Madonna Outtakes & Rarities


Buon Compleanno Winona Ryder

Giovane, carina e disoccupata, sì, ma solo fino al 1986, anno del debutto. E Winona Laura Horowitz deve decidere come presentarsi al pubblico. Se il nome di battesimo lo deve alla città natale, e il suo secondo nome è lo stesso della moglie dello scrittore Aldous Huxley (una cara amica di famiglia), il cognome d’arte è ispirato dal cantante Mitch Ryder: un suo brano passa in radio quando l’agente di Winona chiama per sapere cosa scrivere nei titoli del film d’esordio.
La sua è un’adolescenza tormentata, soprattutto per l’aspetto androgino… E chissà se c’entra anche l’esperienza in quella comune senza elettricità quando la Ryder aveva solo 7 anni. Comunque i primi personaggi del suo CV sono outsider come lei, vedi Beetlejuice – Spiritello porcello, Edward mani di forbice e Sirene. Poi Winona diventa grande: Dracula di Bram Stoker, L’età dell’innocenza (prima nomination all’Oscar), Piccole donne (seconda nomination), Ragazze interrotte, Autumn in New York. Nel 2000 è ufficialmente una diva, con la sua stella scolpita sulla Walk of Fame di Hollywood. La carriera va a gonfie vele, l’amore insomma. Dopo anni con Johnny Depp, che si è fatto persino tatuare sul braccio “Winona forever” (salvo poi accorciare la scritta in “Wino forever” – “ubriaco per sempre” – una volta finita la storia), ecco la volta di un cantante grunge, seguito da Matt Damon, che però la mollerà gettandola in depressione. Forse è anche per questo che nel 2001 Winona crolla. Di brutto. Arrestata per taccheggio da Saks, lei dice di soffrire di cleptomania, fatto sta che nella borsa ha una cosa come 5.000 $ di merce rubata e una bella scorta di analgesici senza ricetta.
Processo e condanna a 3 anni di libertà vigilata, 10.000 $ fra multe e rimborsi, 480 ore di lavori socialmente utili e psicoterapia obbligatoria. Inutile dire che la carriera si ferma, almeno fino al 2006, anno in cui riappare in A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare. Noi scrutiamo una bella torta all’orizzonte. HAPPY BIRTHDAY WINO(NA)!

Goldfrapp: Il box set di "Tales Of Us" in arrivo

I Goldfrapp hanno annunciato i dettagli di un cofanetto speciale del loro album 'Tales Of Us', descritto dal The Guardian come un "ipnotico paesaggio sonoro'.
Il box set vede in aggiunta a 'Tales Of Us', un CD bonus contenente una selezione di remix (tra i quali una versione Moog di Will Gregory) e di versioni live dei brani dell'album, inclusi tre pezzi registrati quest'anno al Manchester International Festival con coro e orchestra.
Sempre all'interno del cofanetto ci sono un DVD con Tales Of Us in 5.1 surround, un documentario del Making Of dell'album, e il meravigliosi cortometraggi di Drew e Annabel. 
Completano il box set un bellissimo libro di 40 pagine con copertina rigida redatto da Alison con immagini esclusive da 'Tales Of Us', un vinile, un poster, più una stampa litografica di 12''.
I Goldfrapp hanno suonato dal vivo brani di 'Tales Of Us' in una serie di programmi TV inclusi il 'Later With Jools Holland' e il 'Late Night with Jimmy Fallon' a New York.
La performance del 'Later' può essere vista qui: www http://youtu.be/JfUE7y5A4Fg e quella al 'Fallon' qui: http://www.latenightwithjimmyfallon.com/blogs/2013/09/goldfrapp-performs-their-song-drew/
Le apparizioni televisive hanno preceduto il prossimo tour Europeo andato completamente sold-out.
La band ha anche suonato alla BBC 6Music 'Live at Maida Vale' in una session per il programma radio di Lauren Laverne che può essere ascoltata qui:http://www.bbc.co.uk/events/eqp8q9
Nel frattempo Alison Goldfrapp è stata impegnata nella curatela della sua prima mostra d'arte alla galleria The Lowry di Salford, inaugurata lo scorso weekend e visitabile fino a Marzo 2014. L'esposizione offre uno sguardo sulle personali ispirazioni di Alison attraverso i pittori, i film maker, gli illustratori e i fotografi che hanno formato la sua inimitabile visione artistica. Questa diversificata selezione di lavori ritrae la fascinazione di Alison per il folklore e il noir attraverso opere d'arte di artisti di fama internazionale inclusi Anna Fox, John Thezaker, Jan Pienkowski, Anya Gallaccio e Hans Bellmer.

