La fragile luce di Björk

Live. La cantante islandese nell'unica tappa italiana del tour in uno show incentrato principalmente sul nuovo lavoro Vulnicura
Sette anni fa la sua ultima appa­ri­zione sui pal­chi ita­liani. Per Björk — l’artista islan­dese ex voca­list degli Sugar­cu­bes, il gruppo che in qual­che modo ha aperto le porte a una scena che oggi vanta alcuni dei nomi più in voga in ambito «alter­na­tive», come, ad esem­pio, i Sigur Rós – sono stati anni di cam­bia­mento, a tutti i livelli. A livello pro­fes­sio­nale e, soprat­tutto, a livello per­so­nale, dopo la fine della rela­zione con Mat­thew Bar­ney, una sepa­ra­zione dolo­rosa da cui è sca­tu­rito il suo ultimo album, Vul­ni­cura, lavoro che ha por­tato davanti al pub­blico della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, a Roma, per l’unica data ita­liana del suo tour.
Un’ora e mezza, o poco più, di musica con­tem­pla­tiva, quin­dici brani tratti dalla sua più recente pro­du­zione – nean­che un accenno alle sue hit più note, da Emo­tio­nal Rescue a All is Full of Love, da It’s Oh so Quiet a Army of Me – affi­dati a un’orchestra d’archi di quin­dici ele­menti, a un per­cus­sio­ni­sta e ai live elec­tro­nics di Arca, il pro­dut­tore vene­zue­lano che si cela die­tro al suono di Vul­ni­cura; tutti vestiti rigo­ro­sa­mente in bianco, in modo da far risal­tare il rosso della mise di Björk, un lungo abito ele­gan­tis­simo abbi­nato a una maschera e a un velo, quasi a celarne il volto.
Die­tro la band uno schermo di dimen­sioni «rag­guar­de­voli» rimanda video e fil­mati, molti dei quali a ricor­darci il senso della vita, altri com­pu­te­riz­zati e sin­cro­niz­zati per­fet­ta­mente con i ritmi «sin­te­tici» scan­diti dal per­cus­sio­ni­sta e dal lavoro di Arca, e con i fuo­chi di arti­fi­cio, che già prima del gran finale hanno fatto la loro com­parsa, giu­sto per dare un tocco di spet­ta­co­la­rità in più. Il bruco si fa far­falla – come in uno dei fil­mati di cui sopra -, e il pub­blico, ovvia­mente, sem­bra gra­dire molto, lascian­dosi andare a ova­zioni a scena aperta, quasi a ogni accenno di danza o di «saluto» della can­tante, con quelle sue movenze a metà strada tra una star del cinema muto, una ancella e una divi­nità.
Ed è pro­prio un culto quello che pro­voca in molte delle 3500 per­sone accorse da tutta Ita­lia (ma abbiamo sen­tito anche molti idiomi stra­nieri) per vederla all’opera (i biglietti sono andati esau­riti, nono­stante i costi non certo «light», nel giro di poche set­ti­mane già molti mesi prima della data), e come dei fedeli in totale sim­biosi e in balìa della loro dea accet­tano il loro destino, come un karma. Per­ché se è vero che lo spet­ta­colo è stato inec­ce­pi­bile, in ter­mini tec­nici, è però altret­tanto vero che l’anima e il pathos non sono gli ingre­dienti prin­ci­pali di que­sta pie­tanza nordica.
Un con­certo fin troppo per­fetto, ogni momento stu­diato pre­ci­sa­mente a tavo­lino (ormai una costante nelle grandi pro­du­zioni inter­na­zio­nali); nulla viene lasciato al caso o all’estemporaneità, non una parola, non un accenno melo­dico variato a discre­zione dell’artista, tutto deve scor­rere come da pro­gramma, ed è que­sta la vera pecca – oltre alla con­sueta rilut­tanza di Björk all’interazione con l’audience e a uno stri­min­zito e rapido bis con i fan non più seduti reli­gio­sa­mente, come da richie­sta dell’artista, richie­sta abbi­nata, ma da molti igno­rata, a non uti­liz­zare cel­lu­lari per riprese e foto­gra­fie, ma accal­cati sotto il palco in attesa di un gesto, di un tocco o anche solo di uno sguardo da parte della loro sacerdotessa.
Gesti, toc­chi e sguardi che non arri­ve­ranno, per­ché lei, la diva è, ammet­tia­molo, fredda come la terra delle sue ori­gini, e non bastano i fuo­chi d’artificio per scal­dare il tutto. Ma se all’uscita cogliamo la per­ples­sità in qual­che espres­sione e com­mento, il resto porta sul volto il segno inde­le­bile di chi ha visto la luce, una luce chia­mata Björk.
http://ilmanifesto.info/la-fragile-luce-di-bjork/

PARTISAN: TRAILER ITALIANO DEL NUOVO FILM CON VINCENT CASSEL

I Wonder Pictures ha rilasciato il trailer italiano dell'atteso Partisan, lungometraggio d'esordio del talentuoso Ariel Kleiman con protagonisti Vincent Cassel e Jeremy Chabriel, in uscita nelle sale italiane il prossimo 27 agosto. Nel film Cassel interpreta Gregori, leader carismatico di un gruppo di donne e bambini maltrattati, loro protettore e mentore: e tra le attività ordinarie e quotidiane che insegna ai bambini c’è anche l’omicidio. I problemi sorgono quando Alexander (Jeremy Chabriel), figlio adottivo prediletto di Gregori, mette in discussione la sua autorità. Il piccolo Alexander è come ogni altro bambino: ingenuo, curioso, sveglio. Ma è anche un assassino perfettamente addestrato. Con ritmo incalzante, Partisan cattura lo spettatore dentro un mondo claustrofobico, governato da un codice morale deformato, dove lo sguardo si apre su visuali sconcertanti e il respiro viene a mancare.
http://cinema.everyeye.it/notizie/partisan-trailer-italiano-del-nuovo-film-con-vincent-cassel-233732.html

Ritorno alla vita in 3D per Wim Wenders

Trionfatore dell’ultimo Festival di Berlino, dove ha ricevuto l’Orso d’Oro alla carriera, Wenders torna dietro la cinepresa con una storia d’amore, di colpa e redenzione interpretata da James Franco e Charlotte Gainsbourg. Il film sarà in sala dal 24 settembre
Ritorno alla vita narra dodici anni nella vita di Tomas, uno scrittore americano in piena crisi creativa: la sua relazione con Sara, una ragazza dolce e convenzionale che poco capisce del suo mondo interiore; quella con l’editrice Ann e sua figlia Mina; il difficile rapporto con la scrittura, il successo critico e il riconoscimento intellettuale; il legame misterioso e indissolubile con la bellissima Kate, giovane madre di due bambini che vive negli spazi sconfinati del lago Ontario. 
Questi i ’caratteri’ e gli ’spazi’ della nuova opera di Wenders, che dopo il grande successo di Pina, ha scelto di usare nuovamente il 3D in chiave esistenziale, con risultati straordinari. 
“Il 3D è completamente sottovalutato, male utilizzato – spiega il regista – e sento che le possibilità che offre non sono state ancora esplorate. Può essere uno strumento fantastico, capace di aprire una dimensione completamente nuova di partecipazione emotiva alla storia e ai personaggi”.
Nel cast d’eccezione oltre a James Franco e Charlotte Gainsbourg anche Rachel McAdams e Marie-Josée Croze. Distribuisce Teodora Film.
http://www.cinespettacolo.it/csmain/articolo.asp?aid=10520

SINEAD O'CONNOR CANCELLA TUTTI I CONCERTI

La cantante irlandese ha deciso di annullare tutte le date in programma in estate su ordine dei medici
Sinead O'Connor cancella tutti i concerti. La cantante irlandese sarebbe dovuta salire sul palco al Festival Big Top stasera prima di una serie di date in Norvegia e Canada per le prossime tre settimane. Ma ora ha deciso di liberare completamente la sua agenda. La rivelazione è arrivata dal suo manager che ha spiegato: "Sinead O' Connor si scusa profondamente con i suoi fan ma non potrà viaggiare quest'estate. Sta soffrendo di un forte esaurimento dovuto a delle pregresse e non risolte condizioni di salute. I dottori gli hanno consigliato di prendersi un lungo periodo di riposo da qualsiasi tipo di attività. A causa di queste raccomandazioni non le è possibile viaggiare ed esibirsi". Un duro colpo per la cantante irlandese e per i suoi fan che avevano anche dovuto mandare già la decisione di Sinead di non esibirsi più sulle note della sua canzone più nota "Nothing compares 2 u": "Se dovessi cantarla solo per far piacere alle persone non farei più bene il mio lavoro, perché il mio lavoro è quello di mettere a disposizione le mie emozioni, e con quel brano ora direi una bugia. Il mio lavoro è quello di dare alle persone onestà".
http://www.105.net/news/music-biz/184461/Sinead-O-Connor-cancella-tutti-i.html

