The Giver - Il mondo di Jonas - Trailer Ufficiale Italiano

Tratto dall'omonimo romanzo distopico per ragazzi della scrittrice statunitense Lois Lowry, con Meryl Streep, Alexander Skarsgård, Jeff Bridges, Katie Holmes, Brenton Thwaites e Taylor Swift.

Il caso Lana Del Rey. Naturale trionfo di una star artificiale

L'artificiale è la sua vera natura. Per questo, Lana Del Rey, un prodotto musicale creato in laboratorio, risulta comunque credibile.
Nata a New York nel 1986, proviene da una breve carriera di insuccesso di cui ha cercato, senza troppa convinzione, di cancellare le tracce. Nel 2011 Lizzy Grant dunque si è trasformata in Lana Del Rey, icona del rock alternativo (alternativo a che? boh, si dice così) capace di entrare in questi giorni ai primi posti delle classifiche mondiali, inclusa quella italiana (medaglia d'argento, dopo i Dear Jack), con Ultraviolence, il suo «secondo difficile disco», difficile perché segue il boom inatteso di Born to Die (2012).
La metamorfosi è stata musicale ma anche fisica, con ampio ricorso alla chirurgia plastica. Il nuovo stile, quello attuale, prevede ampi richiami all'immaginario anni Cinquanta, ballate ammantate di mistero, testi da b-movie hollywoodiano, tutti Arancia meccanica in provincia, sadomasochismo, sottomissione al maschiaccio, prigione, tatuaggi, sogni infranti e dipendenze varie. Nel complesso, Lana Del Rey è roba da far diventare verdi le femministe, che infatti sono diventate verdi di fronte a Ultraviolence, Lana in copertina in bianco e nero con l'aria tra l'angelico e lo sciupato. Il titolo suggerisce che farà una brutta fine come da copione telefonatissimo... Sul fronte video, l'opzione è un singolare mix che la pone a metà strada tra il David Lynch di Eraserhead e uno spot patinato di Calvin Klein. Alla direzione musicale, Del Rey ha chiamato Dan Auerbach, il miglior fighetto del bigoncio, mente e chitarra dei The Black Keys, che ha approntato una scaletta irresistibile nella sua prevedibilità. Suoni e melodie vintage, molto Ennio Morricone, molto Chris Isaak (l'autore di Wicked Game), ritmi ipnotici anni Novanta di scuola trip hop. La critica ha apprezzato all'unanimità. Tra i co-autori di Lana, che firma tutti i brani originali, a sorpresa, c'è lo stracult Harmony Korine, regista di uno dei film più amati e odiati degli ultimi anni, Spring Breakers (subito accusato di «fascismo estetico» per motivi che sfuggono alle persone normali). Sul fatto poi che Lana sia davvero una cantante, c'è da dubitare, se «cantare» include anche l'essere in grado di affrontare il palco senza deludere il pubblico con la assiduità segnalata dalle riviste musicali che ancora fanno recensioni dei live. Eppure su disco la sua pronuncia imperfetta non fa prigionieri: si vede che il concerto non è la sua dimensione o che in studio sanno come trattare la sua voce.
Insomma, ci è o ci fa? Ci è perché ci fa. Sulla carta sembrerebbe da archiviare nel «reparto pacchi» ma all'ascolto i brani catturano, e la programmatica artificiosità, paradossalmente, garantisce la credibilità dell'operazione. Lana stessa ammette che il «mio personaggio ha poco a che vedere con la vita privata». In fondo Del Rey offre una buona lezione su cosa sia il pop: dare vita a un personaggio che, per motivi talvolta insondabili, tocca il cuore o un nervo scoperto delle masse. Certo, quando si è un personaggio, il rischio è di esagerare, e di andare a sbattere contro la realtà.
Qualche giorno fa, la cantante ha confidato a un giornalista del Guardian, nel corso di una intervista: «Vorrei essere già morta». Forse per emulare Amy Winehouse o Kurt Cobain che, nella stessa occasione, ha citato come suoi «miti». La dichiarazione da gattamorta nichilista ha fatto infuriare un mucchio di gente. A questo punto è intervenuta sui social network Francis Bean Kobain, la figlia di Kurt, che ha mandato a quel paese Lana: «Non ho mai conosciuto mio padre perché è morto giovane e la sua morte è diventata una prodezza perché alcune persone come te pensano che sia cool». Del Rey ha cercato di innestare la retromarcia, «sono stata travisata», «sono frasi estrapolate dal contesto», «non volevo neppure parlare». Ma è stata inchiodata dalla registrazione audio pubblicata dal sito del quotidiano inglese. Ecco cosa succede quando si entra troppo nella parte...
http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/1032606.html

Child of God: nuovo trailer del film di James Franco

Ecco un nuovo trailer del film Child of God diretto da James Franco, che abbiamo visto e recensito quest’anno al Festival di Venezia. La pellicola tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore Cormac McCarthy vede protagonista Scott Haze nei panni del disadattato Lester Ballard. Nel cast compare anche lo stesso James Franco.
Ambientato nella località montuosa di Sevier County, nel Tennessee, Child of God racconta la storia di Lester Ballard, un uomo disadattato e violento che viene descritto dall’autore come “un figlio di Dio proprio come voi stessi”. La vita di Ballard è un disastroso tentativo di esistere al di fuori dell’ordine sociale. Privato successivamente dei genitori, della casa e dei pochi altri legami, Ballard discende letteralmente e metaforicamente al livello di un cavernicolo e sprofonda nel crimine e nella degradazione.
Il film ha destato sensazioni contrastanti. E’ senza dubbio una buona opera ma, come tutte le opere tratte dai romanzi di McCarthy, risente della pesantezza psicologica ed emotiva che pervade tutta la sua opera.
http://www.cinefilos.it/cinema-news/2014b/child-of-god-trailer-film-james-franco-138000

Cher, mai dire mai. A 68 anni è "Dressed to kill"

È una Cher in versione esotica, decisamente da copertina, quella del "Dressed to Kill Tour", qui fotografata durante la tappa di Calgary, sul palco dello Scotiabank Saddledome. Il tour della 68enne cantante americana, l'ottavo in carriera, fa da supporto all'ultimo album di studio "Closer to the Truth", il suo venticinquesimo. Il tour è partito a marzo da Phoenix e l'11 luglio a San Diego consumerà la sua ultima tappa della prima tranche.  Ma tornerà a settembre con un altro corposo giro di date.













http://www.repubblica.it/spettacoli/people/2014/06/27/foto/cher-90155957/1/#1

Un EP con tre inediti per i Coldplay

Le sessioni di registrazione di 'Ghost Stories' evidentemente sono state più ricche di idee di quanto palesato nell'album uscito il mese scorso. Hanno infatti prodotto quantomeno tre canzoni in più, tanto che i Coldplay le faranno uscire tra pochi giorni.
Uscirà infatti il 29 giugno 'A Sky Full Of Stars EP', che oltre all'ormai celebre brano prodotto da Avicii (qui nella sua "radio edit") contiene per l'appunto i tre inediti già presenti sull'edizione deluxe americana. Si tratta di 'All Your Friends', della mancata title-track 'Ghost Story' e della reprise di 'O'. L'EP nei negozi del Regno Unito avrà il prezzo bloccato di 1,99 sterline.
http://www.indie-rock.it/news_look.php?id=11153

