Rock e politica, le esternazioni di Cher (vs Palin) e Roger Daltrey (vs Blair)

A poche ore l'una dall'altra, sono arrivate due prese di posizione fortemente politiche di due personaggi di spicco sul panorama musicale mondiale, Cher e il frontman degli Who Roger Daltrey. A aprire il fuoco per prima è stata la veterana cantante statunitense, che lo scorso venerdì - per mezzo di un tweet - ha bollato la leader politica repubblicana Sarah Palin come "stronza". "Cercate sul vocabolario alla sotto la lettera 'C' ("cunt", una delle espressioni più offensive, specie nei riguardi di una donna, dell'inglese moderno, ndr), andate avanti di un paio di definizioni... ecco, dovreste aver trovato Sarah Palin". Di fronte alle prime rimostranze dei propri follower politicamente vicini all'ala più conservatrice della destra statunitense, l'artista ha pensato bene di rincarare la dose, affiabbiando ai sostenitori del Tea Party il titolo di jihadisti. Non si è fatta attendere, ovviamente, l'ondata di indignazione da parte degli organi di informazione americani politicamente più o meno orientati: "Molte donne sono pronte a confermare come l'espressione con la 'c', insieme a quella con la 'n' (il sostantivo razzista con quale si indicavano gli appartenti alla comunità afro-americana, ndr) sia la più offensiva che si possa usare in inglese: evidentemente Cher la pensa in un altro modo", ha dichiarato Noel Sheppard di Newsbusters, al quale ha fatto eco l'Examiner, chiedendosi "cosa avrebbe detto Cher se un conservatore avesse chiamato una esponente liberal di spicco allo stesso modo".
Dall'altra parte dell'Atlantico Roger Daltrey, sentito dal Sunday Times, ha fortemente criticato le politiche adottate dal governo laburista di Tony Blair in materia di immigrazione: "Non perdonerò mai il partito laburista per aver permesso un'ondata migratoria di massa senza prima porsi il problema delle retribuzioni", ha spiegato il cantante, "Non lo perdonerò mai di aver distrutto il lavoro dei miei amici pensando - tra l'altro stupidamente - all'Europa, e lasciando che dieci polacchi potessero vivere in dieci in una stanza accettando di lavorare nel Regno Unito per stipendi polacchi. Sia chiaro, non ce l'ho né coi polacchi né con nessun altro, ma è stato uno sbaglio politico enorme permettere tutto ciò, e la cosa che mi fa più arrabbiare è che i primi ad essere presi per il collo siano proprio gli immigrati, e per giunta nemmeno per colpa loro".