“Partisan” di Ariel Kleiman con Vincent Cassel, dal 27 agosto al cinema

Uscirà nelle sale il 27 agosto “Partisan” di Ariel Kleiman, interpretato da Vincent Cassel e dal giovane attore esordiente Jeremy Chabriel, distribuito da I Wonder Pictures. Presentato in anteprima italiana all’11^ edizione di Biografilm Festival in collaborazione con Sky Cinema e vincitore del premio Speciale della Giuria per la Miglior Fotografia al Karlovy Vary International Film Festival, è il primo lungometraggio di Ariel Kleiman, talentuoso giovane regista che ha già fatto parlare di sé con i suoi cortometraggi.
Gregori (Vincent Cassel) è il leader carismatico di un gruppo di donne e bambini maltrattati, il loro protettore e il loro mentore. Tra le attività ordinarie e quotidiane che insegna ai bambini, c’è anche l’omicidio. I problemi sorgono quando Alexander (Jeremy Chabriel), figlio adottivo prediletto di Gregori, mette in discussione la sua autorità.
Il piccolo Alexander è come ogni altro bambino: ingenuo, curioso, sveglio. Ma è anche un assassino perfettamente addestrato. Con ritmo incalzante, PARTISAN cattura lo spettatore dentro un mondo claustrofobico, governato da un codice morale deformato, dove lo sguardo si apre su visuali sconcertanti e il respiro viene a mancare.
http://www.megamodo.com/2015197594-partisan-di-ariel-kleiman-con-vincent-cassel-dal-27-agosto-al-cinema/

EXPERIMENTER: IL TRAILER DEL BIOPIC CON PETER SARSGAARD E WYNONA RYDER

Magnolia Pictures ha rilasciato online il trailer del film Experimenter, biopic di prossima uscita con protagonisti Peter Sarsgaard e Winona Ryder.
Ecco la sinossi:
"Nel 1961 lo psicosociologo Stanley Milgram conduce una serie di controversi esperimenti comportamentali all'Università di Yale. Gli esperimenti coinvolgevano gente comune, a cui veniva fatto credere di inviare scosse elettriche ad altre persone, al fine di testare il facile condizionamento dell'essere umano nei confronti dell'autorità."
Il film, presentato al Sundance Film Festival il 25 gennaio 2015, vedrà nel cast anche Taryn Manning, Kellan Lutz, Anton Yelchin, John Leguizamo, Lori Singer, Dennis Haysbert, Anthony Edwards e Jim Gaffigan.


http://cinema.everyeye.it/notizie/experimenter-il-trailer-del-biopic-con-peter-sarsgaard-e-wynona-ryder-233138.html

Madonna: Nuovo singolo in radio, ma solo per l'Italia, è Hold Tight

“Flip-Side”, James Franco e il suo libro su Lana Del Rey

S’intitola “Flip-Side: Real and Imaginary Conversations With Lana Del Rey” (“Il rovescio della medaglia: conversazioni reali e immaginarie con Lana Del Rey”), ed è il libro che l’attore James Franco ha scritto sulla cantante Lana Del Rey.
La star hollywoodiana aveva già scritto un breve saggio sulla Del Rey per V Magazine, e ha annunciato adesso i dettagli di “Flip-Side”, riferimento all’omonimo brano di “Ultraviolence“, il disco dello scorso anno per cui la cantante si affidò alla produzione del Black Keys Dan Auerbach.
David Shields ha collaborato alla stesura del libro, che tra le sue pagine svela anche diverse Polaroid mai viste, scatti delle chiacchierate tra James Franco e Lana Del Rey. L’uscita del volume è prevista per marzo del 2016, almeno per gli Stati Uniti: della traduzione italiana non si è ancora parlato. Nel frattempo, la cantante di “Summertime Sadness” sta ultimando il suo terzo album, “Honeymoon”, previsto per settembre.
Nell’articolo pubblicato su V Magazine, Franco ha scritto: “Quando guardo le sue immagini, quando ascolto le sue cose, mi tornano alla mente tutte le cose che amo di Los Angeles. Vengo risucchiato in una sorta di lunga galleria di figure di culto della mia Los Angeles, quelle che stanno sveglie tutta la notte, vampiri e motociclisti”.
L’unica differenza tra Franco e la Del Rey? “La sua voce spettrale. È tutto. La voce di Lana è l’asse attorno cui si estendono i raggi di tutto il resto”.
http://www.si24.it/2015/07/23/james-franco-scrive-libro-su-lana-del-rey-flip-side/99474/

Madonna come Picasso

Nostra Signora Madonna pensa che gli artisti dovrebbero interrompere le loro carriere nel momento in cui sentissero di non aver più nulla di importante da dire. Ma lei è ben lontana da un'eventualità del genere, come ha dichiarato in una recente intervista.
"Mi piace paragonarmi ad esponenti di altre arti, come Picasso. Lui ha continuato a dipingere fino al giorno in cui è morto. Perché? Perché, immagino, l'ispirazione lo spingeva a farlo. La vita era la sua ispirazione, e lui aveva bisogno di continuare ad esprimersi. Proprio come me".
Madonna ha pubblicato il suo primo album nel 1983, più di trent'anni fa.
"Non penso che la creatività abbia una data di scadenza. Penso che si continui finché non si ha più niente da dire"
Il 9 settembre, dopo essere stato posticipato di una decina di giorni comincia a Montreal il suo "Rebel Heart Tour", che verrà anche in Italia (tre date il 19,20 e 21 novembre a Torino).
Madonna spiega che non è stato facile scegliere le canzoni da mettere nella setilist, perché vuole farne conoscere di nuove ma nel contempo non vuole deludere chi si aspetta i grandi successi.
"Ho alle spalle trentadue anni di dischi, devo scegliere. Me ne sto seduta per settimane e settimane a spulciare il catalogo delle mie canzoni, per sceglierle in modo che sia dal punto di vista tematico sia dal punto di vista sonoro possano stare bene insieme".
http://www.rockoll.it/news-645486/madonna-rebel-heart-tour---madonna-come-picasso