La straordinaria Lana Del Rey aprirà il Monte-Carlo Sporting Summer Festival

Venerdì 4 luglio con un concerto eccezionale nella mitica Salle des Etoiles dello Sporting Monte-Carlo.
Gran ritorno di Lana Del Rey un anno dopo il suo concerto all’Opéra Garnier di Monte-Carlo !
La nuova icona pop statunitense è salita alla ribalta internazionale grazie al suo hit Video Games, che sul web s'è trasformato in un autentico fenomeno.
Influenzata dai lungometraggi di David David Lynch e dalle colonne musicali originali dei film anni '50, è riuscita a ottenere una miscela di generi - canzoni epiche che attingono alle radici dell'hiphop USA anni '80, aggiungendoci il suo particolare «Del Rey touch». Con il suo look originale, il timbro vocale vellutato e sensuale, ama descriversi come una «Lolita smarrita nei bassifondi».
Un avvenimento da non perdere, per cominciare al meglio l'estate monegasca!
Fin da giovanissima, Lana ha cominciato a cantare nella corale della chiesa del suo quartiere, quindi, a 19 anni, ha preso esibirsi nei bar di New York, per poi firmare quasi subito il suo primo contratto con la label «Indie 5».
Dopo l'uscita dell'album «Born to Die», quello della sua rivelazione, s'è lanciata anche nella realizzazione di cortometraggi. Attualmente è al lavoro su un nuovo album, intitolato «Ultraviolence», annunciato per fine giugno due 1014.

Lana Del Rey - venerdì 4 luglio 2014
Monte-Carlo Sporting Summer Festival 2014 
Salle des Etoiles, Sporting Monte-Carlo

Cena-spettacolo: 190 € per persona, bevande escluse 
Apertura al pubblico: ore 20
Cena: ore 20.30
Show: ore 22.30

Si esige un abbigliamento corretto, è obbligatoria la giacca
Minori accompagnati dai genitori: età minima anni 7
http://www.montecarlonews.it/2014/06/25/notizie/articolo/la-straordinaria-lana-del-rey-aprira-il-monte-carlo-sporting-summer-festival.html

VINCENT CASSEL: “KEEP THE MYSTERY ALIVE”

Mr. Cassel, how come you always play such raw characters?
I guess because that’s what attracts me, really. Even when I watch people in real life. In French we call it à plusieurs couches.
Are you talking about multi-layered personalities?
Yes. The way people behave, the paradoxes, the contradictions. All these things we have to live with and still pretend that everything is only black or white. That, I think, is the most interesting thing in human nature. The fact that we have to do one thing and pretend something else. That’s when it becomes very interesting. If you can literally speak the way you feel, then it’s not interesting anymore. It’s when you have to lie that it becomes interesting.
Where do you think your interest in this comes from?
I don’t know, I started this career dreaming about Jean Gian Maria Volontè and Robert De Niro and they never really played nice, clean cut, crispy-clean kind of guys. They always played characters that were spiteful but at the same time fascinating. By the time I started to make movies that is the kind of thing that I chose. I think they’re just more interesting. And in a way I think they represent life better than heroes and the so-called good guys, really.
Speaking of De Niro, I once spoke to a director who had worked with him and he told me that there is something about De Niro, without him having to do anything at all, that scared him. I think people also have this kind of fear with you. Have you experienced that in the past?
Yeah, of course. When people see you doing those kinds of characters, then they don’t know. But it’s just acting and that’s fine. Plus, the mix of those two things keeps the mystery alive.
Is it easy to direct you? Do you argue with your directors?
No, no, no. I’m very confident with the director. If I say yes to a movie, it’s because the guy is fascinating in my eyes and I’m interested in the way he does things and I want to learn more. So yes, if I’m in the hands of somebody that I don’t trust then it’s going to be hard to direct me, but I never get into that position anymore. I do think it’s good when people never really know what your next move is going to be, whether you’re nice or not. I think it’s important for an actor to keep that thing. If you appear too much as yourself, if you talk too much about who you are, then people don’t care. They know you.
Do you feel that people also show off too much of themselves for the media, that the star is more important than the actor and they can’t disappear behind a role anymore?
It depends on who you are. Some people still manage to disappear. The problem is that the system is made in a way where it’s very hard to escape, you get trapped very easily. I used to be a little more rude. Every time somebody would talk to me about my wife or my kids I would just cut off. But then again, I’d rather be polite because you don’t have to be rude to people.
You seem to try to separate certain things from each other. Work and family. Even friends and family. Your wife Monica Bellucci once told me you don’t even have the same friends, which seems quite unusual.
But I think it’s pretty healthy. We have something in common – we do the same kind of business, but then, you know, to share the friends… I like it how we do it. I think it’s healthy – everybody has freedom, their own lives. If you stick together it’s not because you have to, it’s because you feel like it.
Talking about the freedom, is the constant travelling and not really living at one place part of that as well? Do you enjoy that?
I don’t know. We’re traveling a lot, it’s a way of living. It’s a little more expensive I have to say. But altogether it’s great to do these kind of things while you can, because after a certain point I guess you just stop because either you’re too old or your kids don’t want to move anymore. But right now that’s how we live. I love it actually. It definitely gives you a sense of freedom.
Did a search for freedom also influence your decision to become an actor?
The thing is that I really grew up on set and backstage and in theaters, so the minute I wanted to take control of my life, the easiest thing to project myself with was the stage, really. Not even movies at the time. It was more like: I could do this and show it. And that’s how I started. We had a show with my friends from the circus school and we would go and do it in the street. It was very immediate. It’s very easy, you don’t need money, you just need to train and just do it and if it’s good people stay and give you money, otherwise they just leave and whistle. So I don’t know, it was just the easiest thing for me to do.
I am sure back then the whistling was part of the game. But does is bother you if a movie is not successful nowadays?
A movie has to be different, unique, not something you’ve seen before. Yeah and then it’s interesting. Maybe it’s not box office wise a huge success, maybe some critics are not going to like it, or even hate it eventually, but at the end, as an audience, if you see something that doesn’t look like anything else, you didn’t waste your time.
With that attitude you’ve managed to be referred to as a big star of European cinema. Do you like that description?
I don’t mind it, you know. It’s not totally true, by the way. Maybe from an American point of view Europe is one big thing, but – as you know – Germany is very different from France, is very different from Italy. It’s not like that really. But I guess from that side of the Atlantic, it’s a vision. It’s a possible vision of what we do.
In comparisson to European cinema, US films are often labeled as too mainstream and two-dimensional, yet you’ve managed to show that there is much more to it by working with people like Aranofsky and Cronenberg.
First of all I think people have a tendency to confound American cinema and studio cinema, which is very different. I mean, Black Swan, the Darren Aronofsky movie, is not a typical American movie. If you want to make a long story short, I guess it’s very much about the end of the movie. If it’s a happy end, you know, it will be more American. If it’s not as clear who’s the bad guy, who’s the good person, then it’s a little more European (Laughs).
http://the-talks.com/interviews/vincent-cassel/

Concerto Rolling Stones, Codacons provoca il Comune: per il concerto di Madonna paghiamo noi

(MeridianaNotizie) Roma, 24 giugno 2014 – “Con una provocazione il Codacons torna oggi sul caso dei monumenti della capitale ceduti per pochi spiccioli in occasione di concerti ed eventi, annunciando al contempo un nuovo esposto alla Corte dei Conti“. Così, in una nota, il Codacons. “Invitiamo Madonna a tenere un concerto al Colosseo, e le spese per la tassa di occupazione di suolo pubblico saranno a totale carico del Codacons. In tal senso abbiamo già avviato le pratiche per prendere contatti con l’entourage dell’artista – afferma il Presidente Carlo Rienzi – Considerati infatti gli 8mila euro incassati dal Comune per il concerto dei Rolling Stones al Circo Massimo, le cifre da pagare all’amministrazione capitolina per eventi di tale portata sono assolutamente ridicole.
Molto meglio, allora, concedere gratuitamente monumenti e siti storici, così da non dare la spiacevole sensazione di una “svendita in saldo” dei nostri beni culturali”. Oppure – prosegue Rienzi – il sindaco Ignazio Marino deve stabilire tariffe più eque per l’utilizzo delle aree di interesse culturale della capitale, cui devono sottostare tutti gli organizzatori di eventi, di qualsiasi natura essi siano. Il Codacons annuncia inoltre un nuovo esposto alla Corte dei Conti, affinché verifichi il danno erariale e per la collettività determinato dalla concessione del Circo Massimo ai Rolling Stones per l’irrisoria cifra di 8mila euro, e perché indaghi sui costi delle concessioni per tutti gli altri monumenti della capitale”.

