Cannes, Italia a bocca asciutta. La Palma va a Audiard per il suo "Dheepan"

Nessun premio per i tre italiani in concorso. La giuria ha scelto il dramma dei migranti dello Sri Lanka diretto dal regista di "Il profeta". Migliore attrice ex aequo a Rooney Mara e Emmanuelle Bercot, l'attore è Vincent Lindon, la regia al cinese Hsiao-Hsien
CANNES - Delusione Italia. Né Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, né Mia madre di Nanni Moretti e neppure Youth di Paolo Sorrentino hanno ottenuto alcun riconoscimento. La Palma d'oro è andata Dheepan del regista francese Jacques Audiard. Il film del regista di Il profeta racconta il difficile percorso di un ex guerrigliero Tamil (interpretato da Jesuthasan Antonythasan, un vero ex bambino soldato che fuggito dallo Sri Lanka in Francia è diventato scrittore sul palco insieme al regista e all'attrice Kalieaswari Srinivasan) che per ottenere l'asilo politico accetta di formare una famiglia di invenzione con una giovane donna e una bambina di nove anni facendo propri i documenti di tre persone morte in guerra. Un film duro ma non senza speranza che deve aver convinto la giuria per la sua contemporaneità. "Cannes è un grande Festival anche quando gli italiani non vincono. Un dovere essere qui: Francia e Italia sono insieme il cinema europeo": questo il tweet postato dal ministro Dario Franceschini alla fine della cerimonia.
Non accadeva da più di vent'anni che gli italiani arrivassero così numerosi in concorso a Cannes, ma nel 1994 (che i titoli erano quattro) il morettiano Caro diario aveva portato a casa il Premio della giuria. Quest'anno i nostri sono rimasti a mani vuote. Un verdetto inaspettato per un tris di titoli che, in modo diverso, erano stati tutti accolti molto positivamente qui al festival. Ma il Palmares della giuria guidata dai fratelli Coen non rispecchia l'opinione dei critici e cronisti e neppure del pubblico (che in Italia sta premiando i nostri autori con ottimi incassi, Sorrentino ha incassato in quattro giorni 1.700.000 euro). La difficile situazione mondiale (tra crisi economica e terrorismo) può aver influenzato la giuria che ha scelto titoli con tematiche sociali: la disoccupazione, l'emigrazione, la guerra, la Shoah.
Grand Prix a Son of Saul (Il figlio di Saul). L'opera prima del trentottenne ungherese Làszlò Nemes si è aggiudicato il riconoscimento che rappresenta una sorta di Palma d'argento. Il film dell'aiuto di Bela Tarr trasporta lo spettatore dentro l'inferno dei forni crematori di Auschwitz dove un membro del Sonderkommando (il gruppo di ebrei costretti a fare da assistenti ai nazisti nello sterminio dei propri compagni) crede di vedere nel cadavere di un ragazzo il figlio che ha lasciato molto tempo prima, e si mette in testa di offrirgli una sepoltura religiosa.
Premio alla regia al maestro taiwanese Hou Hsiao-Hsien. Già Premio della giuria nel 1993, il regista ha presentato quest'anno The Assassin, personale rielaborazione del wuxia (il tipico cappa e spada cinese) che vede come protagonista un sicario donna abilissima nell'uso di spada e pugnale (la bellissima Shu Qi) che si trova a dover affrontare il dilemma morale di uccidere un cugino a cui da bambina era stata promessa sposa. Un lavoro rigorosissimo sull'immagine di grande bellezza visiva con un prologo in bianco e nero e una cura dei dettagli nella ricostruzione meticolosa della Cina del nono secolo.
Premio al miglior attore a Vincent Lindon. Uno tra i più prolifici interpreti francesi, 55 anni, attore di Lelouch ma anche di commedie sentimentali come quella con la giurata Sophie Marceau ventisette anni fa L'etudiante (uscita da noi con il titolo Il tempo delle mele 3 per sfruttare la fama del primo film) si è aggiudicato il riconoscimento per la migliore interpretazione maschile battendo l'ottantaduenne Michael Caine di Sorrentino e Tim Roth, infermiere dolente di Chronic. Lindon, accolto al Théatre Lumière con una standing ovation, è il protagonista di La loi du marché di Stéphane Brizé, il film più riuscito del quintetto francese, nel ruolo di un cinquantenne disoccupato pronto ad accettare quasi tutto pur di assicurare al proprio figlio disabile l'assistenza e le cure necessarie. Lindon particolarmente commosso nell'accettare il premio ha definito un atto politico la scelta di premiare un film con queste tematiche e lo ha dedicato a tutti quei cittadini cui non vengono riconosciuti i propri meriti.
Prix de la Jury (Premio della giuria) a The lobster di Yorgos Lanthimos. Il dramma, ambientato in un futuro distopico, del regista greco Yorgos Lanthimos racconta un mondo dove i single vengono costretti a trovarsi in un tempo di 45 giorni un compagno o una compagna pena la trasformazione in un animale a propria scelta. Con Colin Farrell, Léa Seydoux e Rachel Weisz. Dopo i premiati The dogtooth (Un Certain Regard) e Alps, il terzo film del regista greco è girato in inglese e ambientato in mondo immaginario violento e disperato.