Madonna, la ragazza più vincente della storia del pop

Dicono che la fessura tra gli incisivi superiori sia un segno di buona fortuna, e anche la spia di una travolgente sensualità. Quei due dentini aperti davanti, Madonna (non è nome d’arte: è registrato all’anagrafe) Veronica Louise Ciccone li porta da quand’era lattante, dimostrandosi formidabile testimonial della credenza popolare. Lei, per non lasciar fare tutto al destino, ha aggiunto ambizione, volontà e carattere.
Così, un giorno, si è guadagnata questo elogio: «È la donna più famosa del mondo, la personalità più forte degli ultimi vent’anni. È un’artista, una creativa, una donna d’affari, una madre, una moglie. Una che fin da piccola aveva un progetto forte: costruire il futuro». Lo ha scritto, nel 2000, il giornalista inglese Andrew Morton, che è stato il primo di coloro che, alla regina del pop, hanno dedicato una biografia. Ma ci sono anche sassate: «La First Lady del pop ha avuto un tempismo invidiabile nel provocare e trasgredire. Chi la detesta l’accusa di avere ottenuto il successo con l’eccesso, ma di essere fondamentalmente un bluff». Quando il settimanale americano People registra queste critiche, confrontando Madonna con rivali vecchie e nuove (da Gwen Stefani a Lady Gaga), sono passati altri dieci anni: se era bluff, nessuno ancora l’ha smascherato.
Ma chi era ragazzina a metà degli anni Ottanta sa perfettamente che Madonna non è mai stata un bluff, e lo sanno anche i ragazzini di quel tempo, quando iniziava la sua leggenda e il look di Madonna (il primo dei mille che poi ha proposto, a cavallo di due secoli) dettava legge tra le teenager: era quasi impossibile corteggiare una coetanea che, anche soltanto per un dettaglio, dai guanti alla spilla da balia, non avesse a modello le idee della bad girl, la ragazzaccia, che cantava Like a Virgin e Material Girl e indossava reggiseni e guepiere a vista, scopriva l’ombelico e portava al collo catenine religiose.
I genitori inorridivano (come, nelle generazioni precedenti, erano inorriditi davanti ai fumetti e al rock’n roll), mentre Madonna conquistava il mondo con una personalità forse indefinibile, per la quantità di camaleontiche trasformazioni, ma così forte da giustificare l’affermazione che la popstar è stata una protagonista della storia dell’emancipazione femminile. Per lei, l’iscrizione tra le “ragazze vincenti” si deve non solo al titolo di uno dei suoi film, ma soprattutto alla ribellione totale contro il dominio maschile nella società. Madonna è un mito, ma anche una bandiera.
È nata nei sobborghi di Detroit, il 16 agosto 1958, e la sua vita è stata subito segnata dal destino. Non ha ancora sei anni, che l’adorata mamma Madonna Fortin muore di cancro. Le lascia nell’anima una ferita inguaribile: «I bambini pensano sempre di aver fatto qualcosa di sbagliato quando i  genitori spariscono», confesserà, molti anni dopo, la popstar. Papà Silvio, detto Tony, figlio di abruzzesi (di Pacentro) sbarcati in America agli inizi del Novecento, peggiora le cose risposandosi: ingegnere impiegato nell’industria dell’auto, prima alla General Motors poi alla Chrysler, lo fa per necessità. Mamma Madonna l’ha lasciato con sei figli.
Per Madonna jr questo significa soltanto che c’è una matrigna in famiglia. Per lei diventa un assillo straziante il confronto tra la vita del giorno e i sogni della notte, spesso visitati dalla mamma. Le biografie malevole dicono che le pesasse dover fare la “donnina” quand’era ancora bambina, sbrogliandosela tra piatti da lavare e pannolini da cambiare (dei fratellini, tutti più piccoli di lei: ne sono arrivati altri due, col secondo matrimonio di papà). In realtà Joan, la seconda moglie, ci metteva tanta buona volontà, per farsi accettare, anche responsabilizzando la piccola Madonna. Ma lei, sino all’adolescenza, non vorrà mai uscire dal rifugio dei sogni, che col tempo si intrecciano con i desideri di notorietà, come contravveleno al senso di solitudine che non la abbandona, anzi si rafforza per lo scarso feeling con i ragazzi: Madonna è appassionata di danza e musica classica e questo basta, ai coetanei, per catalogarla come stramba.
Lei accentua quella stramberia con piccole scelte anticonformiste: rifiuta di truccarsi per sembrare più carina, e, proprio quando tutte le ragazze cominciavano a praticare la depilazione, lei non si toglieva neanche un pelo superfluo. «Sapevo che queste cose mi rendevano ancora più diversa», ha raccontato, «E così coltivavo il mio senso di superiorità». Resiste fino all’iscrizione all’università, studia per un anno (guadagna i primi soldi lavorando in un bar e in una gelateria) poi, nella tarda estate del 1978, scappa a New York (con 35 dollari in tasca, dice la leggenda). È l’inizio della sua epopea, scandito da momenti comici e drammatici.
Tra le situazioni comiche c’è l’improvvisata di papà Tony a casa sua, in un quartiere malfamato della città, atterrito dagli scarafaggi nel corridoio e dai senzatetto ubriachi nell’atrio del condominio. Lui voleva farla tornare tra le comodità e le sicurezze del Michigan, ma, per fortuna, non riuscì a convincerla. Tra le esperienze drammatiche c’è anche la scuola del ballerino Christopher Flynn, suo primo maestro di danza. La sottopose a un tirocinio durissimo che prevedeva anche una disciplina vicina alla tortura: per assicurarsi che l’allieva tenesse ben alta la testa mentre ballava le incastrava una matita appuntita tra il mento e la base della gola. Ma al congedo dalla scuola, le disse che era brava e bellissima, anzi speciale. «Non me l’aveva mai detto nessuno» commenterà anni dopo Madonna «E se devo dire la verità, pur nella mia presunzione, non me l’ero mai detto neppure io: ma capii che Flynn si riferiva a una bellezza non convenzionale». Ma non sono i passi di danza che le aprono la strada del successo: è la voce, potente e inconfondibile. Nell’estate del 1979, Madonna ha anche imparato a suonare bene la chitarra e si esibisce, con una piccola band, prima nelle strade di Manhattan poi nei locali underground, frequentati da attenti talent scout e da tipi come Andy Warhol e Truman Capote.
Il fenomeno Madonna, ragazza quanto mai vistosa nell’abbigliamento e capace di inserire, a sorpresa, un assordante rutto tra le parole d’una canzone solo per essere a ogni costo al centro dell’attenzione, esplode nel 1982. All’uscita del suo primo disco, un anonimo recensore del settimanale Time sentenzia: «Madonna sparirà dalla circolazione nel giro di sei mesi». E nel 1985 lei dice per la prima volta una frase che da trent’anni non ha più smesso di ripetere: «Quanto durerò? Sinceramente, non ci penso. Mi limito ad andare avanti». In realtà sta già ponendo le basi del suo impero economico, e, nel privato, vive avidamente, e con spasmodica intensità, ogni momento dell’esistenza.
Dopo il primo amore dell’adolescenza, Mark Dolengowski, ragazzo di Detroit che l’aveva sostenuta anche nelle sue ambizioni artistiche, Madonna incontra, nel 1985, la grande, folle passione: è Sean Penn, giovanotto di cattivo carattere e pessima reputazione, che le fa letteralmente impazzire i sensi, anche perché induce l’innamorata a rivelare, senza pudore, il proprio oscuro e seducente lato sadomaso. Lo stesso anno, il 16 agosto, diventano moglie e marito a Malibu, con una cerimonia che è entrata negli annali della stampa scandalistica. Non per maliziosa strategia promozionale, ma proprio perché Sean odiava sinceramente il gossip e la giovane Madonna ne diffidava, ora e sede precisa matrimonio erano state tenute segrete e anche il celebre ristorante Spago, che forniva il catering, ignorava l’indirizzo del party nuziale.
Risultato: un esercito di paparazzi sul terreno e squadre d’assalto fotografico sugli elicotteri per perlustrare il territorio, finché, anche grazie a una soffiata, viene localizzata la casa sulla scogliera dove sono riuniti gli sposi e gli invitati. Respinti gli “attacchi” da terra, Sean provvede a modo suo a contrastare quelli dal cielo: prima scrive sulla sabbia un gigantesco «Fuck» poi con una calibro 45 si esibisce in una sparatoria di sbarramento. Forse il loro divorzio è cominciato in quel momento, perché Madonna gli gridava, invano, di smetterla. E più che da quella difesa della privacy, decisamente esagerata, era esasperata d’essere disobbedita.
Restano insieme un paio d’anni, uniti dal desiderio (e dalla mai dimenticata fantasia sessuale di lui). Il National Enquirer, uno dei giornali pettegoli che avevano partecipato all’assedio di Malibu, fa in tempo a divulgare una piccante leggenda: Sean Penn, una volta, ha legato la moglie a una sedia e dopo un’infinità di stuzzicanti preliminari è uscito, lasciandola lì, in attesa, e facendole desiderare il ritorno sino allo sfinimento.
Sarà un’invenzione ma l’idea che l’amore fisico sia bello anche perché è torturante si ritrova poi in Sex, l’audacissimo libro fotografico con la popstar protagonista del testo e delle immagini, che Madonna ha realizzato nel 1992. E in ogni caso, anche quando la sua vita sentimentale sarà diventata un uragano di brevi incontri, lei confermerà sempre: «Sean è stato il vero grande amore della mia vita», nonostante l’impossibilità della convivenza a causa del suo amore per l’alcol e la propensione al tradimento. La donna che sin da piccola sognava non di cambiare il mondo ma, più saggiamente, di dominarlo, non poteva farsi sopraffare dai suoi stessi sensi: intraprendente in privato (quando Antonio Banderas arriverà a Hollywood confesserà, senza complessi, d’aver voluto portarselo a letto, e d’aver fallito), in pubblico ha sempre esercitato un autocontrollo di ghiaccio. Lo sperimenta anche il modello e personal trainer Carlos Leon, che a metà degli anni Novanta sembra aver messo un freno a alle giostre di Madonna.
Prima di lui ci sono stati amanti illustri: John John Kennedy e Warren Beatty. Il figlio del presidente ucciso a Dallas e di Jackie O era sinceramente stregato dalla carica sexy di Madonna (anche qui il National Enquirer riuscì a divulgare una leggenda: in uno dei loro primi incontri segreti, Madonna aveva accolto John John vestita solo di una fascia di domopak intorno ai fianchi e, a braccia aperte, gli aveva detto: «Ecco la tua cena»), però la mamma non aveva nessuna simpatia per la material girl e la love story non ebbe mai un futuro. In compenso, Madonna, che stava divorziando da Sean Penn, si era tolta la soddisfazione di ingelosire l’ex marito, che era farfallone ma gelosissimo, anche a scoppio ritardato. Con Warren Beatty, suo partner nel film Dick Tracy, Madonna si era tolta il capriccio di conquistare lo scapolo d’oro di Hollywood, fino a pensare di sposarlo. Ma in quel momento, gli inizi degli anni Novanta, lei era molto più celebre di lui, e Warren non voleva farle da spalla.
Dal 1994, per tre anni Carlos Leon è al fianco di Madonna, e nella notte del 14 ottobre 1996 diventa papà della loro Lourdes Maria. La notte di Natale Carlos e Madonna sono davanti a un avvocato: stanno perfezionando la tacita intesa che li aveva uniti. Se avessero messo al mondo un figlio, lui avrebbe dovuto rinunciare a ogni diritto di paternità. Madonna riconosce a Carlos una buonuscita di quasi due miliardi (un milione di euro al nostro cambio). Quando i giornali pubblicano la notizia, il singolare contratto rappresenta l’ennesimo scandalo di Madonna, e molti trovano cinico il suo comportamento.
In realtà lei applicava ancora una volta il primo dei suoi precetti: «Comando io, e non rifiuto nessuna responsabilità». Neppure quella della mamma single. In verità era tarlata dal dubbio che l’istruttore di ginnastica potesse sfruttare la situazione per vivere comodamente alla sua ombra. La vita ha dimostrato che la spietata lucidità dimostrata anche in quei momenti dà ragione a Madonna: Carlos, messo da parte, non ha poi tradito, negli affetti, il ruolo di padre e non è sparito dall’esistenza di Lourdes Maria.
E quindici anni dopo il primo matrimonio, Madonna concede un bis che non è più un combattimento con i paparazzi ma un’apoteosi di mondanità. Il nuovo signor Madonna (è il destino dei suoi compagni essere definiti così) è il regista scozzese Guy Ritchie, dieci anni più giovane. Si sposano in un castello, il 22 dicembre del 2000, avendo accanto il loro figlio Rocco, nato l’11 agosto e battezzato il giorno prima delle nozze. Stavolta i pettegolezzi si limitano a una mezza gaffe della reverenda Susan Brown, che li unisce in matrimonio. Per essere disinvolta, racconta: «Durante uno degli ultimi matrimoni che ho celebrato, l’abito della sposa ha preso fuoco».
In realtà l’unione di Guy e Madonna non sarà mai a rischio d’incendio: benché lei dichiari di esser pronta a fare tutto per il piacere del marito (a cominciare da sensuali massaggi) e ammetta: «Ho scoperto l’amore incondizionato. Prima di incontrare Guy non davo molto nelle relazioni. Ma sono cambiata completamente», lui  replica con battute come questa: «Abbracciare Madge è come stringere una cartilagine». Tra loro, il calore sessuale, è vicino allo zero e quando si gela del tutto, divorziano. Lui ci guadagna novanta milioni di dollari pronta cassa, la cifra più alta mai pagata, in un divorzio, da una donna.
Con questo nuovo, singolare record, la storia di Madonna è arrivata ai giorni nostri, e il diario delle sue giornate registra anche che, nel frattempo ai figli naturali ha dato due fratellini adottivi:  Mercy Chifundo e David Banda, bambini del Malawi. Secondo consuetudine, la loro accoglienza nella famiglia di Madonna ha suscitato le rituali polemiche, messe a tacere da Bono, capofila delle star dal volto umano: «Se tutti quelli che hanno i mezzi facessero come lei, il mondo sarebbe un posto migliore». Mentre Madonna, sempre in cima al mondo, può serenamente commentare: «Sono arrivata al punto in cui non m’importa se dicono falsità sul mio conto. Ho capito che se la tua gioia deriva da quello che gli altri pensano di te, hai perso in partenza». Invece lei è una perfetta ragazza vincente, e se non ci credete, conservate questo post e riapritelo fra un paio d’anni, quando Madonna sarà vicina ai 60. La regina del pop sarà ancora lei. Scommettiamo?
http://marilyn.corriere.it/2015/07/22/madonna-degli-scandali-stupiscici-ancora/?cmpid=SF020103COR