Lana Del Rey, su Twitter è attacco al Guardian

Dopo l'intervista del "Vorrei già essere morta", Lana Del Rey ci ripensa e accusa il quotidiano inglese di aver estorto le sue dichiarazioni
Dichiarazioni esplosive. Lana Del Rey replica a muso duro al Guardian, reo di aver pubblicato un controverso articolo sul suo desiderio di morire che ha comprensibilmente scioccato i fan della songwriter americana. Facile prevedere reazioni dopo l’intervista del giornalista Tim Jonze in cui l’interprete di “Ultraviolence” si era lasciata scappare la frase “Vorrei già essere morta”. Jonze nel pezzo, oltre al passaggio incriminato, riportava anche altre dichiarazioni della Del Rey come “Non voglio continuare a fare questo mestiere…”. A coronamento del tono dark dell’intervista il fatto che Lana avesse citato come suoi idoli musical Amy Winehouse e Kurt Cobain, entrambi morti all’età di 27 anni. A distanza di una settimana, però, la cantante, forse preoccupata dalle reazioni dei fan, ha replicato con una serie di tweet (poi rimossi) dove diceva che le dichiarazioni le erano state estorte con l’inganno e di “essere rammaricata per essersi fidata del Guardian. Non volevo concedere l’intervista, ma il giornalista è stato insistente. Si è mascherato da fan per nascondere le sue sinistre ambizioni”. La cosa bizzarra è che nella sua replica Lana Del Rey non ha mai negato di aver pronunciato la frase incriminata.
La difesa del “Guardian”. A stretto giro è arrivata la risposta di Tim Jonze, autore dell’articolo, che ha rilasciato una nota per difendersi dalle accuse: “Non è mai piacevole chiedere a una popstar se trovi l’idea di morire attraente. Lei ha avuto l’opportunità di rifiutarsi, ma ha continuato a parlare dei suoi idoli, tutti morti giovani e del fatto che avesse chiamato il suo album di debutto ‘Born to Die’”. Poi Jonze ha pubblicato anche la “smoking gun”, postando l’audio dell’intervista.
http://www.105.net/musicbiz/news/tipo/magazine/titolo/lana-del-rey-su-twitter-e-attacco-al-guardian

The Interview – La Nord Corea attacca il film con Franco e Rogen

La Corea del Nord attacca l’ultimo film di Seth Rogen e James Franco, The Interview, in cui il duo è incaricato di assassinane il leader Kim Jong-un. Il portavoce non ufficiale Kim Myong-chol…
Deve ancora uscire nelle sale l’ultima commedia di James Franco e Seth Rogen, The Interview, un film in cui i due attori interpretano rispettivamente il presentatore e il produttore di un talk show americano, Skylark Tonight. I due vengono incaricati dalla CIA di uccidere Kim Jong-un, dopo aver scoperto che il dittatore nord coreano è un fan del loro programma. Ma il trailer ha già suscitato qualche prima reazione nel regime.
Kim Myong-chol, spesso descritto come il portavoce non ufficiale del leader supremo Kim Jong-un e direttore esecutivo del Centro per la Pace tra nord coreani e americani, ha dichiarato in un’intervista con il Telegraph che
“C’è una speciale ironia in questa storia che mostra la disperazione del governo americano e della società americana. Un film sull’assassinio di un leader straniero rispecchia quello che gli Stati Uniti hanno fatto in Afghanistan, Iraq, Siria e Ucraina. E non dimentichiamo chi ha ucciso [presidente John F] Kennedy – americani.
In realtà, il presidente [Barack] Obama dovrebbe fare attenzione nel caso in cui l’esercito americano volesse uccidere anche lui”.
Ma secondo Kim Myong-chol il dittatore probabilmente vedrà la pellicola, nonostante l’opposizione del governo. Una notizia questa che ha reso felice Rogen.
Kim Myong-chol ha inoltre espresso una preferenza per i film britannici perché quelli hollywoodiani sono pieni di assassini ed esecuzioni, aggiungendo:
“James Bond è un bel personaggio e questi film sono molto più divertenti”.
Chissà se nell’elenco dei film di Bond, Kim Myong-chol tiene conto anche di La morte può attendere, dove Bond deve sventare un piano della Corea del Nord che vuole invadere la Corea del Sud. Le anteprime del film hanno ottenuto delle reazioni miste, mentre online c’è chi si è dimostrato preoccupato di come il film prenda in giro la Nord Corea. Oppure comincia a dare al film una valenza politica. O ricorda pellicole simili.
QUI, potete rivedere il trailer
The Interview è diretto da Evan Goldberg e Seth Rogen mentre nel cast troviamo Rogen, James Franco, Lizzy Caplan, Randall Park eDiana Bang. L’uscita nei cinema americani è fissata per il 10 ottobre con distribuzione Sony Pictures.
http://blog.screenweek.it/2014/06/the-interview-la-nord-corea-attacca-il-film-con-franco-e-rogen-360758.php

Bjork in mostra al MoMA

Il 7 marzo 2015 inaugurerà una retrospettiva sull’artista islandese
I vent’anni dell’incredibile carriera di Bjork verranno onorati da una retrospettiva inaugurata al Museum of Modern Art di New York nel 2015.
La mostra includerà ogni aspetto dell’arte (di questo si tratta, in effetti) eclettica e sfaccettata della musicista/performer/visual artist islandese: dalla musica, agli abiti, ai video, ai film. Toccherà, in poche parole, tutti i versanti del contributo poliedrico di Bjork da Debut (1993) a Biophilia (2011). L’installazione sarà arricchita di una narrazione scritta dalla stessa Bjork e dallo scrittore Sjón Sigurdsson e culminerà in un’esperienza musicale e visiva inedita realizzata dal regista Andrew Huang e dal designer 3D Autodesk.
Avremo solo due mesi per ammirare la mostra: dal 7 marzo al 7 giugno 2015.
http://www.wired.it/play/cultura/2014/06/19/bjork-mostra-al-moma/

Coldplay, "A Sky full of stars": esce il video ufficiale girato per strada

Soprendente il nuovo video dei Coldplay del singolo "A sky full of stars", pubblicato proprio poche ore fa. Chris Martin e company sono stati immortalati per le vie di Sidney mentre cantano e suonano il loro pezzo in versione tacabanda!
Chris ha chitarra, cassa della batteria ed altri strumenti che lo avvolgono. Una folla di curiosi scatta foto, li osanna mentre paasseggiano per le vie della città australiana sino a quando tutti non pensano bene di seguirli nel loro tragitto. A quel punto, sul finale, scoppia una festa.
http://musica.excite.it/coldplay-a-sky-full-of-stars-esce-il-video-ufficiale-girato-per-strada-N150598.html

Lana Del Rey - Shades Of Cool

YouTube contro le etichette indie: che fine faranno Adele e Radiohead?