Cher – Take It Like A Man | terzo singolo

Dopo la club banger “Woman’s World” e la ballata “I Hope You Find It” è stato annunciato il terzo singolo che sarà estratto dall’ album “Closer to The Truth”: si tratta di “Take It Like a Man” pezzo dance con discrete possibilità di fare bene in classifica.
Per questo terzo singolo Cher ha collaborato con il famoso produttore Mark Taylor che  nel lontano 1998 creò per lei la canzone più famosa della sua carriera nonché uno dei singoli più venduti nella storia della musica: “Believe“.
Il pezzo (che si caratterizza per il forte utilizzo dell’ auto-tune reso famoso proprio da “Believe”) avrà l’obiettivo di risollevare le sorti dell’album #25 della longeva carriera artistica di Cher, che fin’ora si è dimostrato piuttosto debole soprattutto a livello di singoli.
Come annunciato dalla stessa cantante sul suo profilo twitter inoltre, è stato  ingaggiato il Dj/remixer Tony Moran il quale dovrà dare un tocco in più alla traccia per cercare di renderla più appetibile per le discoteche.
Attualmente non abbiamo una release date certa per “Take It Like  a Man”, anche perché Cher sta ancora promuovendo “I Hope You Find It” che al momento si trova alla posizione #25 nella UK chart. Personalmente avrei preferito “Red” come nuovo estratto ma probabilmente a questo punto lo troveremo come quarto (e probabilmente ultimo singolo) della “Closer to The Truth Era”.

