rock, scelto liberamente e non codificato, quando si sfoglia il libro Jane&Serge (Taschen Editore, pagg. 176, euro 39,99) del regista e scrittore Andrew Birkin, fratello dell'attrice e cantante Jane, oggi sessantaseienne. Un volume bizzarro, pieno di foto inedite della coppia-manifesto d'una generazione che fece saltare il tappo dei tabù borghesi, categoria dello spirito che aveva senso, prima che la classe borghese occidentale venisse cancellata. Tra sticker, poster e scatti privati, sfila uno stile di vita che tuttora piace, se a un'asta recente, a Nantes, un pacchetto di Gitanes appartenuto a Gainsbourg, morto nel 1991, è stato venduto a 700 euro. Anche una borsa, bella e costosa, la «Birkin Bag», dedicata alla «rosa inglese» in duo con «il nostro Baudelaire» (come disse l'allora presidente francese François Mitterrand, alla morte del cantautore), sta lì a rivelare che i due hanno fatto epoca, non solo nelle menti.
E ancora la fanno: lei, che esplose con Blow Up di Michelangelo Antonioni, a novembre canterà al Barbican di Londra le canzoni di Serge, col quale non si sposò mai, in uno one-woman-show dedicato al suo Pigmalione. Les amours perdues, con vocina sottile alla Carla Bruni, ma assolutamente no Je t'aime... moi non plus, la loro scandalosa canzone, oggi soltanto un motivo vintage, ma che nel 1969, quando uscì, fu messa al bando dal Vaticano e dalla BBC, quindi proibita in Italia, Inghilterra, Spagna, Polonia, Svezia e Brasile, mentre la radio francese non poteva trasmetterla prima delle 11 di sera. Quei quattro minuti di mugolii e sussurri da camera da letto provocarono uno choc, rivelando che Jane&Serge al microfono incarnavano, anche nella vita privata, quel libertinage che ora è una seconda pelle da marketing. Sistemarono o no il microfono sotto alla branda, per registrare dal vivo? Chi se ne importa. Loro divennero iconici, comunque, nel mondo pop di allora, che prendeva sul serio scosse e provocazioni live.
E adesso che la loro figlia Charlotte, attrice affermata e musa del regista danese Lars von Trier, col quale ha girato Melancholia, spalanca la bocca negli orgasmi multipli di Nymphomaniac, salta agli occhi un'epocale differenza di stile. Perché prima di stringersi a un nerboruto negro di passaggio, nel film dove tutti recitano le proprie debolezze sessuali (non per fiction, pare), da piccola Charlotte inscenava la bambina perfetta, stringendo al petto un coniglietto di peluche, accucciata sul prato mentre mamma Jane, stilosa con le espadrillas azzurre, i jeans e la camicetta bianca, in ginocchio le scatta una foto innocente, che lo zio Andrew ora pubblica. Anche a testimoniare che, tra quelle icone dell'amore carnale, così attraente lei, falsa magra dalle gambe lunghe e così macho lui, brutto, ma così sexy da avere B.B. nel suo carnet, una vita domestica si svolse quietamente, tra l'Isola di Wight, dov'era il cottage di proprietà della coppia e i vari luoghi dove Serge, il primo poeta pop di Francia, portava le sue donne, Jane e Charlotte. Cucinando anche per loro, visto che, da bravo esteta, aveva gusto per il buon cibo.
«Sono orgogliosa di mamma e papà, ma per me sono un peso», dice Charlotte Gainsbourg, sposata al regista e attore Yvan Attal e madre di tre figli. È il prezzo che si paga quando hai una mamma che, tu bambina, si butta nella Senna per farsi perdonare d'aver schiaffeggiato papà in pubblico. E quando, tu adolescente, vedi papà fumare e bere come un ossesso, ma, prima d'essere ricoverato in ospedale per infarto, lo senti chiedere ai paramedici di prendere la sua coperta Hermès colorata, «perché quelle dell'ospedale sono tristi». Oppure, a tredici anni, incidi Lemon Incest e, nel video, papà indossa solo i pantaloni e tu canti: «L'amore/ che mai faremo insieme».