Nel giro di pochi giorni YouTube potrebbe bloccare i contenuti delle etichette indipendenti che non hanno firmato il nuovo accordo per lo streaming video.
Artisti del calibro di Adele, Radiohead e Arctic Monkeys (guarda caso tutti inglesi) potrebbero presto scomparire da YouTube. Il sito di proprietà Google sta per lanciare un nuovo servizio di streaming musicale e, a quanto pare, ha già siglato accordi con le tre principali major (Sony, Warner e Universal). Ma le etichette indipendenti hanno rifiutato di firmare condizioni così sfavorevoli per loro.
I termini imposti dalla piattaforma di video sharing non sono negoziabili e offrirebbero tariffe inferiori rispetto ad altri servizi di streaming, come Spotify, Deezer, ecc. Due settimane fa, le label indie hanno chiesto alla Direzione generale della Commissione europea per la Concorrenza di intervenire d'urgenza vietando a YouTube di prendere provvedimenti fino a quando non si arriverà a una soluzione definitiva.
Ma sembra che YouTube sia proprio sul piede di guerra, sicuro della sua forza economica. In un'intervista al Financial Times, il capo dei contenuti Robert Kyncl ha affermato che il blocco dei video di artisti indipendenti potrebbe essere "una questione di giorni" se le etichette continuano a rifiutare di firmare. Alcuni contenuti saranno ancora disponibili sui canali Vevo, ma i contenuti esclusivi come interviste e performance dal vivo spariranno.
"Se da un lato ci auguriamo di avere un tasso di successo del 100 per cento, dall'altro capiamo che non è un obiettivo facilmente raggiungibile e quindi è la responsabilità verso gli utenti e l'industria che ci dice di avviare un'esperienza musicale avanzata." 
A quanto pare il nuovo servizio premium YouTube sarà un mix di pubblicità e servizi a pagamento (il prezzo non è ancora stato annunciato) e permetterà agli abbonati di scaricare album interi per l'ascolto offline. Si dovrebbe chiamare YouTube Music Pass e dovrebbe arrivare entro la fine dell'estate.
Perdere artisti come Adele, Radiohead e Arctic Monkeys di certo non aiuta, soprattutto considerando che YouTube, nato come "una piattaforma di distribuzione per creatori di contenuti originali e inserzionisti grandi e piccoli", è sempre stato sinonimo (più o meno) di libertà!
http://allsongs.tv/radiohead/news/youtube-contro-etichette-indie-che-fine-faranno-adele-e-radiohead/

Meryl Streep interpreterà Maria Callas nel film sulla sua vita

Meryl Streep, riconosciuta come una delle più importanti attrici viventi e una delle icone femminile del mondo dello spettacolo, sarà protagonista del film sulla vita di Maria Callas, nota ai più con l'appellativo La Divina, titolo conquistato grazie all'inconfondibile tibro vocale che la condusse ad un successo di livelli planetari. Vincitrice di tre Oscar e detentrice del record per le nomination ricevute, Meryl Streep sarà la protagonista principale di questo nuovo film targato HBO e dedicato alla vita della cantante di origini greche, ispirato al dramma teatrale di Terrence McNally, Master Class.
A reggere le redini della regia ci sarà Mike Nichols, regista del celebre Il laureato che consacrò Dustin Hoffman al successo e che divenne una delle pellicole cult nella storia del cinema. Nichols ha anche diretto, tra gli ultimi lavori, "Closer" e "La guerra di Charlie Wilson". Secondo le prime indiscrezioni, pare che le riprese avranno inizio a partire da gennaio 2015, dopo che la Streep avrà portato a termine un altro progetto musicale, diretto da Jonathan Demme e su sceneggiatura di Diablo Cody, in cui figura come protagonista nel ruolo di una rock star in declino che tenta di riavvicinarsi ai propri figli.
http://cinema.excite.it/meryl-streep-interpretera-maria-callas-nel-film-sulla-sua-vita-N150553.html

Madonna in prima fila al debutto del musical su Tupac

C'era anche Madonna tra gli invitati alla preview di "Holler if ya hear me", il musical ispirato alla vita del rapper Tupac Shakur, ucciso nel 1996
La vita di Tupac. Avrebbe compiuto 43 anni il 16 giugno Tupac Shakur, leggendario rapper assassinato nel 1996 a soli 25 anni. Nella sua breve carriera Tupac ha influenzato moltissimi colleghi col suo talento ed è proprio per questo carisma andato disperso così prematuramente che da quasi vent’anni numerosi artisti gli fanno continuamente omaggio. Tra questi, ora, c’è anche Madonna, che ha fatto di tutto per presenziare alla preview di “Holler if ya hear me”, il musical di Broadway ispirato alla vita di Tupac Shakur. La signora Ciccone, amica e fan di Tupac, ha infatti assistito allo spettacolo a New York, andato in scena esattamente nel giorno del compleanno del rapper, invitata con la madre di Tupac, Afeni Shakur, al musical che utilizza la musica del compianto rapper. Lo spettacolo, che aprirà i battenti ufficialmente questo giovedì al Palace Theatre di Broadway, è diretto da Kenny Leon, che ha recentemente vinto il suo primo Tony Award (gli Oscar del teatro Usa) per la miglior regia con il suo revival di “A raisin’ in the sun”.
Il musical. “Holler if ya hear me” non è propriamente uno spettacolo biografico, piuttosto è incentrato sulle canzoni e i testi di Tupac Shakur per raccontare una storia di lotta metropolitana, amicizia, famiglia, vendetta e speranza. Le coreografie sono firmate da Wayne Cilento. Nell’anteprima dello spettacolo è stato proprio Kenny Leon a presentare l’opera, salendo sul palco prima del suo inizio, e annunciando al pubblico che stava per assistere a una “rivoluzione” in teatro. Gli omaggio a Tupac, però, non finiscono qui: attualmente è in lavorazione anche un film sulla sua vita, intitolato semplicemente “Tupac” e diretto da John Singleton.

http://www.105.net/musicbiz/news/tipo/magazine/titolo/madonna-in-prima-fila-al-debutto-del-musical-su-tupac

Sinead O'Connor, in streaming il nuovo singolo

Non solo il cambio di look: Sinead O'Connor è tornata in forma anche sul versante musicale. Su NPR, infatti, si può ascoltare il nuovo singolo, Take me to chuch, tratto da I'm not bossy, I'm the boss, il disco in uscita il prossimo 12 agosto. Un brano incalzante, vivace, che fa ben sperare per il ritorno in scena della O'Connor: potete ascoltarlo a questo link
Attraverso il suo blog, la O'Connor ha fatto sapere che il titolo del disco deriva dalla campagna "Ban Bossy" lanciata da Sheryl Sandberg in sostegno del "girl power". Originariamente, l'album doveva chiamarsi The Vishnu room: il cambio di titolo è stato effettuato in extremis, nonostante fosse già in stampa il materiale grafico.
Take me to chuch sarà pubblicata in formato singolo l'11 agosto. Il giorno seguente, la O'Connor sarà impegnata con il primo live, il concerto alla Roundhouse di Londra. Ecco la tracklist completa di I'm not bossy, I'm the boss:
1. How about I be me
2. Dense water deeper down
3. Kisses like mine
4. Your green jacket
5. The Vishnu room
6. The voice of my doctor
7. Harbour
8. James Brown (with Seun Kuti)
9. 8 Good reasons
10. Take me to church
11. Where have you been
12. Streetcars
http://www.labottegadihamlin.it/news/9020-sinead-oconnor-in-streaming-il-nuovo-singolo.html

