The Water Horse - la Leggenda degli Abissi

Nella mitologia scozzese il drago marino del titolo è meglio conosciuto come “Kelpie”, una creatura dalle sembianze di un bellissimo cavallo che si aggira nei pressi di un lago o di un ruscello e invoglia i passanti a montarlo. Una volta in groppa gli sventurati non possono più scendere e vengono trascinati sott’acqua e annegati… Certo non è un gran bello spunto per trarre un film per ragazzi che vuole rinfrescare il mito della leggenda di Nessie, il Mostro di Lochness, ma The Water Horse, nonostante venga presentato dal suo trailer come il solito film per famiglie, con tanti buoni sentimenti e un mostriciattolo carino e simpatico, in realtà è un’opera dalla sensibilità un po’ più adulta, che sa toccare tematiche importanti pur strizzando l’occhio al pubblico dei giovanissimi e che a momenti genuinamente divertenti alterna sequenze molto più cupe, in cui la creatura si fa decisamente minacciosa, e alquanto inaspettate. Il regista americano Jay Russell (Squadra 49) aveva già toccato la tematica del “coming of age” di un ragazzino che trova in un cucciolo un amico fedele e insostituibile nel gradevolissimo film Il Mio Cane Skip (2000) e dirige con una sensibilità tutta anglosassone la storia di Angus (Alex Etel, Millions), che vive con la madre governante (Emily Watson) e la sorella maggiore in una villa nei pressi del celebre lago scozzese e aspetta (invano) il ritorno del padre dalla guerra. Un bel giorno, cercando di superare la sua fobia per l’acqua, camminando tra gli scogli, s’imbatte in un voluminoso uovo che nasconde una fantastica sorpresa: un cucciolo di drago marino.
L’animaletto, che leggenda vuole sia di entrambi i sessi e orfano fin dalla nascita, è molto vispo, costantemente affamato, di poche buone maniere (la bestiola rutta che è un piacere…) e in grado di crescere con stupefacente velocità. Angus lo adotta e gli dà un un nome, Crusoe, ma avrà non poche difficoltà a mantenerlo nascosto, soprattutto nel momento in cui un reggimento di soldati inglesi si presenterà alla sua porta chiedendo riparo. Siamo nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale e le acque profonde e suggestive di Lochness potrebbero essere una location ideale per tendere un’imboscata fatta di reti per i sottomarini tedeschi… Ci sarà un capitano (David Morrisey) che s’infatuerà della madre di Angus e che cercherà d’instillare una dura disciplina al ragazzo e un misterioso e fascinoso marinaio (Ben Chaplin), chiamato come tutto-fare, che farà quanto potrà per aiutarlo a ridare a Crusoe la sua libertà. In sottofondo i simpatici abitanti della piccola cittadina che, una volta sparsa la voce dell’avvistamento della creatura, si daranno da fare per sfruttare al meglio l’opportunità di rendere la loro località famosa, mettendo in scena il celebre scatto che ritrae il Mostro di Lochness che riaffiora dalle acque del lago (che pure nella realtà si era rivelato una burla ben congeniata da parte di un locale). Uno dei punti di forza del film risiede nell’ottima caratterizzazione di Crusoe, in quanto non viene mai troppo “umanizzato” ma mantiene tutte quelle caratteristiche istintive proprie di un animale selvatico. Per quanto possa essere grazioso, il bisogno primario di attaccare, mangiare e diventare feroce se in pericolo viene ben rappresentato, soprattutto dalla seconda metà del film in cui il Kelpie è diventato un gigantesco drago marino adulto, che non si fa alcun problema a sistemare i conti con cani e soldati che gli hanno fatto torto…
Crusoe prende vita grazie all’incredibile lavoro di ricostruzione digitale ad opera dell’ormai insuperabile compagnia di effetti visivi neozelandese Weta Digital: neanche in un fotogramma il mostriciattolo appare anche minimamente finto, al contrario è ricco di dettagli, espressioni e movimenti del tutto naturali, anche nelle sequenze in cui è sovrapposto all’acqua. E questo è molto importante per il coinvolgimento emotivo dello spettatore, che non si ritrova a vedersi rovinata una bella scena di pathos per colpa di effettacci che potrebbero spudoratamente suscitare solo ilarità. Il coinvolgimento della Weta non è casuale, infatti nonostante le splendide ambientazioni ricordino molto i tipici luoghi scozzesi, gran parte dei paesaggi, lago compreso, appartengono alle zone di Wellington e Queenstown in Nuova Zelanda. Il lago Wakatipu ha doppiato Lochness, solo gli esterni intorno alla villa sono stati girati in Scozia ad Ardkinglas. Il cast è molto ben assemblato, nonostante la Watson risulti un po’ troppo matura per poter sembrare potenzialmente credibile come love interest del personaggio di Chaplin, ma per fortuna il film non si focalizza su possibili romanticismi (anzi, alla fine sorge spontaneo un dubbio: chi avrà scelto tra il Capitano e il Marinaio? Ma è un po’ improbabile che venga realizzato un sequel per raccontarcelo…). Meraviglioso Brian Cox (La 25° Ora, Zodiac) nella parte del narratore della storia, anche se purtroppo non ha molto screen time. I titoli di coda sono impreziositi dalla bella ballata “Back Where You Belong” cantata da Sinèad O’Connor.
Recensione a cura di Darya Papazian