I Fantastici Quattro: Jamie Bell presenta La Cosa

La Cosa, il mutante che affiancherà Mr. Fantastic, la Donna Invisibile e la Torcia Umana in questo film diretto da Josh Trank. IL supereroe è interpretato da Jamie Bell, pilastro di un cast che vede anche al suo interno Michael B. Jordan, Kate Mara, Miles Teller.
L'uscita del film è prevista per il 10 Settembre.
Sinossi di Fantastic 4 - I Fantastici Quattro:
FANTASTIC 4 - I Fantastici Quattro, una riproposizione contemporanea dell’originale fumetto Marvel sulla squadra di supereroi più antica che esista, racconta la storia di quattro giovani outsiders che dopo essere stati trasportati in un universo alternativo si ritrovano ad essere modificati nel loro aspetto fisico in maniera sorprendente.
Solo imparando a controllare le nuove abilità prodotte da questa trasformazione riusciranno a dare un senso alle loro vite e a salvare la terra da un ex amico diventato un micidiale pericolo per tutta l’umanità.
http://www.voto10.it/cinema/not.php?NewsID=21723

Jamie Bell: «Sono quello di sempre»

L’attore non si è abituato ai lustrini di Hollywood: si considera ancora un «ragazzo di Billingham».
Jamie Bell ha trovato il successo a soli 13 anni, quando ottenne la parte del protagonista in «Billy Elliot». Da allora ha avuto la fortuna di interpretare una vasta gamma di personaggi.
«Grazie al cielo non esistono molti film su ballerini maschi, a parte “Magic Mike” e “Step Up”», ha affermato divertito su Maxim.
Ora si prepara a tornare al cinema con una parte ne «I Fanstastici Quattro», dove sarà Ben Grimm/La Cosa, un essere dotato di una forza immensa.
Nonostante le sue tante fan, il 29enne non si sente mai a suo agio negli eventi da red carpet.
«Penso sempre che me ne starò in piedi in un angolo da solo», ha sospirato.
Del resto l’attore, nato nel nord est dell’Inghilterra da una famiglia di umili origini, non si è mai sentito particolarmente tagliato per il glamour hollywoodiano. Per questo è sempre rimasto fedele a se stesso e sempre lo rimarrà.
«Sono solo un ragazzo di Billingham che si è trovato a vivere in questo mondo pazzo. Ho ancora l’accento del Teesside e il mio senso dell’umorismo non è mai cambiato. Ma mi piace quest’industria, specie quando parlo con un big degli studios e lo chiamo “amico”», ha concluso sul Telegraph.

http://www.bluewin.ch/it/spettacolo/people/2015/7/19/jamie-bell---sono-quello-di-sempre-.html

LANA DEL REY, ECCO LA PRIMA CANZONE INTERA DA "HONEYMOON" - ASCOLTA

Dopo spezzoni, anticipazion e teaser, la cantante statunitense Lana Del Rey ha diffuso la prima canzone intera che anticipa il nuovo album ”Honeymoon”: si tratta della title-track, una ballata di quasi sei minuti, postata oggi su YouTube.
L'uscita di  “Honeymoon” è prevista per settembre, ma senza una data precisa. L'album segue "Ultraviolence", pubblicato nel 2014 ed è stato prodotto da Kieron Menzies, e Rick Nowels. 
http://www.rockol.it/news-645306/lana-del-rey-honeymoon---video

Madonna - Bitch I'm Madonna (Sander Kleinenberg Remix) ft. Nicki Minaj


Muse: "Voliamo sul pubblico col nostro drone rock. E prima o poi suoneremo nello spazio"

Abbiamo parlato con la band inglese in occasione dell'unica data italiana del loro tour, questa sera a Roma davanti a 33mila persone: "Siamo troppo seri? Va bene anche se ci ascoltano solo per divertimento"
QUEL ramo del lago di Como si è incrinato tempo fa, dopo nove anni di fidanzamento con una psicologa italiana durante i quali è diventato vicino di villa di George Clooney, ma non si è mai spezzato: a Matthew Bellamy l'Italia sta molto a cuore. «Mi manca molto, il lago di Como poi è uno dei posti più belli al mondo. Ho una casa lì con studio di registrazione, ma ora ci vado meno spesso. Apparteneva al compositore Vincenzo Bellini. Mi piace pensare che il suo spirito ancora sia presente tra le mura. Vivere lì ha cambiato il mio modo di concepire il cibo, in Inghilterra non siamo così sofisticati. Ho imparato a sentirmi in simbiosi con le stagioni e gli ingredienti. Non so parlare bene la lingua, ma so fare la pasta in casa. I tagliolini, con uova e farina 00».
Il rapporto speciale dei Muse - la rock band inglese che Bellamy ha fondato venti anni, sette album e quasi venti milioni di copie fa - con il nostro paese torna a rinsaldarsi questa sera con l'unica data italiana del Drones World Tour , 33 mila biglietti venduti che hanno fatto registrare il tutto esaurito all'Ippodromo delle Capannelle di Roma per la rassegna Postepay Rock In Roma . L'ultima volta nella Capitale, nel 2013, decisero di riprendere con le telecamere il concerto allo Stadio Olimpico che diventò il dvd e cd ufficiale del tour, Live at Rome Olympic Stadium .
Bellamy: «Era un azzardo, perché non suonavamo in città da oltre dieci anni, e la volta precedente era stato in un posto molto piccolo. Si chiamava... Colosseum? Ah, no: Palladium. Molte band non arrivano fino a Roma perché scendere giù ha costi alti, ma noi ci tenevamo particolarmente. Ed è andata benissimo, quindi abbiamo scelto di registrare lì il nostro dvd dal vivo davanti a 80 mila persone».
Chris Wolstenholme, bassista: «Alcuni amici e familiari arrivati a Roma già da qualche giorno per il concerto di stasera mi hanno avvertito sulla grande ondata di caldo».
Qualche anno fa dicevate di voler suonare nello spazio. Credete di riuscirci?
Wolstenholme: «Alla fine potrebbe succedere davvero, la tecnologia magari ce lo permetterà presto. In fondo c'è già il progetto Virgin Galactic di Richard Branson per portare visitatori nello spazio. Intanto, dopo le date nei festival, penseremo alla scenografia del prossimo tour e ci piacerebbe utilizzare i droni, tema del nuovo album. L'importante è che non ci siano pericoli per il pubblico».
L'album " Drones ", per la prima volta al numero uno anche negli Stati Uniti, è una riflessione sulla tecnologia che minaccia l'umanità, un immaginario tra Isaac Asimov e "The Wall" dei Pink Floyd. Non temete mai di essere presi troppo sul serio?
Bellamy: «Non so, proponiamo un insieme di vari elementi. Ci sono musiche energiche per divertirsi ma anche considerazioni sulla vita contemporanea».
Wolstenholme: «In realtà in questa fase della nostra carriera siamo molto seri. Poi ognuno ci ascolta con lo spirito che vuole».
Una rock band può ancora cercare di cambiare le persone?
Wolstenholme: «A me è successo con i Nirvana. Ero un adolescente quando uscì Nevermind . Forse dopo di loro il rock non è più riuscito a essere così influente. Per me furono fondamentali. Mi autorizzavano a sentirmi diverso in mezzo agli altri a scuola. Ma l'aspetto autodistruttivo di Kurt Cobain non mi ha mai affascinato».
Bellamy: «Io avevo nove o dieci anni e ascoltai Crossroads in una registrazione dal vivo di Eric Clapton e rimasi stregato. Mi fece venire voglia di suonare la chitarra. Poi ho scoperto Jimi Hendrix e, anch'io, i Nirvana. E a 16 anni la musica classica mi ha spinto allo studio del pianoforte e dell'orchestrazione».
Non vi piacerebbe comporre una colonna sonora?
Bellamy: «Magari, ma sono sempre impegnatissimo con i Muse. Tutte le energie sono dedicate a questo progetto, la musica per film non è una cosa da affrontare nei ritagli di tempo. Mi piacerebbe lavorare con Quentin Tarantino, un fuoriclasse. E con David Fincher. Inutile dire che ammiro da sempre Ennio Morricone. A parte lui non conosco molto della musica italiana. Conosco gli Afterhours, perché lavoriamo con il produttore e ingegnere del suono Tommaso Colliva. Lo abbiamo conosciuto alle Officine Meccaniche, lo studio di Mauro Pagani dove abbiamo registrato anche gli archi dell'ultimo album».
Siete sempre stati restii alle collaborazioni con altri artisti, è una scelta precisa?
Wolstenholme: «Che senso avrebbe lavorare con altri quando abbiamo Matt che oltre a suonare la chitarra è anche un ottimo pianista? In realtà ci piacerebbe molto fare qualcosa con Elton John, una leggenda, ci siamo andati vicini con un brano per le Olimpiadi di Londra, ma poi non è andata in porto. Ma avere The Edge degli U2 che suonava con noi sul palco di Glastonbury anni fa è stata la realizzazione di un sogno».
http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2015/07/18/news/muse-119319127