Lana Del Rey "ULTRAVIOLENCE" recensione di OndaRock

E’ l’ora della verità per Lana Del Rey: “Born To Die” è stato 
un evento musicale o è un falso?
I complottisti sono già tutti agitati come ai tempi del libro di Bill Kaysing “Non siamo mai andati sulla Luna”, e tutto sembra accreditare le ipotesi della inconsistenza dell’evento discografico (oddio, molti lo pensano, senza neppure caldeggiare l’idea della macchinazione o del falso storico). Kaysing affermava che negli anni 60 la tecnologia non era sufficiente per andare sulla Luna, i complottisti moderni sostengono che l’evoluzione scientifica ha dato vita a un mondo virtuale dove tutto è possibile, con la Del Rey a essere solo l’ultima versione delle eroine alla Lara (notare la coincidenza) Croft. Gli americani finsero di andare sulla Luna per motivi economici, il complotto Rey serve per ricreare suggestione intorno a un mercato discografico in perenne crisi. 
Ovviamente Stanley Kubrick (il titolo è comunque un omaggio al suo “Arancia Meccanica”) non era più disponibile per realizzare i falsi filmati della impresa discografica, ed ecco spuntare il nome di David Lynch, il regista perfetto per dar vita a una diva contemporanea dai contorni misteriosi e ambigui. Questa storia sembra comunque piena di ombre e luci, a partire dalla bandiera patriottica sventolante nel preview di “Born To Die”: che sia la stessa dell’allunaggio? Le labbra di Lana sono così grandi solo per un errore fotografico di prospettiva che non ha tenuto conto delle luci e dei riflettori, o è una grossolana distrazione del regista? I ritocchi fotografici servono a nascondere la sua vera natura?
Complotti e scherzi a parte, un dato di fatto incontrovertibile è il successo di “Born To Die”: il nome di Lana Del Rey è uno dei pochi entrati nell’immaginario comune (un tempo definito collettivo), uno dei pochi idoli contemporanei noti sia al giovane fan della musica indie che all'attempato adoratore dei Pink Floyd o dei Radiohead, e giuro che non c’è nulla di più divertente che vedere le smorfie sul volto di un amico a cui chiedi: “Ti piace?”. 
Il successo della cantante indiscutibilmente è frutto anche di un perfetto marketing, che è riuscito a concentrare l’attenzione sul personaggio oltre che sulla musica. La differenza però con quegli artisti che negli ultimi anni hanno rappresentato la pop music da classifica (Rihanna, Kanye West, Beyoncé , Justin Timberlake, Lady Gaga, Pharrell Williams) è data dalla consapevolezza artistica della protagonista e dal suo coinvolgimento creativo più intimo, meno legato alle logiche delle classifiche.
“Born To Die” era un disco dal fascino ruffiano e trasversale, capace di conciliare mainstream e fenomenologia indie, ma quelle canzoni rappresentano l’identità che Elizabeth Woolridge Grant (il vero nome) ha voluto dare alla sua creazione: il fascino glamour, il tocco dark alla Lynch, i temi ricorrenti della morte, del sesso e i rituali associati a questi elementi (amare cattivi ragazzi e vestirsi/svestirsi di rosso fuoco) sono la sceneggiatura entro la quale l’artista si muove a suo agio, una realtà virtuale dove poter essere autentica e artefatta nello stesso istante. 
Non è quindi strano che “Ultraviolence” suoni come un sequel di un colossal di successo, ma quello che subito colpisce l’attenzione anche dell’ascoltatore più distratto e cinico è il nuovo abito sonoro cucito intorno alle canzoni, un raffinato timbro monocromatico infarcito di blues, country, dream-pop, che svela di continuo infinite sfumature. 
I complottisti avranno vita dura nel demolire la nuova impresa della ventottenne di New York: le undici canzoni di “Ultraviolence” (quattordici nella limited-edition) sono ancor più intense, e se molti le troveranno simili o affini è solo perché la personalità di Lana Del Rey emerge su qualsiasi cosa lei canti, anche adesso che la sua voce sembra rivolgersi con toni estatici a un pubblico di anime erranti senza corpo. 
Non ci sono più le orchestrazioni possenti e si sono diradate le melodie cantilenanti: qui il languore lirico segue le orme più di “Body Electric” e “Yayo” del “Paradise Ep” o della sua irraggiungibile “Video Games”, l’energia delle chitarre e un uso più intenso di echi e riverberi amplia il pathos e la magniloquenza delle sonorità, preservando quella densità sensuale da set cinematografico erotic-noir, anche se ascolti ripetuti svelano sempre nuove fonti di piacere come il tono quasi shoegaze di "Cruel World". 
Gli amanti di dietrologia stiano tranquilli, perché svanita la coltre di gossip e di inutili teoremi sulla figura femminile-femminista di Lana Del Rey, quello che resta è un album di belle canzoni il cui potere persuasivo cresce nel tempo: il primo singolo “West Coast” è l’unico brano dove sono rimaste tracce di quel trip-hop che si agitava in molte tracce di “Born To Die”, ma il produttore Dan Auerbach (sì, quello dei Black Keys) ha trasferito le pulsioni ritmiche in un contesto roots che il coro angelico alla Julee Cruise rende ancor più drammatico e aspro. 
Le successive pillole-video di “Shades Of Cool” e “Ultraviolence” hanno reso ancor più evidente il tono narcolettico dell’album e la maggiore natura psicologica della scrittura di Lana Del Rey, ormai decisa a sfondare il confine tra pop e songwriting dopo aver sconfitto il preconcetto di indie against mainstream.
“West Coast” non ha conquistato le classifiche (un timido 20° posto in Inghilterra) ma la title track sembra aver le caratteristiche giuste per affascinare quel pubblico che conosce la sua voce attraverso le colonne sonore di “Maleficent” e “Il Grande Gatsby”. Soave e ricco di atmosfere sognanti, "Ultraviolence" è un brano apparentemente innocuo, che detta però le coordinate dell’intero lavoro, una raccolta di canzoni che parlano di drammi personali, sogni infranti, amicizie spezzate in un concept-album più coeso e maturo del fortunato predecessore.
Non è un album nato per esigenze contrattuali o per raccogliere il successo del precedente capitolo: la mancanza di un singolo trascinante non è casuale. “Shades Of Cool” è lo schiaffo lirico più netto con il passato: l’ariosa ed eterea melodia, meno barocca che in passato, mette insieme Pink Floyd, Cocteau Twins, Portishead e Goldfrapp diventando uno dei punti di forza di “Ultraviolence”. Lana non ha dato credito a chi aveva già condannato “West Coast” come un suicidio commerciale: lei era più stimolata dalla possibilità di incontrare Lou Reed per proporgli una collaborazione in “Brooklyn Baby” (il controcanto che si ode evoca il suo inconfondibile stile), ma il suo sogno si è infranto poche ora prima della morte del musicista. Per fortuna la viziosa e polverosa ballad è qui a far luce come un faro: una brillante intuizione lirica destinata a raccogliere le gesta di “Video Games”. 
Quello che sorprende è la più coesa e imperturbabile qualità delle canzoni, il quasi blues di “Sad Girl” farebbe gridare al miracolo in qualsivoglia altro album pop, mentre qui è solo un’altra buona canzone, mentre un singolo potenzialmente trascinante come “Money Power Glory” è abbandonato in mezzo alle due canzoni più crude, ovvero la straziante preghiera stile Patti Smith/David Gilmour di “Pretty When You Cry” e la scontrosa “Fucked My Way Up To The Top”, che indugia senza la stessa verve sulle ossessioni liriche e musicali della musicista, restando a conti fatti l’episodio più debole dell’album.  
A questo punto è chiaro al lettore che l’autenticità e la pretesa mistificazione del personaggio poco importano. “Ultraviolence” è un film ancora più avvincente e convincente di “Born To Die”: l’urgenza e la volontà di riscatto e affermazione che premevano dietro le fastose ed epiche pagine del precedente capitolo sono lontane, in questo estatico e stregato mondo dell’artista c’è più spazio per il sogno e il romanticismo, come è evidente nelle due tracce conclusive del disco. Piano, violini e voce sono al loro picco emotivo nel travolgente romanticismo di “Old Money”, dove si avvertono raffinate citazioni di Nino Rota, e la cover di “The Other Woman” di Jessie Mae Robinson (portata al successo da Nina Simone e poi interpretata da Jeff Buckley e Sarah Vaughan) palesa ancor di più il carattere onirico delle canzoni di “Ultraviolence”, con quel canto rapito da un vecchio grammofono, chiudendo alfine il cerchio che lega inesorabilmente l’artista con il passato del divismo americano. 
Nonostante il gossip e le inevitabili critiche che faranno seguito all’album (ovviamente potete sempre protendere per l’ipotesi dell’inesistenza di una teoria del complotto e diventarne voi stessi parte integrante), la qualità delle canzoni sposta l’analisi sulla musica. Per coloro che sceglieranno di acquistare la limited-edition sarà interessante scoprire che tra esse si nasconde uno dei brani dalle sonorità più innovative e interessanti, ovvero il quasi psych-blues di “Guns And Roses”, ma anche una esoterica performance vocale (“Black Beauty”) e un altro strappo deciso con la musica pop da classifica (“Florida Kilos”), tre brani esclusi per una minore incisività sonora e un'atmosfera più grezza. 
Mi dispiace per tutti quelli che attendevano al varco Lana Del Rey per vendicarsi del suo successo. Lei è qui, affascinante e misteriosa come sempre, solo che non è la nuova Madonna o la risposta a Rihanna: lei è forse la nuova Julie London, la pin-up del nuovo sogno americano, dove la donna oggetto si è mutata in una consapevole protagonista di un gioco dei sentimenti nel quale nessuno è vittorioso.
http://www.ondarock.it/recensioni/2014_lanadelrey_ultraviolence.htm