È morto Lou Reed, poeta del rock. Cantò l'anima oscura dell'umanità

L'artista è scomparso a 71 anni. Una carriera alla ricerca di invenzioni sonore e liriche, canzoni e sperimentazione e la reinvenzione costante del progetto. Gli incontri con Andy Warhol e David Bowie, il pensiero alto e la vita di strada, tra droga e sesso. Seguendo sempre la musica e la poesia
Una vita a cantare e suonare New York, le ombre della città, il lato selvaggio che poteva essere quello di un marciapiede buio ma anche quello di un'esistenza scura. Una vita difficile da subito quella di Lewis Allan Reed, nato a Brooklyn e cresciuto a Long Island. Lo scorso aprile a Cleveland aveva ricevuto un fegato nuovo, con un trapianto. Ma già l'adolescenza è particolarmente difficile, con il trauma dell'elettroshock, utilizzato per "curare" una tendenza bisessuale. Un'esperienza destinata a segnarlo per sempre, che non reprime e forse aiuta lo sbocciare della sua ricerca creativa, attraverso la scrittura, la regia, la voce in radio in una sua trasmissione. E soprattutto la musica, e soprattutto il jazz, le note blu sempre tendenti al nero. Una ricerca letteraria realizzata attraverso l'elettricità della chitarra e il droning della voce, che non è quasi mai un cantato, e meno che mai un parlato. Una sospensione sonora e poetica quella del primo album dei Velvet Underground, che con pochi accordi dipinge tutta la tensione intellettuale e la linfa vitale di una New York come sempre indescrivibile. E che usa il dolore espresso dall'elettricità di una chitarra amata e maltrattata per chiudere nel passato tutti i canovacci e le categorie del rock come era stato pensato e suonato fino a quel momento, iniziando da The Ostrich che proprio di quegli stilemi si nutre per restituirli trasformati. La suonano con lui i Primitives in cui c'è già il polistrumentista visionario John Cale, che porterà Lou Reed dritto verso i Velvet Underground dopo aver scoperto un tesoro sonoro in un demo di Heroin. 
Con l'arrivo di Sterling Morrison al basso e chitarre e Maureen Tucker alla batteria i Velvet Underground inziano dal primo album a ridefinire qualche concetto fino a quel momento imperante. Anche grazie all'innesto nel bacino di talenti e cervelli di Andy Warhol, la cui factory produce esecutivamente e artisticamente il primo lavoro della band. C'è una banana che si sbuccia sulla copertina bianca, ma il vinile è nero. Ed è tagliato dalle prime cicatrici del rock, Waiting for the man, All tomorrow's parties, l'incredibile Venus in furs e naturalmente Heroin. C'è la droga, c'è il sesso, e c'è quindi il rock, tagliato dalla malinconia e dagli sguardi enigmatici di Reed, ma c'è anche una quantità pura di una sintesi mai ascoltata prima, che consegna l'album alla storia. Ci sarà altro per i Velvet Underground, la cui massima altezza è già vicina. Un tour con Warhol, l'arrivo di Nico, cantante tedesca, la separazione da entrambi gli artisti. L'art rock, la decadenza, le definizioni cadono di fronte al secondo lavoro White Light/White Heat. Ma dopo altri due album quella di Reed è già una strada solista. 
La trasformazione si compie con Transformer del 1972, secondo album in solitaria, dopo un primo tentativo non brillante ma probabilmente sottovalutato al tempo. Non c'è più la luce guida di Warhol, ma a recuperare Reed arriva David Bowie, che nei suoi spettacoli esegue già White Light/White Heat. E' lui con il fidato Mick Ronson a produrre Transformer, con dentro quella Walk on the wild side che riporta in primo piano l'ombra grazie al contrasto con un mondo sonoro luccicante, in un piano sequenza di storie che influenzerà il modo di narrare della musica pop e rock degli anni successivi. L'album è un successo mondiale, sono anni di magia, ma arriverà ancora una volta la perdita. "Magic and Loss", un binomio che sarà il titolo di un futuro album e che accompagna l'artista verso Berlin, uno dei vertici della sua produzione che Reed pubblica mentre divorzia dalla moglie. L'album non vende nonostante il pesante processo di editing a cui viene sottoposto, e l'industria gli impone di recuperare. E Lou deve farlo volando basso e recuperando terreno con brani noti, con un disco di inediti di cui poi parlerà malissimo come Sally can't dance e un paio di live deflagranti, Rock n' roll Animal e Lou Reed Live. Ma la metà degli anni 70 sono anche quelli dell'abuso di droga, metedrina e amfetamina, che incideranno sull'artista e sulla persona. Una corda tesa e un percorso ormai fisso sul lato selvaggio della strada, che arrivano fino all'album successivo, il cui faro è John Cale in veste di traghettatore: porta Reed verso la sperimentazione e il risultato è Metal machine music , quattro facciate di vinile da sedici minuti l'una, straboccanti di distorsioni, feedback, reverse, assalti sonori che ripudiano senza pensieri la melodia. Il glam di Satellite of love è lontano, così come le vendite. Ma Lou Reed è contento di ripartire a bordo della sua ispirata macchina di