AUCAN: Rise of the Serpent

In esclusiva su Vogue.it, il nuovo video Rise of the Serpent degli Aucan. E tra sarti, immagini e Aphex Twin, spunta anche il nome di una nuova label
Quando li vedi sul palco, cappucci sulla testa e set fantascientifico alle spalle pensi “non possono essere italiani”. Colpa, forse, di quel sentimento controverso che ci fa pensare che il Made in Italy musicale sia necessariamente la versione al massimo un po’ più coreografica di un live della sagra paesana della melanzana. E invece gli Aucan, al secolo Jo Ferliga, Dario Dassenno e Francesco D'Abbraccio, sono italiani. Non lo diciamo con orgoglio ma come un fatto. È un fatto che gli Aucan siano italiani ed è un fatto che siano, al contempo, uno dei nomi più interessanti della scena elettronica globale. Presenti nei palchi più importanti, scelti personalmente da Placebo e Chemical Brothers come opening act, gli Aucan stanno portando avanti un percorso evolutivo che potrebbe riservare numerose sorprese. In occasione dell’uscita del nuovo video Rise of The Serpent (feat. Otto Von Schirach) (che potete vedere in anteprima a questo indirizzo) che guida la release del loro nuovo EP (EP I per l'etichetta Ultra) abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la band.
Bloody Beetrots, M+A, Crookers. Negli ultimi anni l’Italia è ritornata protagonista della scena elettro mondiale e sui palchi dei grandi festival internazionali. A cosa dobbiamo questa rinascita?
"F: Parlare di una vera e propria rinascita mi pare un po’ prematuro… Di sicuro però in Italia c’è qualcosa di nuovo, anche se fatica ad emergere.
Jo: Per contribuire in questo senso abbiamo appena fondato la nostra label e one night, "Basement" in collaborazione con un artista di Parigi e altri amici a Berlino."
Com’è stato lavorare con una personalità indubbiamente “forte” come Otto Von Schirach? Come mai l’avete scelto come feat per il vostro nuovo EP?
"F: Abbiamo conosciuto Otto in tour. Con lui le cose sono andate con la naturalezza e la semplicità di quando incontri persone affini alla tua sensibilità.
Jo: Il focus dei nostri progetti artistici si interseca in più punti: c'è un'interesse per la dimensione oscura, l'imprint del club e del rave, il tentativo di andare oltre i generi e oltre ciò che la gente si aspetta."
Rise of the serpent: come mai la scelta di un titolo da chiari riferimenti “esoterici”?
"Jo: La parte vocale e quindi anche il titolo sono stati curati interamente da Otto Von Schirach.
F:  Dall’incontro tra la sua idea sciamanica e il nostro beat metropolitano emerge il mood molto particolare del pezzo…
Jo: …che noi consideriamo stranamente "pop""
Il video di Rise of the serpent  è estremamente forte, una sorta di La Haine di Kassovitz acidificato. Avete avuto qualche ruolo nella realizzazione dello script del video o sulla sua regia?
F : Spesso le nostre tracce nascono da immagini e visioni, da cui il regista prende spunto per elaborare il soggetto, vedi il precedente singolo “Riot”. Questa volta però il trattamento è tutto dell’amico Marco Prestini.
Jo: Marco è un giovane regista emergente che da anni ci segue e ha realizzato altri video per noi… un giorno mi chiama e mi fa "vorrei fare una storia dove ci sono dei ragazzini che invece di farsi di droga si fanno di sangue", gli ho risposto "non so perché ma mi piace".
Ascoltando il nuovo EP ho avvertito una radicalizzazione del vostro sound in direzione drum ’n bass rispetto al precedente Black Rainbow (che a tratti parlava la lingua dell’abstract tipo Prefuse73 a tratti addirittura sconfinava nel trip hop). Quali sono stati i passi d’evoluzione del progetto Aucan negli ultimi 3 anni?
"F: Sicuramente negli ultimi 3 anni abbiamo lavorato molto sul nostro sound…
Jo: Se prima avevamo un piede nell'elettronica adesso li abbiamo messi tutti e due, lo confermano gli innumerevoli remix che stiamo realizzando per artisti di tutto il mondo.