Il tormentone di quest'estate? "Voglia Zero" arrivano i Gagsters!

Ecco il primo singolo dei Gagsters, in autunno l'album. Follow Gag!

Il film della Colagrande e la «morte» della Abramovic

Fino al 21 giugno il Teatro dell'Arte della Triennale propone il film di Giada Colagrande, «Bob Wilson's life and death of Marina Abramovic». La famosa artista serba Marina Abramovic, nota per le sue performances estreme, un giorno ha chiesto a Robert Wilson di filmare il proprio funerale. Dall'artista americano non poteva che nascere un'opera teatrale che ha coinvolto la stessa Abramovic, l'attore americano Willem Dafoe e il cantante Antony Hegarty, leader del gruppo Antony and the Johnsons: uno degli spettacoli definiti tra i più belli e originali della lunga e blasonata carriera di Wilson.
http://www.ilgiornale.it/news/milano/film-colagrande-e-morte-abramovic-1026813.html

JAMES FRANCO CONTRO KIM JONG-UN IN THE INTERVIEW

Seth Rogen al suo secondo film da regista per una commedia politicamente scorretta
“Dai porci capitalisti che hanno realizzato Cattivi vicini e Facciamola finita”, recita il poster di The Interview. Ironia scorretta già dalla locandina, per un film che sicuramente scatenerà polemiche: diretto da Seth Rogen e Evan Goldberg, The Interview vede infatti James Franco nei panni di Dave Skylark, il presentatore di un talk show scandalistico che accetta di recarsi in Corea del Nord insieme al suo produttore Aaron Rapoport (Rogen) per intervistare Kim Jong-un, fan del loro show. Le cose si complicano quando la CIA li incarica segretamente di assassinare il dittatore. Ecco il trailer.
In un mondo sempre più attento al politicamente corretto, la Corea del Nord resta l'unico “nemico” reale a poter essere utilizzato senza tante preoccupazioni al cinema. Eppure, c'è qualcosa di coraggioso nella scelta di incentrare la trama sulla potenziale eliminazione di Kim. Coraggioso o incosciente.
Il trailer gioca chiaramente con la supposta natura divina di Kim, e sospettiamo che il resto del film non sarà da meno nel prendersi gioco di uno dei più oppressivi regimi totalitari del mondo moderno. Resta da vedere se le battute si fermeranno in superficie o andranno a fondo. Una cosa è certa: il regime di Pyongyang non sarà felice in ogni caso del risultato.
The Interview, in uscita il 4 dicembre, sarà distribuito in Italia da Warner Bros.
http://www.film.it/news/film/dettaglio/art/trailer-james-franco-contro-kim-jong-un-in-the-interview-40425/

La nuova frontiera delle app entra nell'arte

Il MoMA acquista Biophilia di Björk per la sua collezione
La nuova frontiera delle app è entrata nell’arte: il MoMA di New York ha acquistato la prima della sua collezione.
Si tratta di Biophilia, app lanciata da Björk nel 2011 insieme all’omonimo album e creata in collaborazione con Scott Snibbe e gli M/M Paris, che subito ha attrirato l’attenzione di Paola Antonelli, Senior Curator del Dipartimento di Architettura e Design.
Già dal nome si capisce il legame con il mondo naturale. In Biophilia infatti natura, musica e tecnologia si incontrano, con la grafica 3D che svela qualcosa che altrimenti rimarrebbe nascosto.
La forza della app è quella di dare la possibilità di interagire con le 10 tracce contenute, ascoltarle, vedere i video e persino modificarle.
Dimenticatevi di avere un corpo e fatevi coinvolgere nell’ipnotico viaggio della musica di Björk.
Potete acquistare la app per iPad e Tablet Android a 11,99 € e 9,99 €.
http://www.myword.it/arte/news/58966

Winona Ryder incinta? Il pancione dell’attrice ‘colpa’ di Experimenter

L'attrice è nel cast del film indipendente con protagonista Peter Sarsgaard
Winona Ryder è incinta? L’attrice, attualmente sul set di Experimenter, ha sfoggiato una pancia assai sospetta mentre passeggiava a New York. Purtroppo per i fan, pare che Wynona si sia semplicemente dimenticata di togliere il costume di scena del film indipendente in cui recita con Peter Sarsgaard. Risultato? Il gossip su Wynona Ryder incinta è esploso, ma è tutta una bufala.
Spopolano sul web le foto di Wynona Ryder incinta (apparentemente), ma la colpa sarebbe tutta del copione del film Experimenter in cui la star recita accanto al bel Peter Sarsgaard. Le foto sono vere, ma la pancia della Ryder è finta, perché l’attrice andata a fare una passeggiata indossando i costumi di scena, che include appunto un finto pancione.
Experimenter – The Stanley Milgram Story racconta la vera storia dello psicologo Stanley Milgram che, nel 1961, fu responsabile di numerosi esperimenti alla Yale University, tra cui la serie nota come Obedience Experiments. Volendo rispondere alla domanda “Possibile che gli accoliti di Hitler stessero solo seguendo gli ordini?” (sottinteso: senza troppi scrupoli e senza far domande), Milgram dimostrò che persone comuni obbedivano ciecamente quando gli veniva ‘ordinato’ di dare scosse elettriche (in realtà false, ma a loro insaputa) a uno sconosciuto. Lo psicologo, interpretato da Sarsgaard, è noto anche per aver formulato la teoria dei sei gradi di separazione; Ryder interpreta Sasha Menkin, oggetto di studi e di ‘attenzioni’ da parte di Milgram.
http://www.nanopress.it/spettacoli/2014/06/13/winona-ryder-incinta-il-pancione-dellattrice-colpa-di-experimenter/16275/