metallo musicale. Per trovare di nuovo una vena così piena bisognerà aspettare tre album, fino alla pubblicazione di Street Hassle. Nel frattempo arrivano la sensualità diConey Island Baby e il passatempo di Rock n'Roll Heart. In Street Hassle Reed si ritrova e il disco è alimentato dalla stessa veemenza degli ultimi live. Ci sono riscritture di brani passati (Gimmie some good times richiama Sweet Jane) e c'è anche Bruce Springsteen che canta nel medley che da il titolo al disco. Si arriva alla decade successiva con gli esperimenti di The Bells e Growing up in public. E Lou Reed cresce davvero in pubblico, le sue età interiori sono tutte manifeste. Ammette l'abuso di alcol e droghe, racconta l'inferno del vivere tossico, l'abisso incolore della dipendenza, dichiara la sua omosessualità e però poi sposa Sylvia Morales. Una fiamma, che però non esclude la necessità di una scintilla. E Reed la trova in Robert Quine, assieme i due produrranno The Blue Mask, uno dei lavori più significativi di tutta una discografia, pieno com'è di intimità e fragilità. Amato da critica e pubblico, l'album mette Reed però su una direzione di scontro con Quine, che arriverà poi a un distacco dopo Legendary Hearts e New Sensations, buoni ma di altra pasta rispetto alla sostanza indefinibile che componeva la "maschera blu". Ma Reed ha ancora molto da dire, anche a Quine e soprattutto dal vivo: nel New Sensations Tour i due duetteranno e duelleranno. E alla fine si separeranno. Reed lascerà poi sul campo un album che arriva da una sconfitta:Mistrial, dimenticabile e quindi dimenticato. La magia è finita. Arriva il silenzio: Reed posa la chitarra, la penna, e spegne la voce. E' nuovamente tempo di perdita. 
E questa volta Lou Reed perde Andy Warhol, che muore nel 1987 in seguito a un'operazione. Warhol è annodato, in profondità, con l'anima di Reed. Al funerale dopo 22 anni Lou troverà John Cale. Scriveranno un album in memoria di Warhol: Songs for Drella esce nel 1990. Drella è Warhol, figura per i due tra Cenerentola e Dracula, Dracula and Cinderella. Ma intanto dentro Reed la scomparsa di Warhol compone un arazzo di nervi e emozioni, pensieri e passi per le strade della stessa città. E' del 1989 e si chiama New York l'album che Lou Reed scrive come un esorcismo, ed è uno dei lavori più alti e poetici, essenziali e diretti di sempre nella produzione dell'artista. Un vero concept album sulla città e le sue anime, sulla carne e sul sangue versato, su quello tirato via, sul cemento annerito della grande Mela che risucchia la sua umanità. Quattordici canzoni su un'unica tela che dipinge un quadro che non smette mai di cambiare. Di andare e tornare attraverso l'Hudson, fiume di fuoco e di fogna, senza sapere se si sta andando o tornando. Non è "New York New York", nel titolo di Reed il nome c'è una volta sola. E basta così. 
Da qui a qualche tempo altri due lutti segneranno Lou Reed. A scomparire sono Kenneth "Rotten Rita" Rapp e Doc Pomus, persone amiche, rare come i momenti in cui si riesce dimentica il dolore. Anche stavolta dalla perdita viene la magia, l'album si chiama "Magic and loss", rimane vicino ai suoi capolavori. Scarnificato, vero, prende la vita e la morte e ne confonde le carte, perdendo la distinzione tra quale sia l'incanto e quale l'incubo. Uno dei due vince, a ruota. Ma porta sempre con sé l'altro. Tornano i Velvet Underground per un grande tour nel 1993 ma della band i quattro hanno il nome, non più l'intensità, che la tecnica e la cura del suono non possono sostituire. Il progetto di un nuovo album fallisce per i contrasti tra Reed e Cale, e la morte di Sterling Morrison chiude ogni discorso. Nel 94 Reed si separa anche dalla moglie, ma trova una nuova magia in Laurie Anderson. L'artista diventerà la sua compagna, fino alla fine. A lei sarà dedicato il bell'album Set the twilight reeling, dove la mano dell'autore non nasconde l'amore che la guida, dove gli spigoli del rumore e la spettralità delle corde solitarie dei precedenti lavori si riempiono di rock sostenuto e anche dolcezza perché vergognarsene sarebbe quasi una debolezza. E nel 2000 arriva poi Exctasy, un ritorno fenomenale, viaggio esistenziale tra paranoie e cieli aperti, grezzo e lucente. E poi ancora progetti più letterari, come The Raven dedicato alla letteratura di Edgar Allan Poe e sostegno sonoro della piéce POEtry, Hudson River Wind Meditations, progetto sonoro sulle musche suonate dal vento. Poi Lulu, album scritto con i Metallica, un urlo nero dentro un macigno di suoni che spiazza fan e ascoltatori. Rock scritto da adulti per adulti, e gli adulti litigano più dei bambini. L'album esce nel 2011 e Lou Reed lo promuove in diverse apparizioni pubbliche, poi nessun lavoro ulteriore. Torna il silenzio, fino alle ultime notizie dei 2013. Il trapianto ad aprile, un ricovero in un ospedale di Long Island, per disidratazione a luglio. E poi, annunciata da Rolling Stone, la morte. La perdita vince stavolta. Ma la magia, com'è sua natura, rimane.

