Letterman se ne va, tace il talk show

Chiude il “Late Show”: il 20 maggio ultima puntata del celebre programma. Ecco come in trent’anni la star della Cbs ha demolito e ricostruito la tradizione americana della seconda serata tv
Tra gli ultimi nomi ad essere annunciati nell’iconica sigla che raccoglie panorami notturni di New York ci saranno quelli di Bill Murray e Bob Dylan: difficile che qualcuno possa vantare ospiti altrettanto altisonanti alla propria festa di pensionamento.
Domani, mercoledì 20 maggio 2015 è la data che David Letterman ha scelto per consegnare al mondo l’ultima puntata del suo “Late Show”, a conclusione di una carriera più che trentennale di gran cerimoniere dei “talk” serali.
In Italia, Letterman è da anni molto apprezzato grazie alle repliche che Sky prima e Rai5 poi hanno mandato in onda in lingua originale con sottotitoli, ma bisogna ricordare che egli, sui nostri schermi, è arrivato da leggenda televisiva già consolidata. Le fondamenta della sua presenza risalgono a molto prima, agli anni Ottanta, e alla sua “gemmazione” dall’amico, maestro e mentore Johnny Carson.
“The Tonight Show”
“The Tonight Show starring Johnny Carson”, in onda sulla rete Nbc, non era un’idea originale. Carson l’aveva ereditata nel 1962 da Jack Paar il quale, a sua volta, l’aveva raccolta da Steve Allen. È con Carson, però, che l’appuntamento serale con l’affabile ospite piazzato dietro la scrivania diventa un rito per milioni di americani e, in quanto format, un classico del media televisivo.
Elegante, un poco freddo, ma comico imbattibile nei tempi e nella sottolineatura ironica, oltre che in possesso di un controllo assoluto del mezzo, Carson traccia un solco che i suoi eredi - Letterman, il preferito - si divertiranno a sconvolgere, invertire, destrutturare (esemplare, in questo senso, il “Late Late Show” di Craig Ferguson), ma sempre rispettandolo come schema fondamentale dell’intrattenimento tv.
Letterman lo fa quasi alle spalle del maestro: mentre Carson conduce la sua corazzata in seconda serata, lui lo segue in terza, sulla Nbc, con il suo “Late Night with David Letterman”, in onda dal 1982. Ai completi di sartoria di Carson fanno da contrappunto le sue giacche larghe, i “chinos” e le Adidas bianche: Letterman progetta in laboratorio lo svecchiamento del “Tonight Show”, forse pensando che il programma del maestro gli toccherà naturalmente in eredità quando questi deciderà di godersi la vecchiaia sul suo yacht, una volta inoltrati i cospicui assegni di mantenimento alle numerose ex mogli.
L’interferenza di Jay
Le cose non vanno così: all’uscita di scena di Carson, nel ’92, la Nbc decide di mettere un marchio di proprietà sullo show. Non sarà Letterman a condurlo - nonostante sia chiaramente il preferito di Carson - ma Jay Leno, “stand-up comedian” della stessa generazione, ma di profilo più tradizionale, “classico” se si vuole. La Cbs offre allora a Letterman di occupare lo stesso spazio orario di Leno - la seconda serata - con un programma da New York, da quell’Ed Sullivan Theatre che, il 9 febbraio 1964, aveva visto il debutto americano dei Beatles.
Il 30 agosto 1993 parte il nuovo “Late Show with David Letterman”, spettacolo che tra i lavori di rinnovamento del teatro, il contratto dell’ospite e quelli della band capeggiata da Paul Shaffer, già costa alla Cbs 140 milioni di dollari.
Investimento redditizio
Investimento redditizio, perché in ventidue anni di lavoro, cinque spettacoli alla settimana, Letterman rifonda la tradizione del talk show, dimostrando che in televisione intelligenza e semplicità sono vincenti. Le interviste con gli ospiti - pur interessati alla promozione di film e dischi - non sono mai scontate: Letterman è sempre in agguato con la sua ironia e il leggere nelle sue smorfie e nei suoi commenti antipatie e simpatie personali diventa uno sport nazionale.
Celeberrimi i suoi scontri con Madonna, Cher, Oliver Reed («Dimmi: quanta voglia hai di prendermi a pugni in questo momento?»), epiche le apparizioni di Andy Kaufman e Warren Zevon, deliziosi i siparietti con gli amici dichiarati Tom Hanks, Bill Murray, Ray Romano, Don Rickles, Al Pacino, Drew Barrymore e, soprattutto, il flirt tutto virtuale con Julia Roberts.
È difficile capire quanto orfana sarà da giovedì la tv americana - anche se a Letterman subentrerà una generazione di “host” che gli deve molto (Jimmy Kimmel su tutti) - e quanto più povero sarà il mondo dello spettacolo. In Italia, l’unico parallelo possibile è quello con Renzo Arbore: altro genio della tv che da tanto tempo tace, lasciando aleggiare quel vuoto spinto di cui il piccolo schermo così facilmente si riempie.
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