Il diritto all’oscenità, ovvero il privilegio dell’arte

La settimana scorsa è uscito un articolo sull’edizione online del Giornale dell’arte, sul tema dell’autenticità, da cui ci eravamo fatti trasportare brevemente. Ora quello stesso articolo, dal titolo tanto promettente quanto fuorviante di L’arte ha un privilegio: può essere oscena, ci offre lo spunto per un argomento che non passa mai di moda: l’oscenità appunto. E magari anche qualche cosa di più: se l’arte possa essere oscena.
Il la ce lo offre la redattrice di quell’articolo, l’avvocato Beatrice Zagato:
"Repressione artistica […] non soggiace al limite del buon costume, che nel corso del tempo la giurisprudenza ha avvicinato sempre più al concetto di ‘oscenità’ (misurato sul comune sentimento di pudore dell’uomo medio) preferendolo a quello, più ampio, di morale sociale. L’arte quindi può essere e ‘usare dell’osceno come di ogni altro mezzo espressivo, ed anzi esso, proprio nel suo carattere provocatorio, può talora risultare lo scopo essenziale di molta arte, in varie epoche posta in insanabile dissidio col proprio contesto sociale ed ideologico’: ma il carattere di artisticità renderà superflua ogni ulteriore indagine sull’oscenità".
louise-bourgeois-2La carne al fuoco è molta. Innanzitutto c’è la libertà assoluta dell’espressione artistica, che si affianca però ben presto alla censura (quando la prima contrasti “determinati altri valori, altrettanto supremi e primari”). La censura meriterebbe un discorso tutto per sé, perché si declina in modi diversissimi. Nel senso più lato possibile la censura è vitale per l’arte, è la costrizione da aggirare attorno alla quale cresce la fastidiosa quanto stupenda inflorescenza dell’opera.
Si potrebbe poi avviare tutto un discorso su quanto l’arte costretta “venga meglio”: per alcuni commentatori l’atmosfera evocativa di Conversazione in Sicilia di Vittorini non sarebbe stata la stessa senza l’ingombrante pericolo della censura fascista.
Diceva Pavese:
"Come tutte le tirannie, tutti gli impedimenti, tutti i passaggi obbligati (es. il metro in poesia), la divisione in collane [editoriali] è stimolo a invenzione, a creazione da parte nostra".
Ma nel senso più comune con censura si intende il braccio della legge che si muove tra l’assolutizzazione del gusto del tiranno e appunto quello che viene considerato “comune sentimento di pudore dell’uomo medio”.
Non che la storia dell’arte si sia mai fatta intimidire da questo. Tutti hanno sentito parlare dell’avversione di Hitler per la cosiddetta “arte degenerata”, ma anche prima e dopo, seppur con minore violenza, la censura ha fatto la sua parte. Le déjeuner sur l’herbe di Manet fu rifiutato dalla giuria di un Salon che non si scandalizzava ad esporre sulle pareti La nascita di Venere di Cabanel.
Questo per chiarire quanto il concetto di “senso comune del pudore” sia un concetto sfuggente. Cabanel dipingeva un soggetto storico-mitologico e in virtù di quello era autorizzato a mostrare un castissimo (!) nudo. Manet illustrava una scena moderna e la sua donna seduta sull’erba era semplicemente indecente.
Ora, bisognerebbe decidersi sul significato del termine “osceno”. Praticamente tutti gli artisti, nel tempo, si sono dedicati alla raffigurazione di corpi nudi, di organi sessuali, di atti sessuali.
È oscena L’origine du monde di Courbet? Sicuramente per qualche scolaresca che ancora ridacchia nascondendosi il viso tra le mani, sì. Per chi vi si accosta con qualche titubanza, guardandosi intorno sorvegliando gli sguardi degli altri, pronto a cambiare direzione se fosse necessario… abbastanza.
Il senso comune avverte che è qualcosa di sconveniente, sbirciare tra le gambe di una donna, così apertamente, in luogo pubblico. Eppure lo stesso luogo (istituzionale), la cornice, il cartellino, sembrano invitarci calorosamente a farlo. Che fare?
Perché tu ti senta sollevato, imbarazzato spettatore dell’origine del mondo, un po’ tutti gli artisti sono dei “maniaci”, e in modo anche spettacolare. I cahier di Schiele, di Klimt, di Picasso (citiamo questi perché sono editi) sono pieni di soggetti molto poco pudici.6_Lucio_Fontana_janv091 
Ma quanta bellezza è racchiusa lì dentro!
Ecco, è questo ma che stride. Non c’è contraddizione fra il bello e l’osceno, fra l’arte e l’osceno, non sempre. Tanti artisti sono “maniaci”, forse non gratuitamente, ma perché ossessionati dalla vita.
Sebbene non tutti – quasi nessuno – fossero grandi uomini, uomini migliori di noi comuni mortali, erano sicuramente visionari migliori, perché vedevano molto meglio di noi, ed è il vedere meglio – e saperlo descrivere – che fa di un uomo, anche pessimo, un grande artista.
Ma il sesso – perché sappiamo che alla fine è questo che preme: è osceno o è arte? Foucault nel suo studio sulla sessualità, affermava che
"Quel che è caratteristico delle società moderne non è che abbiano condannato il sesso a restare nell’ombra, ma che siano condannate a parlarne sempre, facendolo passare per il segreto.
(Michel Foucault, La volontà di sapere, 1977)".
C’è chi ancora crede che “sdoganare” il sesso sia una provocazione al senso comune, quando ormai si fa fatica a trovare una serie TV dove un materasso – se si è noiosamente tradizionalisti –  non scricchioli ogni cinque minuti. Allora vorremmo azzardare un’altra ipotesi: che l’osceno nell’arte, oggi, sia la provocazione gratuita e semplicistica, il già visto spacciato per nuovo, lo scontato venduto come verità rivelata dal mistico vate. Che sia un dito medio alzato davanti alla Borsa, per intenderci.
Forse il vero l’osceno oggi – nel senso di scandaloso e fuggito – è anche l’opposto, o per lo meno un’altra parte, del sesso: è la capacità (e la semplicità un po’ goffa) di dire “ti amo disperatamente” come lo diceva Liala. Ma questa probabilmente è un’altra storia.
Ilaria Porro per 9ArtCorsoComo9
http://www.artspecialday.com/9art/2015/10/25/il-diritto-alloscenita-ovvero-il-privilegio-dellarte/