Charlotte Gainsbourg e la figlia Alice per Comptoir des Cotonniers

Charlotte Gainsbourg e la figlia nuove testimonial Comptoir des Cotonniers. L’affascinante attrice e la figlia Alice sono infatti le protagoniste della nuova campagna del brand di prêt-à-porter francese.
Per celebrare i suoi primi 20 anni, la maison ha deciso di affidarsi all’inedita coppia protagonista della prima collezione Autunno-Inverno 2015 disegnata da Anne-Valérie Hash. Gli scatti, ambientati a Parigi, sono firmati da Alasdair McLellan.
Non è la prima volta che la nuova musa di Lars Von Trier presta la sua immagine ad un celebre marchio di moda: l’attrice ha infatti già posato per Balenciaga e Louis Vuitton.
http://moda.guidone.it/2015/07/18/charlotte-gainsbourg-e-la-figlia-alice-per-comptoir-des-cotonniers/

A Roma oltre 40mila fan per l'unica tappa italiana dei Muse

Oltre 40mila fan si sono dati appuntamento a Roma e più precisamente all’Ippodromo delle Capannelle, per il concerto dei Muse, unica tappa italiana del tour europeo della band simbolo dell'alternative rock britannico. Un appuntamento che porta il marchio Rock in Roma 2015 e che ha registrato il sold out. La band inglese, dunque, torna nella capitale dopo il concerto del 2013 allo stadio Olimpico, il primo ad essere interamente filmato in 4K Ultra High Definition, e lo fa portando sul palco il nuovo album 'Drones', fresco di pubblicazione (giugno 2015). L'onore di aprire l'unica data italiana della band di Matthew Bellamy è toccato ai Nothing But Thieves, la band inglese, che si ispira a Foo Fighters, Led Zeppelin e Arcade Fire.
La scaletta del concerto, oltre a proporre i nuovi singoli “Psycho”, “Reapers” e “Mercy”, non delude i più affezionati con “Supermassive Black Hole“, “Apocalypse Please” e “Time Is Running Out”. E a scaldare i fan non poteva mancare la tecnologia con schermi, luci ed effetti speciali. Il cammino professionale dei tre inglesi è iniziato nel 1999 con l'album “Showbiz“ ed è stato il primo di una serie di successi. Con sei album alle spalle, i Muse hanno venduto oltre 20 milioni di copie in tutto il mondo. Considerati come una delle migliori band live del mondo hanno vinto numerosi premi, tra i quali: cinque 'MTV Europe Music Awards', sei “NME Awards” e sei “Q Awards”. Sono stati premiati due volte ai “Brit Awards” come “Miglior Band Live” e sono stati nominati per cinque “Grammy Awards”, vincendo il premio per il “Miglior Album Rock” con “The Resistance”.
Grande soddisfazione per l'esclusiva italiana ottenuta con i Muse, viene espressa da Maxmiliano Bucci, fondatore insieme a Sergio Giuliani del “Postepay Rock in Roma”: “Poter ospitare l’unica data italiana del tour dei Muse è un onore per il Postepay Rock in Roma. Questo concerto, insieme all’intero cartellone di quest'anno, è la dimostrazione di quanto questo Festival sia cresciuto nel corso degli anni”. E saranno d'accordo gli oltre 40.000 spettatori che sono arrivati da ogni parte d'Italia per vedere, sentire e ballare questo concerto.
http://www.adnkronos.com/intrattenimento/spettacolo/2015/07/18/roma-oltre-mila-fan-per-unica-tappa-italiana-dei-muse_o4PhSkfcJE2m9iFI8iZlbN.html

MADONNA, CONDANNATO A 19 MESI DI RECLUSIONE L’HACKER CHE DIFFUSE ILLEGALMENTE "REBEL HEART"

Come ricorderete, il singolo “Living For Love“, primo estratto dal disco “Rebel Heart” di Madonna, sarebbe dovuto uscire il 14 febbraio di quest’anno, stando ai piani discografici dell’artista. Un hacker, però, riuscii ad entrare nei sistemi della casa di produzione e poco prima di Natale apparirono sul web ben 40 brani scritti per il nuovo album, e così Madonna si vide costretta a pubblicare alcuni dei brani su iTunes, tra cui appunto “Living For Love“. Ebbene, il colpevole di tutto questo reato è stato individuato e condannato a 14 mesi di prigione.
Si chiama Adi Lederman, ha 39 anni ed è israeliano: era stato arrestato lo scorso mese di gennaio in seguito ad una serie di indagini; nel processo avviato nei suoi confronti, l’uomo è stato chiamato a rispondere di quattro capi d’accusa: violazione aggravata di account informatici, monitoraggio non autorizzato di dati sensibili, violazione del diritto d’autore e intralcio alla giustizia. Rinviato a giudizio lo scorso febbraio, l’hacker rischiava fino a cinque anni di carcere.
http://www.musictory.it/news/madonna-condannato-a-14-mesi-di-reclusione-lhacker-che-diffuse-illegalmente-living-for-love-23393/

Hozier vince e convince a Milano

Circolo Magnolia, Segrate (Milano), 8 luglio 2015. L’atmosfera è quella da festival d’Oltremanica: vuoi il sound della serata, vuoi il verde, per quanto la ghiaia faccia di tutto per finire ovunque, così come la polvere. Milano sembra essere davvero lontana e Unaltrofestival offre il cartellone giusto e l’occasione adatta per evadere dal caldo torrido che sta attanagliando la città. La gente in attesa di Hozier aumenta mano a mano che il tempo passa: sui vari palchi si alternano Brothers In Law, Eaves, BadlyDrownBoy e quando arriva Hozier accompagnato dalla sua band esplode un boato.
Nel corso delle quindici canzoni, vere e proprie tessere di quel puzzle di un’ora e mezza che è stata la sua esibizione, il coinvolgimento del pubblico è stato tangibile, nonostante il caldo afoso che ha continuato ad imperversare: non solo sulle conosciutissime Take Me To Church e Something New o il nuovo singolo Work Song, ma anche su brani meno noti al grande pubblico, come To Be Alone e Cherry Wine (richiesta a gran voce): nessuno ha risparmiato applausi, cori a gran voce e ondeggiamenti a ritmo. Persino la violoncellista Alana Henderson, con cui Hozier ha duettato sulle note della tanto romantica quanto macabra In a Week, si è sentita in dovere di ringraziare i fan per il sostegno: «è difficile trovare un pubblico che venga coinvolto da una canzone che parla di morte in questo modo» esclama a fine pezzo.
L’impressione a pelle è che questo giovanotto irlandese sul palco ci sia proprio nato: nessun imbarazzo anche quando i volumi, durante Take Me To Church per esempio, non sono stati proprio all’altezza. Non c’è stato nemmeno un lampo di esitazione nei suoi occhi, ma una fermezza e una capacità di tenere in mano la situazione che hanno convinto. Durante le canzoni eseguite senza il supporto della band non si è avvertita alcuna mancanza, senza nulla togliere ai musicisti: la voce di Hozier e le sue chitarre hanno saputo ipnotizzare i presenti, trascinandoli in quel caldo abbraccio soul che lo ha reso famoso in tutto il mondo.
Non ha smesso di sorprendere piacevolemente neanche a fine live. Dopo la consueta uscita dal palco, per poi tornarci dopo qualche applauso e richiesta a gran voce – il tempo necessario per potersi legare nuovamente i capelli che, durante le precedenti esibizioni erano andati per conto loro, facendo sciogliere definitivamente le ragazze in prima fila – ha sfoderato un’interessante cover («just for fun!») di Problem di Ariana Grande, reintepretata ovviamente a modo suo.
Insomma, le aspettative sono state soddisfatte e, in alcuni casi, anche superate. A quando la prossima data in Italia?
http://www.onstageweb.com/recensione-concerto/hozier-milano-8-luglio-2015-recensione/

GAGSTERS - VERSO ALCOLICO (Special Guest Lupin4th)


