Gioventù bruciata

I lavori raccolti nella collettiva curata dall'attore, regista, scrittore e artista James Franco, e l'opera di Paul e Damon McCarthy, s'ispirano a James Dean e al mondo di Hollywood, che più che un luogo, è un attore che recita una parte. An art report from Los Angeles by Katya Tylevich
Rebel, mostra curata da James Franco per il MOCA nello showroom JF Chen di Los Angeles. 
JF Chen è uno showroom di Hollywood grande come un magazzino, specializzato in antiquariato e mobili moderni della metà del Novecento. Ma dal 15 maggio al 23 giugno è diventato una specie di mausoleo dedicato al corpo imbalsamato della vecchia Hollywood. Il quale, considerando il significato di 'vecchio' misurato in anni di Los Angeles, è un corpo dall'aspetto pressoché identico alla Hollywood di oggi. E se già questo vi sembra bizzarro, aspettate e sentirete. JF Chen ospita Rebel, una mostra del Museum of Contemporary Art ideata da James Franco, che vanta un gruppo di presenze centrali nella dinamica del mondo dell'arte: Douglas Gordon, Harmony Korine, Damon McCarthy, Paul McCarthy, Terry Richardson, Ed Ruscha, Aaron Young e lo stesso Franco. Per di più, fino al 7 luglio, la Box Gallery, nel centro di Los Angeles, ospita Rebel Dabble Babble, elaborata opera di Paul e Damon McCarthy che è una mostra autonoma, ma concettualmente collegata a Rebel. 
L'idea più generale che tiene insieme tutti questi artisti e questi progetti è un film del 1955 di Nicholas Rai: Gioventù bruciata. Film che, benché non abbia bisogno di presentazioni, continua a essere una specie di vasetto di conserva, che mantiene intatte le fattezze reali e immaginarie della gioventù medio-borghese, annoiata e incontrollabile, dei quartieri residenziali suburbani dell'America anni Cinquanta. In dispensa, sul vasetto, si potrebbe mettere l'etichetta "Punto di rottura". Per lo meno, la si può vedere così. Rebel offre anche altre prospettive, decostruendo il film e le storie che lo accompagnano punto per punto.
Paul McCarthy & Damon McCarthy, Rebel Dabble Babble, The Box, LA, 2012. Courtesy of the artists and The Box, LA. Photo Fredrik Nilsen
L'effetto è come un'iterazione stroboscopica, o come una grandiosa mutazione delle icone che vi sono associate: tra queste il viso di James Dean, simbolo hollywoodiano e, particolarmente significativo, lo Chateau Marmont, l'albergo di lusso di West Hollywood noto per le feste – e per i decessi – dei divi. Il famoso Chateau è il luogo in cui Dean si presentò a un'audizione per la sua leggendaria parte di ribelle, quella di Jim Stark, e anche quello dove durante le riprese si svolse il dramma dietro le quinte (relazioni, rivalità, pettegolezzi): in particolare queste meraviglie si svolsero nel bungalow n. 2. Alla Box Gallery, Paul McCarthy e Damon, suo figlio e collaboratore, hanno ricostruito il bungalow, nel terreno cintato dietro la galleria. Ben lontana dall'essere "lussuosa" o "affascinante" questa reincarnazione del bungalow sembra un animale malato, debilitato e forse ferito, chiuso in gabbia. Non ci sono necessariamente segni espliciti che colleghino questa struttura a Hollywood, e neppure alla California meridionale; il bungalow "delle vacanze" sembra un estraneo accanto a un muro coperto di graffiti, incastrato tra il cemento e i capannoni di questa zona industriale della città. Nella presentazione, Paul McCarthy definisce questa ricostruzione del bungalow "simile a una testa, a un teschio, a un reliquiario". Certamente il vero Chateau Marmont e i suoi bungalow rappresentano la 'falsa' Los Angeles che s'insinua nella memoria collettiva attraverso le fantasie cinematografiche hollywoodiane. Il vero Chateau in parte rappresenta la Hollywood disegnata dalle relazioni nate ai bordi della piscina sorseggiando un Bellini. Ma, alla Box Gallery, lo Chateau dimostra quasi per contraddizione come questa rappresentazione possa accordarsi con la città che, di fatto, rappresenta.