Christina Ricci, la ministar originale che vola alle nozze in Pan Am

Le cattive ragazze hanno spesso svolte inaspettate: Christina Ricci, 32 anni, la ministar della famiglia Addams, l'ex bambina di Sirene con una strepitosa Cher come madre, è convolata a giuste nozze. Cerimonia nella borghesissima Harold Pratt House di New York, nell'Upper east side. James Heerdegen, conosciuto sul set di Pan Am, serie ormai cancellata dove lei era una delle hostess protagoniste e lui lavorava come cameraman.
Dopo un periodo dark, tutto pizzi e calze a rete, la Ricci, che era rotondetta (e minuta, una Venera tascabile alta poco più di un metro e cinquanta) è diventata un'alicetta, ha schiarito i capelli e si è completamente trasformata. Grande personalità, l'ex ribelle ha sempre difeso il ruolo delle donne sul set: "Mi sento alla pari degli attori maschi ma credo che la maggior parte delle persone non con considerino le donne. Il maschilismo esiste tuttora e sei tu a doverlo combattere. Ci sono alcuni aspetti della società misogini, ma sono stati fatti grandi passi avanti grazie al femminismo". Da ragazza diceva che se non avesse fatto l'attrice sarebbe finita male: "È vero che prima ero molto arrabbiata, decisa solo a fare sensazionalismo e scioccare la gente. Oggi non ho gli stessi desideri di autodistruzione che avevo allora. E comunque sono stata fortunata: ai miei tempi c'erano meno paparazzi".

I Muse diventano una band indipendente

E’ un periodo di assestamento per i Muse, la grande band di Matthew Bellamy che il prossimo 13 dicembre terminerà il suo straordinario e apparentemente infinito tour.
Il riposo però sarà molto breve, perché Matthew Bellamy (voce, chitarra, pianoforte), Chris Wolstenholme (basso, cori, armonica), Dominic Howard (batteria, percussioni, cori) e Morgan Nicholls (tastiera, sintetizzatore, sequencer, percussioni, chitarra, basso, cori) torneranno a lavoro già nei primi mesi del 2014, quando rientreranno in studio per registrare il seguito di “The 2nd Law”. Le voci bene informate dicono che il gruppo britannico si prenderà almeno un mese di pausa, tempo minimo per recuperare le fatiche del trionfale tour.
Ma oltre alla fatica del lavoro, i Muse devono fare anche i conti con la scadenza del contratto con la Warner Music. Questo evento ineluttabile potrebbe spingere il gruppo a diventare una band indipendente, ovvero a pubblicare i propri dischi con la Helium-3, l’etichetta fondata dai Muse poco prima dell’uscita di “Black Holes and Revelations”, ben sette anni fa, nel 2006.
A partecipare al progetto, all’epoca, furono solo i tre Muse Romamembri storici del gruppo, Matthew Bellamy, Chris Wolstenholme e Dominic Howard, in quanto Morgan Nicholls si sarebbe aggiunto a loro proprio di li a poco.
A questo punto della loro carriera, i Muse potrebbero benissimo fare il grande passo ed autoprodursi, dal momento che ormai hanno uno zoccolo duro di fan così folto da poter permettere loro di fare grossi investimenti con rientri quasi accertati.

Meryl Streep, Cameron Diaz e Milla Jovovich in ExpendaBelles?

E' passato ormai un anno da quando la Millennium Film, compagnia dietro alla saga dei Mercenari, ha annunciato di essere al lavoro su uno spin-off chiamato ExpendaBelles e incentrato su eroine d'azione. Alla produzione Avi Lerner, Mark Gill, Jill Kroll e Heidi Jo Markel, con Trevor Short alla produzione esecutiva.
Il teaser poster di The ExpendablesOra Lerner aggiorna sul progetto in una intervista allo Standart (via Deadline), rivelando che nientemeno che Meryl Streep, Cameron Diaz e Milla Jovovich sono in trattative per entrare nel cast, e che le riprese si terranno in Bulgaria:
"Sarà un film d'azione spettacolare, e per niente inferiore alla saga dei Mercenari. Ci saranno battaglie, effetti speciali ed effetti visivi, stunt e molto spettacolo al pari di ciò che hanno fatto Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger, Jason Statham, Harrison Ford, Mel Gibson, Bruce Willis e Jean Claude van Damme. Due sceneggiatrici eccellenti sono al lavoro sul film. Ora cerchiamo una regista."
Le due sceneggiatrici sono Karen McCullah Lutz e Kristen Smith, autrici di La Rivincita delle Bionde. La storia sarà ambientata nel Brunei - le "signore" dovranno affrontare un villain in uno dei paesi più ricchi del Pianeta.
Vi terremo aggiornati!