LA 3^ TRACCIA DELL'ALBUM GAG BANG


Special Guest: Lupin4th

Lyrics: Sagi
Producer: Chooby
Co-Producer: Paolo Mantini

Anniversari Leggendari: Cher arriva a 50 anni di carriera

A 50 anni dall’inizio della sua carriera, abbiamo deciso di celebrarla con un mega-post biografico! La più longeva leggenda del Pop decennio per decennio
Non è da tutti continuare a far parlare di sé ed a proporre materiale che interessi per molti decenni. E’ difficilissimo riuscire a sfidare le mode mentre esse mutano, adattarsi alle epoche, capire come colpire un pubblico diverso da quello che ti supportava agli inizi, ed è per questo che molti artisti soccombono travolti dal ricambio generazionale, sparendo così completamente dalla scena.
Dunque, coloro che riescono a restare in auge per moltissimo tempo ed a superare ostacoli di questo tipo vengono spesso considerati delle leggende, degli artisti a cui guardare come modello, da cui prendere spunto, da imitare per poter ottenere una carriera che sia anche solo lontanamente paragonabile alla loro.
Non è però da tutti raggiungere certi livelli, e così le leggende restano pochissime in ambito musicale. Una di esse è senza alcun dubbio la superstar americana Cher.
Donna eclettica e camaleontica, ma anche dotata di un talento immenso, quest’oggi Cher festeggia il cinquantesimo anniversario dal suo debutto musicale. Per l’occasione noi di R&B Junk abbiamo deciso di ripercorrere la sua grande carriera, fatta di alti e bassi ma che ha sempre saputo reinventarsi. Incominciando dai suoi primissimi passi…
Nata dall’unione tra i profugo armeno John Sarkisian e dalla cantante, modella e attrice americana (non famosa) Jakie Jean Crouch, Cherilyn Sarkisian sogna fin da bambina di avviare una carriera nel mondo dello spettacolo, nella speranza di poter avverare i desideri che sua madre non è mai riuscita a trasformare in realtà.
Le difficoltà economiche della famiglia ed il divorzio dei genitori non le impediscono di prendere lezioni di recitazione e di iniziare a frequentare il mondo dello spettacolo: per un caso fortuito, la futura diva stringe amicizia  con un certo Salvatore Bono, uomo italoamericano che lavorava in un importante studio di registrazione di Hollywood.
L’assenza di una corista spinse Bono a sostituire la donna con colei che è ormai diventata la sua compagna. La sua voce colpì molto i proprietari dello studio, e Cher divenne dunque una corista stipendiata, dando inizio alla sua carriera canora…
Forte di uno strumento vocale particolarissimo e di una grande bellezza, Cher inizia così a farsi strada nel musicbiz, ma continuando a ricoprire un ruolo assolutamente marginale: l’artista cerca di diventare famosa con lo pseudonimo di Bonnie Jo Mason, ma la sensualità della sua musica (siamo tra gli anni 50 e 60) fa sì che i suoi brani siano completamente snobbati dalle radio.
L’artista però non si arrende e decide di dare inizio alla sua carriera insieme allo stesso Salvatore. I due scelgono prima lo pseudonimo di Caesar & Cleo, ma dopo i primi flop optano per il più fortunato Sonny and Cher. E così, il 9 luglio 1965 viene pubblicato il loro singolo di debutto “I Got You Baby”, il quale riesce a diventare una grande hit internazionale.
A questo successo ne seguiranno molti altri, e così l’album “Look at Us” riuscirà a diventare un vero e proprio best seller, regalando alla coppia la fama internazionale.
Qualche mese dopo, Cher debutta anche come solista con l’album “All I Really Want to Do”, ottenendo un buon successo e la sua prima top 20 hit da solista nella Billboard Hot 100. Il disco ottiene critiche ottime e dona a Cher una grande popolarità, avverando così i sogni della ragazza.
La vera affermazione arriva, tuttavia, qualche anno più tardi, con il grandissimo successo mondiale di “Bang Bang”, singolo estratto dal suo secondo album “The Sonny Side of Cher”. In realtà, il successo di quest’album è inferiore a quello del precedente, ma il singolo da noi citato è rimasto nell’immaginario collettivo come un simbolo di quegli anni, permettendo così a Cher di lasciare il suo primo segno indelebile nella storia della musica.

Se volete apprezzarla in una versione più moderna…
Proprio in questo periodo, la star prova ad emergere anche in quello che allora era ancora uno dei mercati musicali più influenti sulla scena internazionale. Sto parlando dell’Italia, sede di una manifestazione allora molto più importante di quanto lo sia oggi: Il Festival della Canzone Italiana o Festival di Sanremo.
Nel 1967 Cher, stimolata dal grande successo che “Bang Bang” ottenne anche da noi, partecipa alla manifestazione sia con Nico Fidenco che in coppia con lo stesso Sonny. I brani sono rispettivamente “Ma Piano (per non svegliarmi)” e “Cammino di ogni Speranza”, ma non vengono apprezzati dalla giuria che li estromette dalla gara.
Pur sapendo che difficilmente compiacerà i vostri gusti, vi postiamo uno dei due brani…

Dopo il grande successo ottenuto in pochissimo tempo, Cher & Sonny (ma anche Cher da solista) persero rapidamente terreno non riuscendo ad evolvere il loro stile ed a confrontarsi col mutare del gusto del pubblico. Questo a causa principalmente dei loro ideali, molto diversi da quelli che hanno animato il mondo verso la fine degli anni 60.
Ogni altro prodotto targato Cher rilasciato verso la fine negli anni 60 è dunque un flop colossale, compresi il suo debutto da attrice in “Chastity” ed il meraviglioso album “3614 Jackson Highway” (che a dispetto della performance commerciale inesistente fu letteralmente idolatrato dalla critica).
Proprio quando la loro carriera sembrava finita, Sonny and Cher ebbero però un’idea grandiosa: quella di darsi alla televisione. Mixando la musica alla recitazione comica, i due ottengono il favore della critica e del pubblico, al punto che il loro programma più fortunato “The Sonny & Cher Comedy Hour” sarà una delle 10 trasmissioni televesive più seguite d’America fino al 1974.

Il successo ritrovato dal duo permette a Cher di avviare una carriera fortunatissima da solista. L’album “Gypsy, Tramp e Thieves” ottiene un grandissimo successo in tutto il mondo, così come i singoli da essi estratti, in particolare la title track (una up tempo country) e “The Way Of Love”, splendida ballad in cui Cher emoziona con un uso fantastico del suo strumento vocale.



Da ciò Cher ricava una popolarità mai vista fino a quel momento: la sua fama diviene forte in tutto il mondo trasformandola in una vera icona di stile. Cher distrugge il mito della ragazza americana biondissima ed angelica, si pone come artista anticonformista e diversa dal resto, in primis grazie ad un modo di vestire decisamente provocante per l’epoca…
Con Jeans e top che lasciano spesso scoperto l’ombelico (un po’ come farà anche Raffaella Carrà qui in Italia), Cher scandalizza la società perbenista dell’epoca, diventando una delle prime popstar ad opporsi al conformismo. Immaginate se i borghesucci di allora avessero visto Miley Cyrus e simili… oggi sembra davvero assurdo scandalizzarsi per questo….
Il suo successo era tale che fu creato anche un modello di Barbie in suo onore…
Ad ogni modo, dopo che anche gli album successivi “Half-Breed” e “Dark Lady” riescono ad ottenere un successo immenso, Cher inizia ad essere insofferente a Sonny, diventato possessivo ed intenzionato a controllare la vita e la carriera dell’ormai molto più famosa moglie.
E così, mentre il successo di Cher aumenta sempre più, quello di Sonny and Cher svanisce. La coppia presto divorzia, ed a poco servirà continuare a lavorare insieme senza essere più uniti nella vita privata. Il ritorno in tv verso la fine degli anni 70 sarà un fiasco, il tutto mentre l’album di Cher “Star” diventa uno dei più grandi successi di pubblico.
Ormai la carriera di Cher va a gonfie vele, mentre quella del duo non ha più alcun senso, soprattutto dopo il successo del primo show da solista di Cher, “The Cher Show”. In futuro, Sonny si dedicherà principalmente alla politica, mentre Cher continuerà sulla sua strada. A parte qualche sporadica reunion, il duo conclude qua la sua vita, ma in futuro avrà comunque altre onorificenze…
Dopo l’enorme successo musicale ottenuto nella prima metà anni ’70, la Cher cantante ricomincia negli anni successivi. In quel periodo l’artista rilascia moltissimi dischi che tuttavia passano completamente inosservati, dando vita ad uno dei periodi più bassi della sua carriera.
I “Black Rose”, band hard rock da lei formata col suo nuovo compagno, non riescono mai a decollare (ricordiamo che la presenza di Cher nel gruppo non fu resa nota), ed anche l’album successivo “Paralyze” si rivela un flop sia di pubblico che (per la prima volta) di critica.
Allora l’artista decide di coltivare la sua seconda passione: quella per il cinema. Film “Good Times” non ottengono successo, e la critica ritiene Cher inadatta per questo ruolo.
In questo periodo, tuttavia, una nuova provocazione permette all’artista di far parlare di sé: durante un’ospitata nel celebre salotto televisivo “The David Letterman Show”, l’artista dà dello stronzo al conduttore in diretta televisiva… ok che gli ’80 furono il decennio del cambiamento dei costumi, ma parliamo comunque di 30 anni fa, dunque potete immaginare tutto quello che ne derivò.

