Festival di Roma, guida ai film

Cinque titoli da non perdere.
Come sempre in ogni Festival, ci sono titoli che non hanno bisogno di grandi presentazioni. Quest'anno, a Roma ci saranno importanti prodotti di cassetta come Le 5 leggende o l'ultimo capitolo di Twilight, che sicuramente lasceranno la loro impronta sul botteghino. Ma tanti sono i prodotti meno noti, che magari potrebbero portare grandi risultati, di critica e/o di pubblico. Scopriamone meglio cinque...
Main dans la main di Valérie Donzelli
Ha ottenuto enormi consensi (forse anche troppi, a dire il vero) per La guerra è dichiarata, storia di come una giovane coppia affronta la grave malattia del proprio bambino. Il fatto di aver narrato una vicenda così pesante con sguardo comunque lieve e senza facili sentimentalismi, era sicuramente uno dei meriti maggiori della pellicola, che è arrivata a diventare il candidato francese agli Oscar (corsa in cui non ha avuto fortuna). La trama di questo Main dans la main sembra quella di tante pellicole danzerecce in voga in questo periodo, con la storia d'amore tra una prestigiosa insegnante dell'Opera e un allievo. Ma non aspettatevi una storia banale, né il 3D...
The Motel Life di Gabriel e Alan Polsky
Già prima della presentazione del Festival, questo era uno dei titoli segnalati con maggiore evidenza del programma di Roma. Non c'è dubbio che i selezionatori lo considerino uno dei loro prodotti migliori, vedremo ovviamente se avranno avuto ragione o meno. Si tratta del film d'esordio dei fratelli Gabe e Alan Polsky, fino a ora conosciuti per essere stati i produttori di titoli come Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans. La storia parla di due fratelli in fuga dalla loro stanza d'albergo dopo un grave incidente. L'impressione è che possa essere un esempio di cinema indipendente americano che non cerca di piacere a tutti e, a vedere l'importante cast che hanno messo su (Dakota Fanning, Emile Hirsch, Stephen Dorff e Kris Kristofferson tra i protagonisti), evidentemente i Polsky non hanno convinto soltanto i responsabili del Festival di Roma...
Spose celestiali dei mari di pianura di Aleksei Fedorchenko
Nel 2010, al Festival di Venezia diretto ancora da Müller, un film in concorso aveva messo d'accordo tutti, critica più rigorosa e appassionati amanti di pellicole di genere. Si trattava di Silent Souls, che impressionava per le sue straordinarie immagini, riuscendo anche a dar vita a una storia ipnotica e non noiosa (merito di una durata sotto gli 80 minuti). In realtà, impressionava tutti tranne la giuria presieduta da Quentin Tarantino, che gli riservava un misero contributo tecnico per la fotografia (meritatissimo, comunque), preferendo consacrare il vuoto (in tutti i sensi) di Somewhere di Sofia Coppola. Ora, il regista Alexey Fedorchenko torna con il suo nuovo lavoro, che già dal titolo promette tanta altra poesia e visioni impressionanti. Speriamo mantenendo il livello di Silent Souls...
Populaire di Regis Roinsard
Durante la conferenza stampa di presentazione, in risposta a una domanda sulla (presunta) mancanza di film per il grande pubblico al Festival di Roma, Marco Müller ha risposto citando questo titolo e sostenendo che potrebbe diventare il Quasi amici del 2012. Un'esagerazione? Ovviamente, sarà impossibile fare 20 milioni di spettatori in patria come quel film, ma l'impressione è che Populaire possa comunque ottenere grandi consensi di pubblico (e forse, a leggere le prime recensioni disponibili in Rete, un po' meno consensi da parte della critica, che comunque conferma il suo status di "feel good movie" in grado di superare i confini francesi). È la storia di una ragazza che, negli anni cinquanta, rifiuta una normale vita da casalinga per cambiare città e lavorare come segretaria. Ne verrà fuori un mix di commedia e amore che sembra destinato a conquistare tanti cuori...
Il Leone d'Orvieto Giancarlo Parretti e la scalata alla MGM di Aureliano Amadei
Una storia tipicamente italiana di genio e sregolatezza. D'altronde, come dimostrano tante vicende italiane, i nostri imprenditori sono bravissimi a investire con i soldi degli altri (di solito, quelli pubblici, o quelli di banche amiche), un po' meno a investire il proprio capitale. Giancarlo Parretti, in realtà, di cose ne aveva fatte prima di acquistare la MGM grazie a un sontuoso prestito da parte Crédit Lyonnais nel 1990, decisamente una storia più impegnativa la sua di quella di tanti furbetti moderni. Ma dopo quel momento di gloria mondiale, seguirà una gestione discutibile della storica azienda, che porterà a un quasi fallimento della banca e a una condanna per Parretti. Speriamo che il documentario di Amadei (apprezzato per il suo esordio 20 sigarette) sia avvincente e surreale come la storia che racconta...