Il videoclip di Paul McCartney è pieno di star

È stato pubblicato il videoclip di «Queenie eye», il secondo singolo estratto dal nuovo album di Paul McCartney, «New». Ed è pieno di personaggi famosi: Johnny Depp, Jude Law, Gary Barlow, Meryl Streep, Kate Moss, James Corden, Sean Penn e Jeremy Irons. Il video è girato nei mitici Abbey Road Studios dove i Beatles registrarono tutti i loro più grandi successi. Mc Cartney, 71 anni, è al piano mentre intorno a lui le star ascoltano, ballano (Kate Moss addirittura sul piano), bevono, si divertono come in un grande party.

Madonna Completamente Nuda a 18 Anni, Le Foto che Fanno il Giro del Web

Le foto della Pop Star giovanissima e completamente nuda
L’adolescente dai capelli scuri con lo sguardo sexy guarda verso l’obiettivo, ha una camicia a righe da uomo aperta sul davanti e una cravatta bordeaux al collo che le scende tra i seni, in bocca un paio di occhiali. L’espressione ferrea che ha continuato a perfezionare mentre lottava per diventare una delle più grandi star del mondo, accumulando un patrimonio stimato sui 500 milioni di dollari, è già presente.
Alla fine del 1977, una studentessa dell’Università del Michigan chiamata Madonna Louise Ciccone, che all’epoca aveva 18 anni, ha posato nuda per 10 dollari l’ora per il fotografo Herman Kulkens. Le immagini sono state trovate in un magazzino che apparteneva al defunto Bob Guccione, proprietario della rivista per adulti Penthouse. E con un sorriso sul suo volto, la giovane ragazza si mette in topless per Kulkens nelle immagini che sono state al centro di una battaglia legale nel 1985, quando entrambe le riviste, Penthouse e Playboy, hanno tentato di pubblicarle. Le immagini sensazionali sono tra le cose lasciate dal fondatore di Penthouse che è morto di cancro all’età di 79 anni nel mese di ottobre del 2010 e che ora dono di proprietà di Jeremy Frommer, un operatore di Wall Street diventato imprenditore e finanziere che ha acquistato tutta la tenuta di Guccione da un suo creditore lo scorso anno. Ci sono anche foto inedite di Arnold Schwarzenegger, del Presidente Bill Clinton e Lauren Hutton, che sono state trovate tra le carte, foto, diapositive e lettere appartenenti a Guccione e che Jeremy e i suoi soci hanno attentamente passato al setaccio. Madonna ha posato nuda per tre fotografi tra il 1978 e il 1980.


