In ogni caso, dopo i primi fallimenti da attrice, di colpo Cher riesce a conquistare pubblico e critica con alcune interpretazioni molto fortunate. Qualcosa inizia a muoversi già nel 1982, anno in cui con “Come Back to the Five”, film che ottiene finalmente successo di pubblico e di critica e fa vincere all’artista il suo primo Golden Globe.
La vera affermazione, tuttavia, arriva nel 1985 con “Silkwood”, film in cui Cher recita al fianco di Meryl Streep e grande inno all’amore lesbo. Il lungometraggio, che ha fatto sì che Cher iniziasse ad affermarsi come una delle più grandi icone gay della storia, le fa ottenere la sua prima candidatura all’Oscar.
Un altro grande successo sarà ottenuto con “Dietro la Maschera”, che regalerà a Cher un premio a Cannes. Ormai il suo talento di attrice è riconosciuto universalmente.
Il 1987 si rivelerà un anno davvero importante per la sua carriera di attrice. Cher recita infatti in ben 3 pellicole, tutte di grande successo. I film in questione sono: “Le streghe di Eastwick” (commedia nera), “Suspect – Presunto Colpevole” (thriller) e “Stregata Dalla Luna” (commedia).
Quest’ultimo lungometraggio, in particolare, permette a Cher di vincere uno dei premi più importanti della sua carriera: l’Oscar per la miglior attrice protagonista. Si tratta del riconoscimento massimo per un’attrice, e Cher può finalmente vedersi riconosciuta come un’artista immensamente talentuosa anche in questo campo.
La vittoria di questo riconoscimento sarà molto importante per lei, ma ciononostante (forse proprio per via della sua rinnovata popolarità) Cher decide di tornare al suo primo amore: la musica.
Dopo averci lavorato per un bel po’, Cher ritorna ad essere attiva nel musicbiz nel 1989 con “Heart of Stone”, un album molto rock con cui l’artista trasforma la sua immagine avvicinandosi moltissimo allo status di rocker. Ciò avviene in primis con la controversa copertina, in cui l’interprete simula un teschio…
Ma anche a livello musicale. Questa direzione sarà molto ben vista sia dal pubblico che dalla critica, tant’è che l’album diventerà il più venduto da Cher fino a quel momento. Il grandissimo successo del disco sarà supportato anche da quello dei singolo, in particolar modo di “If I Could Turn Back Time”, il quale diventa di diritto uno dei singoli più conosciuti della sua intera carriera.
Con un ritmo potente ed infettivo, questa canzone pop rock riesce ad imprimersi facilmente nella memoria dell’ascoltatore, A far discutere molto sarà anche il videoclip ufficiale del brano, frangente in cui una Cher ancora bellissima indossa un abito semitrasparente al fine di mostrare il tatuaggio che si era fatta su una delle natiche.

Per la promozione del disco, Cher affronta anche il suo primo tour da solista. Davvero curioso come un’esperienza che di solito si affronta al primo anno di carriera nel suo caso sia arrivato molto tardi, ma abbiamo già visto come Cher abbia costruito la sua grandiosità non su risultati incredibili ottenuti in singole circostanze, ma su una costanza ed una versatilità davvero invidiabili…

Gli anni 90 iniziano così così per la Cher attrice, ma molto bene per la Cher cantante. Cher recita infatti in “Sirene”, un film apprezzatissimo dalla critica ma un po’ maltrattato al botteghino. Dalla sua colonna sonora viene tuttavia estrapolata una delle canzoni più fortunate della sua intera carriera: la frizzantissima “The Shoop Shoop Song”.
Il brano non fa granché in USA, ma in compenso diventa la sua più grande hit (fino a quel momento) in Europa, continente che in passato l’aveva si apprezzata ma molto di meno rispetto alla patria. Le vendite del singolo arrivano a quota 6 milioni di copie, niente male per l’epoca (in cui gli album vendevano molto ed i singoli relativamente poco), soprattutto se consideriamo l’assenza di supporto degli States.
Tuttora il pezzo viene trasmesso abbastanza spesso dalle radio italiane…

La situazione di Cher continua ad andare su questa stessa scia anche con l’album “Love Hurts”. L’album non ottiene riscontri positivi in USA, ma si trasforma in un grandissimo successo in Europa, grazie anche ad un’immagine d’impatto creata attraverso l’utilizzo di parrucche di un rosso acceso…
Ovviamente, in questa situazione l’interprete decide di concentrarsi prevalentemente sull’Europa, proponendo dunque per la prima volta una serie di concerti proprio sul Vecchio Continente.

In quegli anni non mancano, tuttavia, attività che non c’entrano nulla con la musica. Ecco la nostra Cher in versione istruttrice di fitness!

A questo punto, concluso il contratto con la label, Cher rilascia il suo primo GH “1965-1992″, un progetto che tuttavia non potrà seguire bene a causa della diagnosi di una malattia virale che le causerà un affaticamento eccessivo. Per questo motivo, Cher si terrà per un po’ lontana dalle scene, limitandosi a qualche sporadica apparizione in qualche film.
Nel 1995 la carriera musicale di Cher ha tuttavia una linfa nuova: firmato un contratto con la Warner Bross, l’artista rilascia l’album di cover “It’s a Man World”.

L’album non ottiene un grande successo, ma come avvenuto in passato Cher si rifà con il lavoro di attrice in “Tre Vite nello Specchio”, un vero capolavoro incentrato sul tema dell’aborto in cui l’artista debutta anche come regista. Il successo e l’impatto emotivo della produzione sono molto forti, e fanno scoprire un nuovo lato di Cher, a quanto pare capacissima di interpretare anche ruoli non tanto comici…

In seguito alla morte di Bono, quasi come un segno del destino Cher riesce ad arrivare all’apice della sua carriera musicale. Siamo nel 1998 e Cher decide di reinventarsi per l’ennesima volta buttandosi su un genere che non aveva mai sperimentato, ma con il quale a partire da questo momento sarà sempre identificata: la dance.
Il 19 ottobre 1998 Cher rilascia “Believe”, una canzone incentrata su un amore finito che l’interprete affronta con filosofia, rinfacciando a tale ex come sia ormai lui a non poter più vivere senza l’amore. Il brano è un vero capolavoro nel suo genere, ed è anche molto innovativo in quanto introduce l’autotune nel mondo della musica, dando inizio ad una moda che, che sapete, avrà un largo seguito.
Il successo di questo pezzo fu mastodontico. No.1 in 21 paesi diversi, singolo più venduto del 1999 nel mondo, singolo più venduto dell’anno anche negli States (che ultimamente la stavano un po’ snobbando) critiche positive come se piovessero. A 34 anni dal suo debutto, Cher arrivava davvero al momento migliore della sua carriera.

Quando un immenso capolavoro come questo ottiene un simile successo, è inevitabile che l’interprete sia investita da una vera pioggia di premi. E così, dopo tutti questi anni, Cher riceve finalmente il riconoscimento massimo per un cantante: la vittoria di un Grammy Award. La categoria è “best dance recording”.
Forte di tutto ciò, la diva fu anche chiamata per interpretare l’inno americano al Super Bowl del 1999, dando vita ad una performance a dir poco meravigliosa che emozionò i giocatori ed il pubblico. Cher torna finalmente ad essere considerata una numero 1 anche in America.

Ovviamente, dopo un singolo così venduto, il resto dell’Era non poteva non andare alla grandissima, e così anche l’album “Believe” fu un grandissimo successo, diventando il progetto più venduto della sua intera carriera.
Fa davvero strano pensare a come un’artista possa ottenere sia l’album che il singolo di maggior successo a 34 anni di carriera: del resto la maggior parte delle popstar esplodono subito dopo il loro debutto per poi vedere i loro numeri calare nel corso del tempo, ma ormai ci siamo resi conto di come questa donna sia assolutamente atipica da quasi tutti i punti di vista.
Oltre all’album, anche tutti i singoli successivi ottennero un grandissimo successo, nonostante la concorrenza molto accesa (ricordiamo che in quel periodo in cui venivano fuori newbie come Britney Spears e Christina Aguilera). Tra di essi ricordiamo soprattutto le meravigliose “Dov’è L’amore” e “Strong Enough”… altri due indimenticabili capolavori.



Questo meraviglioso periodo viene concluso da Cher con il suo debutto da scrittrice. La poliedrica artista rilascia infatti “The First Time”, autobiografia che otterrà un successo enorme nelle librerie. Molto ampio sarà anche il successo del film “Un té con Mussolini”, che la vedrà di nuovo al fianco di grandi nomi del cinema come Maggie Smith.
Infine, dopo aver pubblicato altri due GH (uno per l’America, uno per l’estero) Cher torna in tour, dando vita (indovinate un po’) al suo tour di maggior successo in assoluto.

Con l’inizio del nuovo millennio, Cher ritorna temporaneamente al rock alternativo con un album totalmente svincolato dalle regole del mercato: “not.com.mercial”. Il disco fu venduto soltanto su internet, un metodo davvero innovativo per l’epoca, che oggi viene preso in esame da chiunque abbia paura di non vendere abbastanza copie con una release nei negozi.

Nonostante la release di un progetto anticonformista come questo, Cher non rinuncia certo a conservare un’immagine da popstar, anzi lascia che venga messa in commercio una nuova versione della Barbie Cher.
A questo periodo risale, inoltre, anche una delle pochissime collaborazioni della carriera di Cher. La diva sceglie di duettare con una delle popstar italiane più famose di sempre, uno dei pochi cantanti nostrani che nella sua carriera è riuscito a portarsi in studio moltissime superstar planetarie: Eros Ramazzotti.
Il brano in questione è “Più che Puoi”, una delle tante canzoni “itanglish” del cantante. Non si tratta di uno dei suoi duetti più fortunati, ma il successo internazionale dell’album “Stilelibero” la aiutò a farsi apprezzare dal pubblico italiano.

