The Tribe

Un film destinato a rimanere impresso nella memoria dello spettatore sia per quello che racconta che per lo stile adottato
Ucraina. Sergey, giovane sordomuto, arriva in un Istituto dove dovrà restare a lungo. Viene subito sottoposto a violenti rituali di iniziazione da parte dei capi di una banda che detta legge. Le due ragazze più attraenti vengono fatte prostituire di notte andando a cercare clienti tra i camionisti di un parcheggio. Sergey si innamora di una delle due, Anna, e viene ricambiato. Non sa però che uno degli istitutori sta dandosi da fare per mandarla in Italia.
Il primo lungometraggio di Myroslav Slaboshpytskiy appartiene alla categoria dei film destinati a rimanere impressi nella memoria dello spettatore sia per quello che raccontano che per lo stile adottato. Il regista afferma: "È un mio vecchio sogno quello di rendere omaggio al cinema muto. Fare un film che possa essere compreso senza che venga detta una parola. Non pensavo però a un certo tipo di cinema europeo 'esistenzialista' in cui gli eroi stanno zitti per metà della durata del film. Anche perché gli attori non erano muti nei film muti. Comunicavano molto attivamente attraverso un'ampia gamma di azioni e di linguaggio corporeo". Da qui nasce l'esigenza di una 'reale' impossibilità di comunicare con le parole su cui si innesta la decisione di non proporre sottotitoli neppure per tradurre l'alfabeto muto che viene utilizzato dai protagonisti.
Non è un film sui non udenti questo quanto piuttosto un lungometraggio in cui il non utilizzare parole dette fa sì che lo spettatore divenga a sua volta attivo. A lui viene offerta una colonna sonora in cui rumori e suoni giocano un ruolo fondamentale. Ciò che non è dato sentire a chi agisce sullo schermo giunge amplificato all'orecchio di chi è in sala aggiungendo violenza a una vicenda in cui il dominio del più forte e la corruzione più spregevole determinano una lotta per la sopravvivenza. Sergey e Anna (conosciamo i loro nomi dai credits del film perché ovviamente non vengono mai pronunciati) sono vittime di un microcosmo che impone loro regole ferree a cui cercano di adattarsi. In loro però la fiamma di sentimenti che non siano di sopraffazione fatica a spegnersi anche se tutto congiura perché ciò avvenga il più rapidamente possibile. Sullo sfondo, miraggio da raggiungere, c'è l'Italia. In un film che abbonda di inquadrature fisse quella della lunga fila fuori dall'ambasciata italiana finisce con l'essere, vista da questa parte dell'Europa, una delle più significative. Perché ci aiuta a capire quanta sofferenza, quante speranze (e, a volte, quanto sfruttamento) ci siano spesso dietro lo sguardo di persone che incontriamo nella nostra quotidiana realtà.

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