Birkin e Gainsbourg, le foto ribelli

Il fratello di Jane raccoglie le immagini inedite della coppia manifesto della generazione anti borghese
Mentre la trasgressione è di massa, dunque priva di qualsiasi interesse culturale, e intanto che l'individualismo pornografico via Instagram abbatte l'idea stessa d'intimità erotica, arriva l'album di famiglia di un lui e d'una lei così poco conformisti, quarant'anni fa, da risultare classici oggi.
E anche molto chic, vestiti da capo a piedi con semplici magliette e jeans a vita alta, capelli lunghi lavati in casa lei, una Gitanes «papier mais» tra le labbra lui. Niente borchie cafone, niente pantaloni di pelle abbassati sulle natiche a vista, epperò una promanazione naturalmente sessuale, davvero libera e non convenzionale, che gli artisti Jane Birkin e Serge Gainsbourg vissero in pubblico, da fine Sessanta agli Ottanta, quando lei se ne andò perché stufa di non poter toccare nulla nella casa parigina di lui a Rue de Verneuil: mobili neri, specchi oscurati e, ovunque, poster della rivale Brigitte Bardot.
Non volevano insegnare niente a nessuno, Jane e Serge, come invece pretese, nello stesso periodo, un'altra coppia artistica di rottura, però didattico-bacchettona: John Lennon e Yoko Ono, tra bed-in pacifisti e dimostrazioni politicamente corrette. Invece la memoria parla di eleganza mentale, tutt'altro che ideologica, e profuma di quello spirito del tempo rock, scelto liberamente e non codificato, quando si sfoglia il libro Jane&Serge (Taschen Editore, pagg. 176, euro 39,99) del regista e scrittore Andrew Birkin, fratello dell'attrice e cantante Jane, oggi sessantaseienne. Un volume bizzarro, pieno di foto inedite della coppia-manifesto d'una generazione che fece saltare il tappo dei tabù borghesi, categoria dello spirito che aveva senso, prima che la classe borghese occidentale venisse cancellata. Tra sticker, poster e scatti privati, sfila uno stile di vita che tuttora piace, se a un'asta recente, a Nantes, un pacchetto di Gitanes appartenuto a Gainsbourg, morto nel 1991, è stato venduto a 700 euro. Anche una borsa, bella e costosa, la «Birkin Bag», dedicata alla «rosa inglese» in duo con «il nostro Baudelaire» (come disse l'allora presidente francese François Mitterrand, alla morte del cantautore), sta lì a rivelare che i due hanno fatto epoca, non solo nelle menti.
E ancora la fanno: lei, che esplose con Blow Up di Michelangelo Antonioni, a novembre canterà al Barbican di Londra le canzoni di Serge, col quale non si sposò mai, in uno one-woman-show dedicato al suo Pigmalione. Les amours perdues, con vocina sottile alla Carla Bruni, ma assolutamente no Je t'aime... moi non plus, la loro scandalosa canzone, oggi soltanto un motivo vintage, ma che nel 1969, quando uscì, fu messa al bando dal Vaticano e dalla BBC, quindi proibita in Italia, Inghilterra, Spagna, Polonia, Svezia e Brasile, mentre la radio francese non poteva trasmetterla prima delle 11 di sera. Quei quattro minuti di mugolii e sussurri da camera da letto provocarono uno choc, rivelando che Jane&Serge al microfono incarnavano, anche nella vita privata, quel libertinage che ora è una seconda pelle da marketing. Sistemarono o no il microfono sotto alla branda, per registrare dal vivo? Chi se ne importa. Loro divennero iconici, comunque, nel mondo pop di allora, che prendeva sul serio scosse e provocazioni live.
E adesso che la loro figlia Charlotte, attrice affermata e musa del regista danese Lars von Trier, col quale ha girato Melancholia, spalanca la bocca negli orgasmi multipli di Nymphomaniac, salta agli occhi un'epocale differenza di stile. Perché prima di stringersi a un nerboruto negro di passaggio, nel film dove tutti recitano le proprie debolezze sessuali (non per fiction, pare), da piccola Charlotte inscenava la bambina perfetta, stringendo al petto un coniglietto di peluche, accucciata sul prato mentre mamma Jane, stilosa con le espadrillas azzurre, i jeans e la camicetta bianca, in ginocchio le scatta una foto innocente, che lo zio Andrew ora pubblica. Anche a testimoniare che, tra quelle icone dell'amore carnale, così attraente lei, falsa magra dalle gambe lunghe e così macho lui, brutto, ma così sexy da avere B.B. nel suo carnet, una vita domestica si svolse quietamente, tra l'Isola di Wight, dov'era il cottage di proprietà della coppia e i vari luoghi dove Serge, il primo poeta pop di Francia, portava le sue donne, Jane e Charlotte. Cucinando anche per loro, visto che, da bravo esteta, aveva gusto per il buon cibo.
«Sono orgogliosa di mamma e papà, ma per me sono un peso», dice Charlotte Gainsbourg, sposata al regista e attore Yvan Attal e madre di tre figli. È il prezzo che si paga quando hai una mamma che, tu bambina, si butta nella Senna per farsi perdonare d'aver schiaffeggiato papà in pubblico. E quando, tu adolescente, vedi papà fumare e bere come un ossesso, ma, prima d'essere ricoverato in ospedale per infarto, lo senti chiedere ai paramedici di prendere la sua coperta Hermès colorata, «perché quelle dell'ospedale sono tristi». Oppure, a tredici anni, incidi Lemon Incest e, nel video, papà indossa solo i pantaloni e tu canti: «L'amore/ che mai faremo insieme».