F: Aucan è diventato un progetto di musica da club, ma ci imponiamo di mantenere viva la componente "musicale"
Jo: Siamo degli outsider anche nel mondo dell'elettronica."
Leggendo le prime recensioni di Syro di Aphex Twin si denuncia da più parti il fatto che “pur essendo un ottimo disco” non “innova come ci si aspetterebbe”. Pensate che realizzare musica elettronica oggi significhi ancora avere una responsabilità da “innovatore”? E perché questo “peso” è esclusivamente sulle spalle degli artisti che fanno musica elettronica?
"F: Non ho ancora ascoltato Syro, aspetto la release ufficiale. Mi ha fatto sorridere trovare una vecchia recensione di Pitchfork del 2001 su Drukqs. Voto: 5.5/10. “Un disco in cui non si dice nulla di nuovo”. Drukqs si è rivelato uno dei dischi più importanti degli ultimi 20 anni… Personalmente non condivido molto questa continua rincorsa alla novità. Oggi le mode nella musica elettronica cambiano con una velocità impressionante. Mi piacerebbe fare qualcosa che duri nel tempo, che rimanga attuale negli anni.
Di sicuro Aphex Twin c’è sempre riuscito.
Jo: Aphex, oltre le recensioni, oltre le opinioni…non a caso Spotify lo consiglia fra i "related artists" di Aucan.  La musica va oltre tutto quando hai un'idea forte da proporre, quando fai anni di ricerca ed esprimi qualcosa di vero."
Se lo doveste visualizzare, quali sono le immagini che assocereste al vostro nuovo EP?
"F : Sul sito aucanism.com abbiamo raccolto  un archivio di immagini che riguardano l’immaginario Aucan, anche con l’aiuto dei nostri fan. Avere un immaginario e una forte connotazione visiva è parte integrante del nostro percorso artistico."
Parlando di moda: avete qualche stilista che ritenete affine alla vostra musica?
"Jo: Se vogliamo fare un parallelo con la questione "classico vs tendenza", amo i brand che lavorano su elementi essenziali, sui tagli e sui materiali, sul basic e sui colori neutri, vedi DRKSHDW di Rick Owens. Amo i designer che costruiscono un prodotto solido quando lo prendi fra le mani, i pezzi termosaldati di Cristopher Raeburn o i maglioni di Margiela. Il mio preferito rimane Jerry Lorenzo che ha costruito un'estetica tutta sua mixando il grunge con l'immaginario skinhead e che pubblica le collezioni "Quando sono pronte". Come un disco.
F:  In genere sento affini quegli stilisti che vedono il loro come un lavoro ibrido, a cavallo tra arte, couture, graphic design. Mi piace l’approccio multidisciplinare di Berthold, Zigerli, Christopher Kane, Yamamoto (Y-3 by Yohji Yamamoto ci ha fornito vestiti per lo styling di Rise of the Serpent, insieme a Marcelo Burlon, Ilaria Nistri e Comeforbreakfast)."
Avete mai pensato di creare una colonna sonora per una sfilata?
"F: Nell’ultimo periodo la moda è interessata ad aspetti di contaminazione, apertura, e noto un interesse per un immaginario più scuro ed oscuro.. In questo senso ci sentiamo affini a questo ambiente, e sarebbe interessante una collaborazione. Anche per questo abbiamo affidato il nostro penultimo video, Riot, alla macchina di Mustafa Sabbagh.
Jo: Io vengo da una famiglia in cui i vestiti si facevano, mia nonna era una sarta di altissimo livello e fin da bambino mi ha insegnato ad usare la macchina da cucire. Una collaborazione sarebbe interessante, purché come ha detto Fra il brand in questione sia affine al nostro stile."
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
"F: Stiamo lanciando la nostra label, Basement, che presentiamo il 20 settembre. Avere una nostra etichetta è un progetto ambizioso ed interessante, ci permettere di collaborare con artisti nuovi e di diffondere la nostra idea di musica.
Jo: Basement è anche una one night che stiamo organizzando in varie città d'Europa, in questo senso è più di una normale etichetta discografica. Vuole portare la musica direttamente alle persone nei club.
F: Nei prossimi mesi usciranno i remix a cui abbiamo lavorato quest'estate e alcuni featuring, nel frattempo stiamo organizzando una session per produrre tanto materiale nuovo."

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