Premio alla migliore interprete femminile ex aequo a Emanuelle Bercot e Rooney Mara. Alla francese Bercot per Mon roi (Il mio re) della regista francese Maiwenn, storia di amor fou con Vincent Cassel. In questa edizione del festival virato al femminile la love story tra Tony e Giorgio è raccontata attraverso lo sguardo della Bercot (47 anni) che in un centro di riabilitazione dopo un incidente di sci ripensa al suo passato. Cannes le ha sempre riservato un trattamento d'eccezione: il suo corto Les Vacances ha vinto il premio della giuria nel '97, il suo primo lungo Clément  è stato presentato nel Certain Regard edizione 2001. Il premio lo ha condiviso con la trentenne newyorchese ex Lisbeth Salander nella versione Usa di Uomini che odiano le donne per il mélo Carol di Todd Haynes che tredici anni dopo Lontano dal paradiso ci riporta nelle atmosfere piccoloborghesi americane degli anni Cinquanta con una storia di amore lesbico con Cate Blanchett. Il film ha ottenuto anche il Queer Palm dedicato al cinema omossessuale, bisessuale e transgender. Il premio per Rooney Mara è stato ritirato da Todd Haynes.
Premio alla sceneggiatura a Michel Franco per Chronic, consegnato da Valeria Bruni Tedeschi. Il film racconta la quotidianità di un infermiere che si occupa di malati terminali, Tim Roth (presente in sala), li aiuta nelle necessità primarie e li accompagna alla fine, suscitando a volte la gelosia degli stessi parenti. E' solo, senza famiglia, l'unico figlio è morto di tumore e lui stesso lo ha accompagnato fino all'ultimo istante di vita. Il regista non ha dimenticato di ringraziare particolarmente il giurato compatriota Guillermo Del Toro.
Camera d'or (il premio per l'opera prima) a La tierra y la sombra (La terra e l'ombra) del regista colombiano César Augusto Acevedo presentato nella Semaine de la Critique, la storia di un contadino che torna nella casa della sua famiglia per assistere il figlio malato. Miglior cortometraggio a Wave '98: al cartoon d'animazione libanese del giovane regista Eli Dagher ambientato in una Beirut distrutta dalla guerra dove un giovane vaga in cerca di identità, è andata la Palma più piccola.

Rossy De Palma: "Ho difeso gli italiani ma in giuria ero troppo sola
CANNES - In assenza del giurato italiano è toccato alla spagnola Rossy De Palma sostenere le ragioni del nostro cinema, uscito sconfitto dal festival di Cannes. Il giorno dopo l'attrice di Almodòvar racconta al telefono da Madrid cosa è successo nella giuria dei fratelli Coen e perché Moretti, Garrone e Sorrentino sono rimasti fuori dal Palmarès.
Lei è stata l'unica a parlare del cinema italiano dopo il verdetto. Avrebbe voluto un premio a Giulia Lazzarini?
" Mia madre è un film che va dritto al cuore. Abbiamo pianto tutti molto, perché ognuno di noi ha una mamma. Giulia Lazzarini diventa la mamma di tutti noi, con la sua tenerezza porta sulle spalle tutto il film. Turturro è divertente, Margherita Buy è stupenda e Nanni è Nanni. Io, insieme ad altri giurati, abbiamo difeso la forza dell'emozione che c'era in questo film".
Ha anche sostenuto Sorrentino?
" Mi piacciono tutti i suoi film. Tra i film in gara quello che aspettavo di più era Youth. Paolo mi piace sempre. Il suo è un cinema che mi diverte, è bello da vedere. Ma ero l'unica a sostenerlo ".
Nessun riconoscimento agli italiani, malgrado l'accoglienza.
" Capisco la delusione. Ma non posso svelare i segreti della giuria. Posso dirvi solo che ho amato il film di Nanni e mi è piaciuto quello di Paolo. Ma non abbiamo mai ragionato in termini di nazionalità. Il giorno dopo gli spagnoli scrivono che i francesi hanno preso troppo, i francesi non sanno cosa dire. Era una giuria internazionale, nessuno ci ha detto di dare premi a un paese piuttosto che a un altro. Noi spagnoli non avevamo nessun film, voi addirittura tre: è una cosa bella".
Com'è stato far parte della giuria dei Coen?
" Andare al cinema alle 8.30 del mattino è stata un'esperienza nuova. Correvamo da una sala all'altra, giusto il tempo di un caffè tra le proiezioni. Vedere tanti film con questa dedizione è stato come fare l'amore con il cinema tutti i giorni. I Coen sono delicati, sensibili: sentivano in modo forte la responsabilità del loro compito. Da subito hanno detto: parliamo di ciò che ci piace, non di quello che non ci piace. Non siamo critici e non veniamo qui per parlare male di nessuno ".
Quanto hanno contato i temi sociali?
" Il tema è importante se il film si sostiene anche dal punto di vista cinematografico. Ma da solo non basta: ci vogliono costruzione, drammaturgia, fotografia. La Palma d'oro Dheepan di Audiard aveva tutto questo, era completo. E la gente che andrà a vederlo ne uscirà trasformata: tutti nelle nostre città incontriamo persone che ti vendono le rose. Diciamo loro tre, quattro volte "no", senza mai fermarci a pensare chi è questa persona e come è arrivata qui. Audiard parla di loro".
Quattro giurate donne: mai pensato di dare una mano alle due registe in gara?
"Si pensa al film, non a chi l'ha fatto. La vera libertà è scegliere ciò che ti arriva al cuore".
È tornata a Madrid e tra pochi giorni sarà sul set con Almodòvar per Silencio.
" Pedro mi ha affidato un ruolo che mi trasforma fisicamente. E io mi affido come uno strumento nelle sue mani. Con lui ho imparato tutto, per me è come tornare alla casa del padre ".
Farebbe un film con Moretti, Sorrentino, Garrone?
" Mi piacerebbe molto. Chissà se ora loro avranno voglia di lavorare con me...".
http://www.repubblica.it/speciali/cinema/cannes/festival2015/2015/05/24/news/cannes_palma-115169071/#gallery-slider=115162332