È morto il grande regista Manoel de Oliveira, aveva 106 anni

Il cineasta, uno dei più importanti del Portogallo e del cinema mondiale, è deceduto questa mattina. Nella sua lunghissima carriera aveva girato capolavori come "Francisca"
L'annuncio della sua morte è arrivato via Twitter, un mezzo che lui ignorava: Manoel Cândido Pinto de Oliveira è scomparso questa mattina. Nato a Porto l'11 dicembre 1908, nonostante i suoi 106 anni continuava a essere considerato il più grande regista e sceneggiatore che il Portogallo avesse mai avuto. Fino agli ultimi suoi giorni, aveva scelto di stare dietro la cinepresa: aveva infatti festeggiato il 106° compleanno con l'uscita in patria di quello che rimane il suo ultimo cortometraggio, O Velho do Restelo (Il vecchio di Restelo), girato in primavera e presentato all'ultima Mostra di Venezia. Quel cinema che, in poche parole, aveva descritto come "una riflessione sull'umanità" e che usava anche le altri arti come ispirazione, il teatro e la letteratura prima di tutto. Un tarlo che non lo aveva mai abbandonato e che metteva in ogni suo lavoro, considerato tra i più significativi ma anche emblematici del cinema mondiale. "Il cinema è immateriale", raccontava. "La macchina da presa, la sala, lo schermo, sono materiali, ma le immagini sono immateriali. Quando dico che il cinema è anche teatro, voglio dire che il teatro è la rappresentazione della vita, mentre il cinema è anche la rappresentazione della vita ma in questo senso è sempre teatro, perché riproduce l’essenza stessa della vita: le convenzioni. Se mi tolgo il cappello per salutare, questa è una convenzione, una cortesia, ma se esulo dalla convenzione, questo gesto non ha più alcun significato. Le convenzioni rappresentano la vita sia nel cinema che nel teatro".
Terzo di tre figli, nato e cresciuto in una facoltosa famiglia di industriali che si occupavano di passamanerie, dopo gli studi presso i gesuiti e l'adolescenza trascorsa da grande appassionato sportivo, negli anni Trenta Oliveira ha cominciato a girare i primi documentari come Douro, Faina Fluvial (1931) fino a Aniki Bobò (1942) e, poi, Acto de primavera (1963). Ma il 900 lo vedrà protagonista indiscusso del cinema portoghese e non solo: con la sua personalissima visione racconterà la vita e l'esistenza umana attraverso le delizie e i dolori dell'amore, la decadenza della vecchiaia, usando una buona dose di ironia, spesso grottesca. Tra i suoi più importanti film c'è il capolavoro Francisca (1981), ultimo atto di una tetralogia composta da Passato e presente (1971), Benilde e la vergine madre (1974) e Amore di perdizione (1978) ma la lista è lunghissima: in più di 80 anni di carriera ha girato oltre 50 film, tra finzione e documentari, curiosamente realizzando la maggior parte delle sue opere dopo i 60 anni.
Nel 1955 va all'AGFA, l'azienda di prodotti fotografici, in Germania, dove era arrivato per studiare le tecniche di colore delle pellicole, fuggendo dal regime di Salazar. Tornerà a casa con la caduta del dittatore, nel 1970. I suoi lungometraggi hanno cominicato a ricevere attenzione in campo internazionale negli anni Sessanta, quando viene omaggiato al Festival di Locarno (1964) e una rassegna della sua opera viene presentata alla Cinematheque di Henri Langlois, a Parigi (1965). Nel 1971 gira Passato e presente: la Fondazione Gulbenkian sarà per lui fondamentale, finanziando l'intera cinematografia portoghese. Dagli anni Ottanta la carriera di Manoel de Oliveira è stata costellata di premi ma le onorificenze e gli elogi di pubblico e critica non lo hanno fermato: il regista ha continuato a lavorare producendo addirittura un lungometraggio all'anno. Nel 1985 e nel 2004 ha vinto due Leoni d'Oro alla carriera alla Mostra internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e nel 2008 la Palma d'Oro alla carriera al Festival di Cannes.
Gli anni Novanta sono stati per lui i più prolifici: nonostante avesse superato la soglia degli 80 anni, Oliveira si è concentrato sul lavoro più che mai, perché il cinema era e rimase anche in vecchiaia una sua necessità profonda: "Quando esprimo me stesso, un mio sentimento, io non sto facendo propaganda di nulla ma esterno qualcosa che mi viene dal profondo e spontaneamente, come se sgorgasse da una fonte", spiegava. "C’è un filosofo, che non a caso è di origine portoghese ed ebraica e che al tempo dell’inquisizione fuggì in Olanda, Spinoza, il quale affermava che noi ci crediamo creature libere, perché ignoriamo le forze, gli impulsi che impediscono le nostre azioni".
Il punto più alto lo raggiunge in quegli anni: prima con l'opera-fiume Le soulier de satin (1985), poi con I cannibali (1988) e No, o la folle gloria del comando (1990), La divina commedia (1991) e La valle del peccato (1993). Viaggio all'inizio del mondo, del 1997, vedrà l'ultima interpretazione di Marcello Mastroianni. Gli anni 2000 lo vedranno ancora incessantememte all'opera con pellicole e documentari che racconteranno la vecchiaia, l'infanzia e la morte, senza mai cedere a indagare sulla società. Dopo ave superato il secolo, Oliveira ha girato Singolarità di una ragazza bionda (2009), O Estranho Caso de Angélica (2010) e Gebo e l'ombra (2012).
http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2015/04/02/news/e_morto_il_regista_manoel_de_oliveira_aveva_106_anni-111061012/