Quelli che non sono su Spotify (dai Beatles ai Black Keys, passando per Battisti)

Lo streaming sta diventando uno dei canali principali di consumo musicale su Internet. E i cataloghi dei vari servizi offrono ormai decine di milioni di canzoni. Eppure, come dimostrano i recenti casi di "Turn Blue" dei Black Keys e di "Ghost Stories" dei Coldplay, c'è ancora chi preferisce non concedere la propria musica.
A metà maggio è stato pubblicato  Turn Blue, l'ottavo album in studio degli americani Black Keys. Il disco è subito balzato in testa alla classifica USA e anche in Italia non se la sta cavando male (al momento è sesto). Pochi giorni dopo è stata la volta dei Coldplay, tornati sulle scene con un album - Ghost Stories - che ha agevolmente conquistato la vetta della chart britannica. Musicalmente parlando, i due album non hanno molto in comune. Dal punta di vista della distribuzione, condividono invece un elemento particolare: entrambi non sono disponibili sui servizi in streaming come Spotify, Deezer e Rdio.  
I Black Keys e i Coldplay appartengono a quella famiglia di artisti che prova ancora una certa diffidenza nei confronti dello streaming su Internet. Non è un partito maggioritario: con le recenti aggiunte di pesi massimi come Bob Dylan, Led Zeppelin, Pink Floyd e Metallica e l'adesione quasi unanime delle case discografiche (major e indies), i cataloghi di Spotify & C. garantiscono ormai una copertura straordinariamente ampia del mercato.  
Rimangono tuttavia delle eccezioni, alcune delle quali anche piuttosto grosse (Beatles, Lucio Battisti...). Le ragioni degli embarghi sono varie: c'è chi si rifiuta di concedere la propria musica per ragioni filosofiche/politiche, chi preferisce adottare strategie commerciali graduate (prima il download, poi i cd, infine lo streaming), chi difende l'integrità dell'album e chi ha firmato esclusive con altri distributori.  
Ecco dieci grandi assenti - parziali o totali - dal catalogo di Spotify (e in linea di massima da quelli di tutti gli altri servizi in streaming).  
BLACK KEYS  
Turn Blue non è l'unico album del duo americano a non essere disponibile sul servizio in streaming. Mancano anche il precedente El Camino (2011) e – per gli utenti italiani – Magic Potion (2006). Gli altri cinque dischi sono invece disponibili.  
COLDPLAY  
L'intera discografia dei Coldplay precedente a Ghost Stories è disponibile su Spotify. Il che lascia pensare che anche per il nuovo album in realtà si tratti di un ostracismo a orologeria (un po' come le “finestre” dei film al cinema): nel giro di qualche giorno/settimana/mese, presumibilmente, sarà reso disponibile.  
BEATLES  
A parte qualche arcaica registrazione dei primi anni '60 e il primissimo singolo Love Me Do/PS. I Love You (sfuggito alla recente estensione europea del copyright), su Spotify non c'è niente dei Fab Four. Ma non è solo un problema del servizio svedese: i Beatles su Internet sono praticamente (e legalmente) disponibili solo su iTunes. Discorso simile per gli album solisti di John Lennon e George Harrison, mentre Paul McCartney e Ringo Starr hanno distribuito i loro dischi anche in streaming.  
THOM YORKE (RADIOHEAD)  
I suoi tweet contro Spotify sono stati uno dei casi diplomatico-discografici del 2013. Dopo aver accusato il servizio di favorire le major e gli artisti consolidati, il cantante dei Radiohead ha rimosso praticamente l'intero catalogo su cui detiene un controllo personale. Ancora oggi mancano all'appello streaming l'album solista The Eraser, l'esordio omonimo degli Atoms For Peace e In Rainbows dei Radiohead (gli altri dischi della band inglese, compreso l'ultimo The King of Limbs, sono invece disponibili).  
BEYONCÈ  
A dicembre ha sorpreso un po' tutti con l'uscita di Beyoncè, distribuito in esclusiva  su iTunes. Un'esclusiva che su Internet evidentemente vige ancora, visto che – ormai quasi sei mesi dopo – di quell'album su Spotify si possono ascoltare solo due brani: Drunk in Love e XO. Il resto della discografia dell'artista è disponibile.  
LUCIO BATTISTI  
Sul fronte italiano, è la lacuna più importante e dolorosa. Quando cerchi Lucio Battisti su Spotify, rimani inondato da un sacco di roba. Ma si tratta solo di surrogati: basi musicali, versioni al pianoforte, cover. Nessuna registrazione originale. Un embargo rigidissimo che gli eredi mantengono su tutti i periodi della carriera battistiana (Mogol, Panella...).  
AC/DC  
Sono rimasti gli ultimi grandi dinosauri dell'hard rock a voltare le spalle allo streaming. Fino a un paio d'anni fa, il loro rifiuto della distribuzione su Internet era totale. A novembre 2012 hanno però concesso l'intero catalogo alla vendita di download su iTunes: chissà che prima o poi non sia anche la volta di Spotify...  
PETER GABRIEL  
È stato tra i fondatori di uno dei primissimi servizi di download (OD2, nel lontano 1999), ma evidentemente Peter Gabriel non si fida ancora del Web. E in particolare dello streaming. Per quanto riguarda la sua carriera solista, su Spotify sono disponibili solo un album live del 2012 ( Live Blood) e qualche canzone sparsa in colonne sonore (come  Solsbury Hill da Vanilla Sky e Down To Earth da Wall-E). Va un po' meglio per il suo periodo Genesis (1969-1974), di cui c'è praticamente tutto tranne The Lamb Lies Down on Broadway (1974).  
TOOL  
La band americana guidata da Maynard James Keenan è forse l'ultima a essere rimasta fedelissima alla regola della “integrità dell'album”. O lo si acquista per intero, o niente. Per questo – caso più unico che raro nel panorama musicale contemporaneo – i quattro dischi dei Tool non sono disponibili non solo in streaming, ma nemmeno in download su iTunes.  
DRAG CITY  
Un paio d'anni fa, diverse etichette indipendenti manifestarono una forte insofferenza nei confronti dello streaming, rimuovendo i loro cataloghi dai servizi più popolari. Pian piano, sono tornate quasi tutte sui propri passi. Tra le poche che mantengono una politica di ferreo rifiuto c'è la Drag City di Chicago. Al grande pubblico, è un nome che non dirà molto. Per gli utenti Spotify appassionati di indie rock, vuol dire rinunciare ad alcuni ottimi album di Joanna Newsom, Bonnie “Prince Billy”, Bill Callahan... 
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