Paul McCarthy & Damon McCarthy, Rebel Dabble Babble, The Box, LA, 2012. Courtesy of the artists and The Box, LA. Photo Fredrik Nilsen
Tornando a JF Chen, Rebel sembra più una scena da film che la potenziale "scena del crimine" di McCarthy, per quanto scene del cinema e scene del crimine raramente si escludano l'un l'altra. Come la mostra alla Box, la presenza fisica di Rebel è stata realizzata dai designer dello studio Commonwealth Projects. Nel complesso, l'impressione è quella del celebre paradosso di Los Angeles: una scenario urbano che sembra uno scenario suburbano. Per esempio, ci si avvicina a un'installazione video come ci si avvicinerebbe a una casa unifamiliare di Los Angeles: si attraversa il vigneto, si segue la staccionata, si prosegue oltre la piscina. Una transizione immediata fatta di bizzarria e di pericolo. Si veda, per esempio, la piscina rotonda al centro della mostra: mi sono avvicinata all'acqua e sono stata accolta da un discorsetto del (vero) bagnino di servizio. Sommersa nell'acqua, c'è una motocicletta affondata, che reca con sé parecchie associazioni: Marlon Brando, James Dean e Marilyn Monroe; e lì vicino ci sono, tra l'altro, i video di Aaron Young (Grapevinee Ghost). Fatti, fantasia, divertimento e coscienza del rischio (per via del bagnino e della metafora motoristica) si uniscono in quest'unico punto della mostra, contemporaneamente filmico e del tutto quotidiano. A Los Angeles, la maggior parte delle porte chiuse danno direttamente sulla strada, la percezione del pericolo si scorge facilmente dalle finestre del soggiorno: si veda quel che passa sul televisore nella stanza.
Paul McCarthy & Damon McCarthy, Rebel Dabble Babble, The Box, LA, 2012. Courtesy of the artists and The Box, LA. Photo Fredrik Nilsen
La scenografia di Rebel potrebbe essere lo Chateau Marmont oppure, praticamente, qualunque altro luogo di Los Angeles. Il punto, a proposito di Hollywood e di Los Angeles in generale, è che la città, benché abbia un'immagine forte, è la somma di parti anonime. A differenza di una via di Manhattan, che si può indentificare dall'architettura e dai nomi degli edifici (per esempio il Chrysler), una via di Los Angeles raramente offre punti di riferimento immediati. A parte l'insegna di Hollywood e un limitato numero di altri segnali (tra cui lo stemma dello Chateau Marmont, che ha anche una parte visivamente importante in Rebel), Los Angeles disorienta la bussola umana. Sì, è una città d'oceano e di alture, ma la mostra parla di quel che sta tra l'uno e le altre. Più precisamente riguarda la manipolazione di quel che sta tra l'uno e le altre. Los Angeles, come un'attrice, può infilarsi un costume ed essere presentata come la città che non è. Oppure la Los Angeles del cinema può essere scambiata per la Los Angeles reale, proprio come un'attrice può essere confusa con il personaggio che interpreta. Narrazione e realtà si mescolano ancor di più nei territori contesi tra l'una e l'altra: la stampa popolare, la stampa d'opinione, la fotografia, forse perfino l'arte.
Alla conferenza stampa di Rebel ho preso un opuscolo illustrativo della mostra, che comprende un saggio di James Franco intitolato Some James Dean Shit ("Qualche scemenza su James Dean"). Nel testo Franco, che ha interpretato Dean in una biografia televisiva del 2001, scrive di essere stato costantemente paragonato all'attore: "Mi hanno sempre detto che assomigliavo a James Dean, per lo meno da quando mi sono tolto l'apparecchio per i denti e sono entrato nella pubertà". Il nome e il viso di Franco in mostra sono onnipresenti. In Caput, il video di Harmony Korine, brandisce un machete; nelle foto di Terry Richardson è en travesti; altrove, si fa tatuare sul braccio il nome del defunto attore Brad Renfro (James Franco, Brad Renfro Forever). Ma, dato il contesto e le premesse, quella che vediamo non è solo la faccia di James Franco, ma la faccia di James Franco che sembra la faccia di James Dean. E, dato che la faccia di James Dean compare nella mostra almeno quanto quella di Franco, è difficile non collegarle o non stropicciarsi gli occhi. Ovviamente, queste facce non appartengono solo agli attori, ma anche ai personaggi che interpretano. Curiosamente, ma senz'ombra di dubbio, queste facce appartengono anche al pubblico degli spettatori. Fanno parte della coscienza pubblica e vengono considerate come qualcosa di simile alla pubblica proprietà. Lo stesso accade alle immagini di Los Angeles, e in particolare a Hollywood, che dominano la mostra con la loro presenza. Se siamo di fronte a una città di oggi che recita una versione della sua personalità passata, be', non è invecchiata per nulla. In Rebel, Hollywood, più che un luogo, è un personaggio, un miraggio e, quel che più conta, una contraddizione. Come un attore che recita una parte: è ciò che non è.
Fino al 23 giugno 2012
Rebel
941 North Highland Avenue, Los Angeles
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Fino al 7 luglio 2012
Rebel Dabble Babble. Paul McCarthy and Damon McCarthy
805 Traction Avenue, Los Angeles
 Rebel, mostra curata da James Franco per il MOCA nello showroom JF Chen di Los Angeles
Douglas Gordon, James Dean, Self Portrait of You + Me and Me + You + You + Me + Me + You, 2011. © Studio lost but found / Katharina Kiebacher