Brian Wilson collabora con Lana Del Rey, Frank Ocean e Zooey Deschanel

Sono passati dieci anni dall'uscita di "Smile" ed il frontman dei Beach Boys, Brian Wilson, non ha di certo smesso di fare musica.
Se nell'ultimo periodo sembrava essersi dedicato a progetti inusuali come "What I Really Want For Christmas, Brian Wilson Reimagines Gershwin" e "In The Key Of Disney", il musicista è pronto a tornare sui suoi passi, stando a quanto riportato da Rolling Stone. 
Infatti, Wilson sarebbe al momento impegnato nella realizzazione di un nuovo album, che dovrebbe includere i frutti di tre collaborazioni diverse con Zooey Deschanel, Lana Del Rey e Frank Ocean, oltre al mirabile apporto di Joe Thomas, Jeff Beck, Al Jardine, David Marks e Blondie Chaplin.
"Le canzoni contenute nel nuovo album di Brian Wilson andranno dalla vivace 'Sharing a New Day' con Kacey Musgraves e la bossa nova in stile era spaziale 'On The Island' con Zooey Deschanel, fino alla tormentata 'Last Song' con Lana Del Rey. Forse interesserà anche 'Special Love", alla quale dovrebbe lavorare Frank Ocean'", scrivono sulle pagine della nota rivista musicale.
Brian Wilson si è subito dichiarato entusiasta del nuovo progetto discografico. Purtroppo, però, la reazione dei suoi fan non è stata altrettanto positiva, tanto che l'artista ha voluto rivolgersi a loro tramite Facebook:
"A tutti i miei fan: mi deprime un po' vedere tutta questa negatività riguardo l'album a cui sto lavorando. Nel corso della mia vita da musicista, mi è stato detto troppe volte di non stravolgere la formula, ma in quanto artista è mio lavoro farlo e credo di essermi guadagnato questo diritto."
Wilson ha poi aggiunto: "Sono molto orgoglioso di queste nuove canzoni e poter ascoltare le voci di questi grandi artisti sulla mia musica mi sorprende piacevolmente. Amo ciò che abbiamo creato insieme. Ho pensato che, dopo aver dedicato più di 50 anni alla musica, i miei fan avrebbero capito che faccio sempre ciò che mi sta a cuore e credo sia questo il motivo per cui siete miei fan. Quindi direi di aspettare che l'album esca, perché credo che possiate apprezzarlo tanto quanto lo apprezzo io."
http://www.comingsoon.it/news/?source=music&key=33708

Storm Thorgerson, visionario del rock: in mostra le sue cover

Il percorso espositivo allinea alcune delle copertine più celebri del fotografo morto un anno fa: da «The dark side of the moon» dei Pink Floyd ai dischi dei Muse.
È una delle copertine più famose del mondo del rock e, a realizzarla nei primi anni Settanta, fu Storm Thorgerson, fotografo di fama internazionale morto un anno fa all’eta di 69 anni. La cover in questione è quella di «Dark side of the moon» dei Pink Floyd, considerata da molti critici musicali come una delle più belle di tutti i tempi: da mercoledì prossimo, fino al 24 agosto, sarà esposta all’Arengario di Monza assieme ad altri 60 lavori dell’artista britannico nell’ambito di una mostra a lui dedicata dal titolo «The Gathering Storm. Dai Pink Floyd ai Muse, le grandi copertine rock di Storm Thorgerson» (da martedì a domenica 17 -23, ingresso libero).
Le incursioni nel pop e nell’heavy metal
Il rock non è fatto solo di musica, ma anche di immagini e suggestioni. Storm Thorgerson ebbe il merito di capirlo subito e cercò di illustrare attraverso scatti fotografici, video, poster e lavori grafici tutta la forza visionaria e psichedelica del genere: per realizzare la copertina di «A momentary laps of reason», tredicesimo album dei Pink Floyd, Thorgerson fece portare sulla spiaggia di Saunton Sands, nel Devon, ben 700 letti d’ospedale. Oltre ai Pink Floyd, era amico d’infanzia di Syd Barret e Roger Waters e collaborò anche con altri mostri sacri del calibro di Paul McCartney e dei Led Zeppelin, senza disdegnare incursioni nel mondo dell’heavy metal con gli australiani Ac/Dc (sua la copertina di «Dirty deeds done dirt cheap», uno dei primi album della band) o in ambiti più pop con i Cranberries e i Muse.
Ruolo determinante nell’iconografia del rock
La mostra, promossa dal Comune di Monza, è stata prodotta da Clarart e organizzata con Arteutopia e Stormstudios. «Pochi artisti legati all’iconografia della musica rock hanno avuto un ruolo così determinante e innovativo come lui – spiegano i curatori, Luigi Pedrazzi e Daniel Abbott - e non solo perché Storm ha illustrato con le sue nitide e visionarie immagini album ed artisti che oggi sono ormai leggenda: ha fatto di più, ha legato indissolubilmente il suo lavoro a un’idea, allo spirito che quei suoni nuovi diffondevano nella cultura e nella società in cui si formavano». La mostra è accompagnata da un catalogo illustrato e da un video esclusivo sul lavoro di Storm Thorgerson. Inoltre, è stata prevista l’organizzazione di un workshop specificamente rivolto ai giovani fotografi e designer con Dan Abbott, direttore creativo di Stormstudio di Londra, sul tema musica e fotografia. Durante l’inaugurazione di mercoledì ci sarà un concerto di Andy e Marco Pancaldi dei Bluvertigo ispirato al percorso della mostra.
http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_giugno_10/storm-thorgerson-visionario-rock-mostra-sue-cover-bf267c4a-f096-11e3-8df9-8d756b6c329d.shtml

