Guerra per band

Si ricomincia. Parliamo del grande circo del rock, delle centinaia di concerti che dalle prossime settimane a fine estate trasformeranno piazze e stadi in una rutilante Babele di musica, luci e megawatt. Vecchie glorie e giovani promesse scaldano i motori. La lista è lunga, i nomi altisonanti: Bruce Springsteen, Alicia Keys, Radiohead, Rem, Vasco, Björk, Ligabue, James Taylor, Police, Tokyo Hotel. La scelta è ricchissima. Ma di primo acchito, verrebbe da chiedersi, dov'è la novità? Invece, da quest'anno comincia a cambiare tutto. L'industria della musica sta vivendo una trasformazione epocale. La crisi del disco, vendite in caduta a un ritmo del 15 per cento l'anno, ha spostato sui concerti il grosso del business. Una volta servivano a promuovere gli album, adesso è il contrario. Madonna se n'è resa conto. Mesi fa ha lasciato la Sony e ha firmato un contratto con la Live Nation, una multinazionale per la promozione dei concerti, che d'ora in poi curerà per lei anche il merchandising e la produzione dei dischi. "Presto altri artisti seguiranno il suo esempio", assicura Michael Cohl, per anni producer dei Rolling Stones e attualmente a capo della Artist Nation, la branca incaricata di sviluppare questo nuovo business. "Quando fai un solo concerto a Cleveland, rischi molto e gli incassi sono limitati", prosegue Cohl: "Se fai un tour mondiale e ci aggiungi il merchandising, le cose migliorano. Se poi hai a disposizione più tempo e altre linee di prodotto, hai fatto bingo".Anche in Italia le major stanno correndo ai ripari. La Warner (casa discografica di Ligabue, Raf e Baustelle), ad esempio, ha da poco acquistato la quota di maggioranza della Friends & Partners, storica società di produzione degli eventi, e dal prossimo luglio inizierà a gestire anche i concerti. "Non si tratta più soltanto di una tendenza del mercato", spiega Claudio Trotta (Barley Arts), decano dei promoter italiani: "I dischi rappresentano solo il 15-20 per cento del business. Il resto lo si guadagna con gli spettacoli dal vivo. Per questo da ora in poi gli artisti preferiranno avere un interlocutore unico". I dati Siae del primo semestre 2007 parlano chiaro: gli italiani affollano i concerti rock (22 per cento in più rispetto al 2006). Scaricano musica gratis da Internet, ma poi fanno la fila e pagano il biglietto per gustarsi live i propri beniamini. Come se dopo le ore passate da soli davanti a un computer, fosse necessario condividere ad alta energia, in un modo gioioso e diretto, lo stare insieme agli altri, vibrando all'unisono al ritmo della musica.

Prendiamo Vasco, il grande sciamano del nostro rock. L'anno scorso con 800 mila biglietti venduti nel suo tour, ha totalizzato il record assoluto di presenze e di incassi. Bene, se avete visto il suo concerto e provate a confrontarlo con quello che i Beatles tennero al Vigoreli del 1965, capirete che si tratta di pianeti distanti anni luce. Ieri per amplificare uno stadio, ai mitici Fab Four bastavano quattro microfoni e amplificatori da poche centinaia di watt. Le urla dei fan sovrastavano le voci dei musicisti. Andava bene così. Oggi, con megaschermi e amplificazioni da guerre stellari, anche lo spettatore più distante ha la sensazione di toccare con le mani il corpo del proprio idolo. Ovvvio poi che nei concerti il linguaggio del corpo conta. Ma pure 'i vecchietti' del rock reggono lo stress.Concerti dunque sempre più tecnologici, ma anche più cari. Roberto De Luca, amministratore delegato della Milano Concerti, il braccio italiano dell'americana Live Nation, getta acqua sul fuoco: "Il costo dei biglietti è levitato del 60 per cento rispetto a dieci anni fa. Un aumento in media con quello di altri generi di consumo. E i concerti non sono un genere di prima necessità". Vero. Ma ogni tanto si esagera. Emblematico il caso di Barbra Streisand: 800 euro, l'anno scorso, il costo dei primi posti per il suo concerto annunciato e poi annullato dalla Live Nation. Già, ma perché il biglietto per un concerto pop (musica popolare), arriva a costare quanto lo stipendio di un metalmeccanico? Claudio Trotta non ha dubbi: "Da quando le multinazionali hanno preso il controllo del mercato, i prezzi sono cresciuti". Le ragioni però sono anche altre.

Si sospetta che rockstar del calibro di Madonna, di Rolling Stones o di U2 abbiano costituito una specie di cartello. Ma è inutile invocare l'Antitrust. Tutti gli artisti cercano di recuperare attraverso il live quello che non guadagnano con la musica riprodotta. I 161 euro per ascoltare Neil Young, il prezzo dei primi posti per l'unica data italiana del 24 febbraio al Teatro Arcimboldi di Milano, vi sembrano troppi? Il concerto ha registrato il tutto esaurito. Esaurite anche le date italiane dei Radiohead (17 e 18 giugno all'Arena Civica di Milano). Dopo aver lanciato gratis in Rete il loro nuovo album 'In Raibow', adesso Tom York e compagni passano all'incasso. L'incertezza riguarda semmai le nuove leve. Basta un'occhiata alla line up del prossimo Heineken Jammin Festival (Mestre 20, 21 e 22 giugno) per capirlo. Le star più attese sono Vasco, Police, Sex Pistols. L'80 per cento dei concerti dell'estate avrà per protagonisti gli ultracinquantenni. Eppure le novità non mancano. I Negramaro debuttano a San Siro (31 maggio). Un evento che per la rockband salentina equivale a una laurea con lode. Altre star giovani e promettetenti, come la nigeriana Asa, o gli straordinari Eels, ultima leva del cantautorato made in Usa, si distribuiranno tra i festival i concerti grandi e piccoli. Non siate pigri, andate ad ascoltarli.

Alberto Dentice