Monica Bellucci: «Ho chiesto scusa alle mie figlie»

L'attrice, alla vigilia di Spectre 007, è madre alla Festa del cinema di Roma in Ville-Marie di Guy Édoin: «A Deva e Leonie, perché non mi pensino vecchia, dico che a 51 anni sono a metà della vita. E di prendere il meglio, da me e dal padre (Vincent Cassel, ndr): il resto di buttarlo via»
C'è una scena, in Ville-Marie di Guy Édoin, per cui Monica Bellucci è qui alla Festa del cinema di Roma, in cui dice: «Non si è mai pronti». 
Dentro il film, in cui interpreta una famosa attrice europea degli anni Quaranta, Sophie Bernard, si riferiva al ciak che a momenti avrebbe dovuto girare, sul set di Montréal: quello (autobiografico) che raccontava del giorno in cui, con le gambe divaricate e un medico già pagato per farla abortire, lei, il figlio Thomas, scelse invece di tenerlo. Nonostante non fosse «frutto dell'amore», perché rimasta incinta durante una violenza. Nonostante le toccherà, poi, per una vita, negare a quel bambino poi ragazzo il nome del padre, fare i conti con il senso di colpa di non sapere essere la madre perfetta che vorrebbe. 
A chiederle se abbia mai provato questa sensazione qui («Chi no? Siamo in una cultura giudaico-cristiana, il senso di colpa ci uccide ma ci fa anche belli, pericoloso è chi non lo prova») e se le fosse mai capitato di sentirsi, se non mani, occhi addosso che non voleva, è tutta un rilancio: «A quale donna no? Ma dobbiamo smettere di parlare male degli uomini. Anche noi possiamo essere terribili. Le donne hanno bisogno degli uomini e viceversa: tutto sta trovare un equilibrio. Non è facile». 
Madre nella vita di Deva e Leonie (11 anni e mezzo e 5 e mezzo, avute dall'ex Vincent Cassel), ha dovuto «chiedere alle amiche com'è essere madri di un figlio maschio di 20 anni, per ispirarmi, e capito che ho ancora un margine di 3/4 anni prima che mi si rivoltino contro con parole cattive. C'è però un momento già comune. Quello in cui dovremmo smettere di dire "Io sono la Madre", e chiedere scusa ai figli. Io quando non mi sono mossa nel modo giusto l'ho sempre fatto. Dico loro: "Dovete prendere la parte migliore di vostra madre e di vostro padre, e buttare via tutto il resto, tutto quello che non vi piace"». 
A un passo da essere la prima bond girl di 51 anni in Spectre 007, al Telegraph non ha negato essere anche il «buon sesso» a tenerla in forma. Ha invece paura, della bellezza che svanisce? «Ho capito dalle mie nonne, con cui amavo dormire e parlare, che da vecchie si può essere meravigliose e che l'unico modo per rimanere belle è lavorare sulla sostituzione della bellezza biologica, che è un regalo per cui ringraziare ma destinato a scemare, con quella interiore, di cui siamo soli artefici. Così, la vecchiaia non esiste».
Non teme le porterà via ruoli? «Per ora no. Ma non lo decido a tavolino. Certo non potrò più fare Malèna, per esempio, dove anche quando arrivavano e mi massacravano ammazzandomi di botte, restavo sempre stupenda». Si sente diva come la disegnano? «Per me le vere dive, le star, sono le bambine, perché brillano come stelle, sono piene di luce. Forse per questo in Francia per tutta la vita le attrici restano mademoiselle. Se vuol dire che le dive restano bambine, che non crescono mai, allora sì, sono una diva: così davvero non invecchierò mai».
C'è chi le chiede se incoraggerebbe mai le figlie a diventare attrici («Certamente, è la strada più bella. Ho però molte amiche che sono figlie di attrici e hanno sofferto tanto, tutte. Spero di non fare errori, e che abbiano di meglio da fare che guardare i miei film»). Se si sente francese o italiana («Io non so mai definirmi ma se c'è una cosa che so è che sono italianissima»). Se anche come l'attrice che interpreta, dietro il glamour del lavoro, protegge le sue fragilità: «Per me è l'opposto: un'esposizione quando invece sto bene nell'ombra». 
Nel film canta anche. «Pietà! Intono solo Can't Help Falling in Love perché sono una madre che non riesce a esprimersi parlando». Le cadute che sperimenta in scena le ha mai provate? «Tutti noi abbiamo avuto cadute, e anche io. L'importante è riuscirsi a sollevarsi, rialzarsi. Quando senti un dolore dentro, si vede anche fuori, non puoi avere la faccia da copertina». A dire il vero, la sua vita sembra un crescendo continuo. «Lo faccio credere, sono un'attrice».
Che cosa ne pensa del problema (sollevato a Hollywood da Jennifer Lawrence) della disparità di genere nel salario?  «È assurdo debba esserci una legge che dica che le donne vanno rispettate come gli uomini. Ma capisco che bisogna farsi vedere, se fino a poco tempo fa non potevamo dare il nostro cognome ai nostri figli, perchè senza la legittimazione di un uomo non sarebbero esistiti, se non come bastardi». Gli uomini, adesso, come li vede? «Non bisogna parlarne male però un po' disperati. Mi sembra che siano loro ad avere più bisogno di noi». 
«Non si è mai pronti», dice nel film. Lei per cosa non lo è? «Per morire».







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