Charlotte Gainsbourg, vita di un'effrontée

Charlotte Gainsbourg non ha scelto la via del cinema per arrivare al successo. Per lei, da sempre esposta ai media, lo schermo diventa un’esplorazione di sé che a tratti prende il sapore di una Via Crucis, con ferite inferte tanto al corpo quanto all’anima. Una parabola che, dopo i ruoli estremi per Lars Von Trier, incrocia sentieri battuti dalla "gemella italiana" Asia Argento.
Incompresa lo era stata per prima, quando, con indosso jeans troppo larghi per quel fisico già esile e allungato e una maglia alla marinara, scappava via da una famiglia che le stava stretta, da corteggiatori improvvisamente aggressivi, al ritmo della hit dell’estate, la Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri tanto amata dai francesi.   Era il 1985 e la quattordicenne figlia d’arte, e non di vip a caso ma della coppia più scandalosa del cinema e della musica, il "maledetto" Serge Gainsbourg e la bellissima Jane Birkin, debuttava sul grande schermo per Claude Miller in quello splendido ritratto giovanile che è, ancora oggi, dopo tanti anni, L’Effrontée.   Il broncio, rimasto inalterato, era sembiante esteriore di un’età adulta che premeva per emergere mentre lei, la Charlotte del film, strepitava per conquistarsi il suo diritto alla rêverie, contrastato dalla figura materna di Bernadette Lafont. Di fronte alle fantasticherie sulla nuova amica, l’adolescente Clara, bella, bionda, musicista di talento, che l’avrebbe portata con sé in tournée, l’ex musa di Truffaut le gridava “E cosa sarai per tutta la vita? Una sognatrice? Allora la tua sarà una vita di sofferenza! È questo che vuoi? Soffrire?”.
La carriera artistica di quella ragazzina magra e ossuta avrebbe fornito presto la risposta, sia al primo quesito, come i  sognatori di professione cui dà vita ne L'arte del sogno di Michel Gondry, sia al secondo: Charlotte Gainsbourg non ha trovato la via del cinema per arrivare al successo. Quello, del resto, insieme all’attenzione morbosa dei media, lo aveva avuto già come diritto di nascita. Spiata dai paparazzi e  dai suoi stessi genitori, che – racconta – hanno sempre aperto le porte della loro casa, messo in vetrina la propria vita di relazione – con il picco Je t’aime, moi non plus – e familiare: nel 1984, eccola sdraiata su un letto, in camicia e slip accanto al padre, nel video musicale di Lemon Incest, dove canta “L’amore che non faremo mai insieme è il più bello e il più violento”.   Il cinema diventa allora una via, paradossalmente più autentica, per scoprirsi e trovarsi, al di là delle etichette e degli sguardi imposti. Un’esplorazione difficile, che a tratti prende quasi il sapore di una Via Crucis, con ferite inferte tanto al corpo quanto all’anima, per arrivare a una liberazione, a una nuova consapevolezza di sé. In questo cammino artistico era perfettamente naturale che la Gainsbourg incrociasse la via di Lars Von Trier, che vi ha pressoché ritrovato in carne e ossa una delle sue eroine, l’interprete più vicina alla Bess de Le onde del destino, pronta a offrirsi alla macchina da presa con la stessa ingenuità, con la stessa fiducia, nonostante l’aria elegante e controversa.
Già, perché Charlotte Gainsbourg reca in sé un paradosso: quello dell’essere una donna di grande personalità, con quello sguardo ostintato e sfrontato, e un’attrice capace di apparire a tratti assolutamente inerme. Come la vuole l'autore tanto amato (alla notizia che Nymphomaniac chiuda la loro collaborazione si è detta addolorata) al secondo film insieme, Melancholia, dove la ignora, concentrandosi su Kirsten Dunst, per gettarla in una condizione d’abbandono efficace per la parte. “La voglio esattamente così: angosciata” dirà il danese alla produttrice, vietandole di rassicurare l’attrice durante le riprese. Nei tre film girati insieme, Von Trier assume uno sguardo da padre-padrone riproponendo un gioco voyeuristico che sembra quasi una quadratura del cerchio rispetto alle performance infantili. Come se, offrendosi interamente nuda all’occhio della cinepresa, mostrando anche l’infilmabile, si riappropriasse  integralmente del suo corpo.
Trovarsi sullo schermo, indagarne il confine con la vita, quella vera, che nel frattempo la rende moglie, madre, e non solo attrice ma anche cantante, interprete raffinata e musa nientemeno che di Beck, insieme al quale vince premi su premi. Dopo la Jane Eyre di Franco Zeffirelli che ne sfrutta i tratti irregolari per dare vita a una delle eroine più atipiche della letteratura anglosassone, Charlotte affronta sempre ruoli che definiscono la donna nel suo ruolo familiare: figlia in Pranzo di Natale, film all star della Thompson, che la accoglie nella grande famiglia del cinema francese che conta, e poi moglie e madre: in procinto di diventarlo, come in Mia moglie è un’attrice del marito di Yvan Attal, in cui di nuovo vita e schermo si confondono; madre negata come in 21 grammi di  Iñárritu, in cui tenta in ogni modo di avere un figlio dal marito Sean Penn.
Madre snaturata e distratta, infine, nell’ultimo film di Asia Argento, dove incontra la sua versione transalpina, anche lei figlia di genitori ingombranti, ribelle, spregiudicata, forse solo più italiana. Charlotte e Asia condividono lo stesso passato e di certo lo stesso presente, diverse solo per indole caratteriale: più timida e bon ton Charlotte, che sembra amare le provocazioni soltanto sullo schermo; più incontinente, intemperante Asia, che firma infatti un film sgangherato ma traboccante di vita. Incompresa, sorta di nuovo Effrontée, è il manifesto di un cinema dell’infanzia che guarda con invidiabile sincerità tanto a Comencini come a Truffaut, passando appunto per il film di Miller.   Impudenti e sfrontate al cinema o nella vita, col ruolo di questa madre tanto affascinante quanto crudele, Asia e Charlotte danno vita a un transfert continuo, che le vede ora bambine indifese ora adulte, venute su in un mondo che le voleva cresciute prima del tempo (in un memorabile e lontano episodio di Roma-Milano, viaggio on the road accanto a Loredana Bertè, Asia ricordava proprio, della sua infanzia, il senso di inadeguatezza “la vergogna di essere bambina”).   Con un taglio da diva anni Settanta alla Daria Nicolodi, la Charlotte di Incompresa, è una femme fatale immatura, imbronciata, sboccata, che nell'impeto di sincerità della regista ricorda anche la Asia madre di oggi, in una aperta autocritica agli amori sbagliati e distratti, monito analogo a quello della piccola Giulia Salerno che sigilla il film. In quest'opera piena di generazioni di figli dello schermo, da Gianmarco Tognazzi, che può finalmente rifare e storpiare il padre Ugo, alla delicata Anna Lou, figlia di Asia e Morgan, Charlotte Gainsbourg gioca come non mai col proprio cliché: da icona eurochic, come l'aveva voluta Todd Haynes per il piccolo ma potente ruolo in I'm not there, in uno dei frammenti migliori del film, alla denigrazione sorniona e divertita di quella stessa maschera.
http://www.sentieriselvaggi.it/51/57584/Charlotte_Gainsbourg,_vita_di_un-effront%C3%A9e.htm

Death Grips. Niggas On The Moon con il feat. di Björk

Lana del Rey, altro inedito dal nuovo album: ‘Brooklyn baby’.

A soli tre giorni dalla diffusione della title-track del suo nuovo album “Ultraviolence”, in uscita il 16 giugno, Lana Del Rey rende pubblico un altro brano tratto dall’imminente lavoro. Il quarto estratto, dopo “West coast”, “Shades of cool” e appunto “Ultraviolence”, si intitola “Brooklyn baby”, ed è ascoltabile di seguito.
http://www.rockol.it/news-608560/lana-del-rey-nuova-canzone-brooklyn-baby

Uomini che quasi volano

Nelle belle foto del francese Alexandre Chamelat, scattate a ragazzi che fanno parkour (ovvero incredibili e spettacolari acrobazie urbane)
Il parkour è una disciplina atletica metropolitana nata in Francia agli inizi degli anni Ottanta: consiste nel superare ostacoli, scalare muri, saltare da un palazzo all’altro in modo efficiente, acrobatico e spettacolare. Si tratta di un’attività bella anche da guardare, e negli ultimi anni ripresa e raccontata in contesti diversi. La praticavano, per esempio, alcuni ragazzi che comparivano nel videoclip della canzone Jump di Madonna, diffuso alcuni anni fa. Di recente il parkour ha raggiunto una certa popolarità grazie alla presenza di questa disciplina in film, documentari e video su YouTube.
Il fotografo francese Alexandre Chamelat ha scattato una serie di fotografie in bianco e nero molto suggestive che ritraggono diversi professionisti del parkour mentre sono in volo o mentre si arrampicano sulle pareti, oppure mentre si danno la spinta. Un po’ di tempo fa circolò anche un bel video girato dal punto di vista di chi fa parkour.
















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