Visto l’enorme popolarità di “Believe”, Cher decide di continuare a puntare sulla dance anche con il suo follow up. “Living Proof” viene pubblicato 19 novembre 2001 e, sebbene in proporzioni immensamente inferiori rispetto al predecessore, si rivela un altro progetto di grande successo internazionale nonché il suo debutto migliore nella Billboard 200 (fino a quel momento).
La stessa interprete si rivelerà davvero soddisfatta di questo progetto, tant’è che in un’intervista affermerà:
“Penso di aver cantato meglio in questo album che in tutti quelli precedenti”
Il primo singolo “The Music’s No Good Without You” riesce ad essere una hit ma non sfiora minimamente il successo dei singoli provenienti dal precedente album, pur trattandosi di una traccia potente e particolare, in cui Cher rende ancora più interessante il suo particolare utilizzo di autotune
Un caso davvero particolare il suo, in cui questo programma di certo non serviva a coprire determinati difetti vocali (ed i suoi live lo testimoniano).

La “Living Proof Era” non solo fu un altro grande successo (vendite dei singoli successivi a parte) per Cher, ma fu anche lunghissima: pensate che il tour messo in atto per la sua promozione, il “Living Proof: The Tour”, durò la bellezza di 4 anni (2002-2005)!
In realtà, all’inizio la tournée doveva comprendere solo 30 date, ma il successo degli spettacoli portò l’artista ed il suo team ad aggiungerne sempre di più fino a dare il via al tour più lungo della sua intera carriera, da solista e non. Un altro grandissimo successo veniva dunque archiviato da questa intramontabile donna.

Oltre che per queste ragioni, la “Living Proof” Era va ricordata anche per un altro motivo. Sto ovviamente parlato della meravigliosa “Song for the Lonely”, una power ballad dance che Cher dedicò all’attentato dell’11 settembre 2001.
Cher cercò di confortare la sua nazione con un bellissimo inno motivazionale, per il cui video rinunciò allo status di diva per mettersi alla pari delle persone comuni, ergendosi a paladina che guida lo Stato nella ricostruzione dopo la tragedia. Una novella “La Libertà che Guida Il Popolo” di Delacroix, insomma.

Conclusa questa Era ed il lunghissimo tour, Cher è quasi quota 40 anni di carriera. Per questo motivo rilascia il suo “Best Of” e decide di prendersi un periodo di pausa dallo showbiz, il quale la terrà lontana soprattutto dal mondo della musica.
Noi amanti di questa parte della sua artisticità la vedremo soltanto in alcune premiazioni musicali: nel 2002 Billboard le assegna infatti il “Lifetime Achievement Award” per i suoi 40 anni di carriera e il “Dance Club Play Artist of the Year” per i successi ottenuti nella “Hot Dance Club Play”, classifica in cui tuttora Cher è considerata una delle migliori hitmaker.
Ha dunque inizio una lunga pausa per la nostra diva, che la vedrà lontana dalle scene fino al 2008. In questa annata, per il lauto compenso di 60 milioni di dollari, Cher ritorna ad esibirsi con una recidency di ben 3 anni al “The Colosseum at Caesars Palace” di Las Vegas, una grande occasione per i fan che non la vedevano esibirsi da tempo ed il modo migliore per concludere il decennio!
Il nuovo decennio inizia alla grande per Cher! Nel 2010 le viene assegnato il Glamour’s Woman of the Year Lifetime Achievement award. L’anno successivo, l’artista ritorna contemporaneamente al mondo del cinema che a quello della musica con “Burlesque”, musical che vede il debutto come attrice di un’altra grande popstar: Christina Aguilera.
Il film è incentrato sulla storia di un’aspirante cantante e ballerina (Xtina) che capita per caso in un locale di Burlesque gestito da Cher. Cavalcando l’onda della moda del burlesque scoppiata in quel periodo, il film si rivela un buon successo al botteghino e riesce a far parlare di sé in tutto il mondo.

Un altro grande successo è arrivato con la colonna sonora: con quasi un milione di copie vendute, critiche ottime e moltissimi premi e nomination, essa si è rivelata una delle sountrack più apprezzate di quel periodo, ridando linfa sia alla carriera di Cher (ormai assente da 8 anni dalle classifiche) e della Aguilera, reduce dal flop del suo album Bionic.
Sebbene la maggior parte dei brani siano cantati dalla Aguilera, nella colonna sonora troviamo anche due pezzi interpretati dalla nostra Cher: la uptempo “Welcome to Burlesque” e la ballad “You Haven’t See the Best of Me”.
Nominata ai Grammy come miglior colonna sonora, la soundtrack non è purtroppo riuscita ad accaparrarsi questo riconoscimento qualificandosi seconda nelle graduatorie finali.



Dopo questo ritorno in grane stile, Cher si sente finalmente motivata a riprendere appieno il suo lavoro di cantante. Così, a 66 anni, l’interprete inizia a lavorare su un progetto completamente inedito, cercando di creare un sound al passo coi tempi per riuscire ad integrarsi nel musicbiz del presente.
Come un fulmine a ciel sereno vengono annunciati un duetto con Lady Gaga intitolato “The Greatest Thing” e la scelta di puntare su una up tempo EDM per il primo singolo. Questo brano sarà intitolato “Woman’s World” e, nonostante un leak avvenuto nel 2012, nel 2013 esso diventerà effettivamente il primo singolo estratto dal 25° album di Cher.

Passato inizialmente abbastanza inosservato, il brano riesce poi ad entrare in varie classifiche grazie all’intensa promozione messa in atto dalla cantante, ora più che mai intenzionata a far sentire il suo peso su un musicbiz che di certo non può non considerare una simile leggenda.
Per la promozione del disco, Cher ritorna addirittura in Italia (nazione che, come avrete potuto notare, lei nel corso della sua carriera ha tenuto in considerazione molto più di quanto facciano quasi tutte le popstar). L’occasione si presenta con l’invito da parte di Gianni Morandi a partecipare ad un suo concerto in qualità di ospite.
L’evento viene trasmesso in diretta televisiva e, oltre al nuovo singolo, Cher si esibisce anche con “Bang Bang” in duetto con lo stesso Gianni:
Ad ogni modo, l’album “Closer to the Truth” sarà pubblicato il 20 settembre 2010 e, a sorpresa, otterrà il miglior debutto di sempre per un album di Cher (in quanto a posizione, non a copie vendute!) nella Billboard 200.
Nella copertina Cher appare vestita con, un abito estremamente succinto. Si tratta di uno scatto coraggioso vista la sua età. Cher resta ancora capace di far parlare tutti grazie alla sua immagine, ed a quasi 70 anni questo non è per niente scontato!
Inaspettatamente, l’album si mantiene costante nelle classifiche, dimostrando come una grande leggenda come lei possa vendere molti album anche senza vendere singoli! Ovviamente i numeri non sono gli stessi degli anni 90, ma parliamo comunque di cifre che star più giovani, arrivate ai loro primi flop, già iniziano a sognarsi.
Come secondo singolo, la diva sceglie di puntare su “I Hope You Find It”, una cover di (udite udite!) Miley Cyrus! Si tratta di un altro chiaro tentativo di avvicinarsi ad un pubblico più giovane, così come era stato il duetto con Lady Gaga, il quale (tra l’altro) non era stato nemmeno incluso nel progetto.
Ma poteva un duetto tra Cher e Lady Gaga restare inedito? ASSOLUTAMENTE NO! Ed infatti ecco trapelarne una demo in rete… nonostante la produzione da rifinire, a noi sembra assolutamente una bella canzone, e davvero non capiamo perché non sia stata rilasciata ufficialmente.

Infine, per completare in toto la sua Era, Cher decide di compiere un passo molto importante ed annuncia il “Closer to the Truth Tour”, tournée definita fin dal primo momento come l’ultima della sua carriera. Tutti si chiedono “Sarà in grado Cher di mettere su un grande spettacolo ora che è quasi a quota 70 anni?”.
Ed in effetti i dubbi c’erano, eccome se c’erano, ma la star seppe stupirci tutti ancora una volta, dando vita ad uno spettacolo faraonico, un qualcosa che ti aspetteresti da qualcuno 30 anni più giovane, ma non certo da una donna della sua età.

Purtroppo, arrivata ad un certo punto, l’artista è costretta ad abbandonare il tour per problemi dovuti alla fatica. Il suo dispiacere sarà immenso, e col suo anche quello dei suoi fan, ma purtroppo non si può combattere contro il tempo. Da allora la diva si è fatta sentire attraverso twitter ma non è più apparsa in alcun evento pubblico.
Siamo arrivati alla fine di questo incredibile percorso. Cher è assolutamente una delle più grandi leggende viventi della musica, una grandissima star che è riuscita sempre a reinventare la sua musica e la sua artisticità, cambiando stile e immagine e riuscendo a perpetuare in eterno il suo successo.
Donna ironica e simpatica, ma anche sensibile ai problemi sociali, Cher è un esempio per tutte le giovani star di oggi. Non è quasi mai stata la numero 1 per un periodo, eppure mentre gente che in alcuni periodi l’ha asfaltata nelle charts soccombeva (musicalmente) lei riusciva sempre a risorgere dalle sue ceneri.
Quasi nessuno può vantare una carriera come la sua, e noi di R&B Junk non possiamo far altro che farle i nostri migliori auguri, sperando che la sua incredibile carriera abbia ancora qualche altro capitolo nel prossimo futuro.
http://www.rnbjunk.com/anniversari-leggendari-cher-arriva-a-50-anni-di-carriera/