Nuovo Malick 2014, De Niro-Streep 2015

(ANSA) - ROMA, 23 OTT - Uscira' in Italia nella terza parte del 2014 (i tempi sarebbero giusti per Venezia), il nuovo film di Terrence Malick, Knight of cups, con Christian Bale e Natalie Portman, mentre debuttera' nel 2015 The good house il film che riunira' come protagonisti Robert De Niro e Meryl Streep. Sono due dei film annunciati dal listino, presentato a Roma, dalla nuova casa di distribuzione Adler Entertainment, fondata da Stefano Dammicco, Pete Maggi e Marco Colombo.

AuDen - Pour Mieux S'Unir

AuDen - "Pour mieux s'unir" 1er extrait de son 1er EP -- Sortie le 28/10/2013 
(AuDen) Warner Chappell Music France 
Réalisé par Olivier Coursier
Mixé par Andreas Ahlenius
Clip réalisé par Adrien Lhommedieu
Single disponible ici : http://po.st/PourMieuxSunirItunes
Site off www.auden.fr

Monica Bellucci: «Single (per la prima volta in vita mia)»

Debuttò sul primo numero di Vanity Fair. Questa è la sua 13esima copertina. E l'unica, senza fede all'anulare. Con Vincent Cassel il matrimonio è finito. Restano le figlie. E non solo quelle
Monica Bellucci, madrina del primo Vanity Fair nel 2003, torna in copertina in occasione del decennale del settimanale Condé Nast, nel numero in edicola da mercoledì 23 ottobre. E lo fa in un momento delicato della sua vita: a fine agosto, da Sarajevo, dove stava girando On The Milky Way (titolo ancora provvisorio) di Emir Kusturica, la Bellucci ha annunciato la consensuale separazione dal marito Vincent Cassel. «Il nostro motto è sempre stato: “Oggi ci siamo, domani chissà”. Siamo stati insieme diciotto anni, e con il tipo di vita di noi attori è già un grande risultato. La decisione è maturata insieme. Ci siamo amati sempre nel rispetto della verità dei sentimenti e ci lasciamo con lo stesso rispetto. Questo non è un divorzio di guerra, con chissà quali retroscena da scoprire».
Può esistere un divorzio «d’amore»?
«L’amore non sparisce, si trasforma. Tante cose possono cambiare ma la nostra famiglia resta intoccabile». 
La notizia ha infranto l’illusione che avete creato: che l’amore tra due persone possa sopravvivere alla libertà dei singoli.
«Mi dispiace per i delusi, ma se c’è una caratteristica di questa storia è che noi non abbiamo mai fatto niente per la nostra “immagine di coppia”. Abbiamo sempre e solo fatto quello che sentivamo giusto per noi. Le regole per la felicità in amore buone per tutti non esistono». 
Si rimprovera qualcosa?
«No, e nemmeno Vincent ha nulla da rimproverarsi. Non ci sono né vittime né carnefici. Come si è entrambi responsabili della vitalità di una relazione, lo si è entrambi della sua fine». 
Ma perché vi siete lasciati?
«Perché siamo due individui che si stanno evolvendo in direzioni diverse». 
C’è qualcun altro nella sua vita, adesso?
«Nessuno». 
Nemmeno quel tizio dell'Azerbaigian?
«Una notizia che non so come sia potuta venire fuori, basata sul nulla». 
Non è che si è innamorata di Kusturica?
«Ma figuriamoci. Emir è sposato con una donna meravigliosa… Insomma, per la prima volta in vita mia, sono single. Quella con Vincent è stata la più lunga relazione che io abbia mai avuto, ma è fin dal primo ragazzo, a 14 anni, che io sono praticamente sempre stata in coppia». 
Come si sente da single?
«Molto bene: sono straordinariamente connessa con me stessa. E mi piace anche dare questo messaggio alle mie figlie, per il loro futuro: non è obbligatorio avere un marito o un compagno. La solitudine non deve farci paura». 
Mi perdoni ma glielo devo chiedere: nella vita di Vincent c’è un’altra donna?
«Non lo so». 
Non mi dica che non ha mai avuto la tentazione di controllare un messaggio sul telefonino, di sbirciare una mail sospetta… 
«Mai. Il nostro era un tipo di relazione che non prevedeva questo genere di cose».