Gogol Bordello: "Non bastano baffi e violini per fare il Gipsy Punk"

Eugene Hütz e il suo gruppo in tour in Italia: "Il cross-over? Abbiamo già dato. È la paura per l'eccesso che mi fa dare tutto sul palco"
«Il Gipsy Punk? Sì, l’ho inventato io. Molti di quelli arrivati dopo sono band da matrimoni. Non bastano un paio di baffi e dei violini per sentirsi dei veri musicisti”. Eugene Hütz, leader dei Gogol Bordello, non ha dubbi sul chi abbia lanciato un genere ormai suonato nei locali e nei festival musicali di tutto il mondo. «Il cross-over tra balcanica ed elettronica io lo suonavo già quindici anni fa nel mio Bulgarian Bar di New York. Per me è il passato. È anche per questo che da qualche anno mi sono trasferito a Rio de Janeiro, dove posso vivere più liberamente anche la musica». L’evoluzione dei Gogol Bordello è riscontrabile anche nel nuovo album, Pura Vida Conspiracy, «È più melodico rispetto ai precedenti cinque. Vorrei poterlo suonare in futuro con un'orchestra sinfonica alle spalle». L’energia sul palco dei Gogol Boderllo però è sempre la stessa come dimostra il concerto di Berlino a cui assistiamo poco dopo il nostro incontro con Hütz. Sala piena e due ore e mezzo di musica senza interruzione. Il mini tour italiano è alle porte: la band sarà il 27 novembre a Milano, il 29 a Roma e il 30 a Bologna. «L’Italia per noi è come i paesi sudamericani o l’Europa dell’est. Si crea un’empatia che altrove non c’è. Peccato non andare a Napoli: come Odessa, Rio de Janeiro e New Orleans è una città-portale, l’Internet dei tempi passati, lì dove ci si apre e confronta con  informazioni e culture del resto del mondo. Ha un fascino perverso eppure irresitistibile».
Passano gli anni, quattordici dalla fondazione della band, ma i suoi show sono sempre una grande e coinvolgente festa. Difficile mantenere questa intensità a ogni show?
«Non potrà essere sempre così, ma so che questo è il mio momento. Certa gente pensa che la mia energia dipenda dalla bottiglia di Jack Daniel’s che bevo prima di ogni concerto. Non è così, ho improntato tutta la mia vita sul fare musica e tutto rientra in quel discorso, anche il bere. Persone come me muoiono a 27 anni. Io ho imparato a gestirmi. In passato forse sono stato anche più incauto, ma in certi casi è proprio la paura che nutro verso i miei eccessi che mi fa dare tutto sul palco».
Un musicista a cui si ispira?
«Johnny Cash. Quando scrivo una canzone voglio che rimanga nella testa di chi la ascolta come se fosse una storia capace di rimanere per giorni nella testa. A livello musicale invece non ho idoli, ma adoro collaborare con Goran Bregovic. Abbiamo vari progetti assieme per il futuro».
Anni fa lei, che ha un quarto di sangue gitano, fu arrestato in Italia perché scambiato per uno zingaro. Se da una parte la musica gipsy è sempre più apprezzata, dall’altra negli ultimi anni, soprattutto in Italia, i casi di intolleranza che hanno coinvolto i rom hanno spesso catalizzato l’attenzione pubblica. Come si spiega questo contraddittorio atteggiamento?
«Da sempre la gente non ha sopportato e invidiato chi ha abitudini e culture diverse dalla propria, ma che condivide con loro gli stessi spazi. Storicamente come si poteva del resto tollerare  un popolo che viaggiava libero e che non pagava le tasse? Ecco perché nel tempo questa frattura si è intensificata. Non c’è soluzione, solo la cultura può aiutare a migliorare la situazione».
È stato il protagonista del primo film di Madonna da regista, Sacro e Profano del 2008. È rimasto in contatto con lei?
«Ogni tanto ci sentiamo, in passato mi ha aiutato a risolvere un problema familiare di cui preferisco non parlare, è stata gentilissima, al di là delle apparenze quella donna ha un cuore d’oro».