Il manifesto degli attori anonimi di James Franco

Se il bisogno di recitare diventa una dipendenza, ci si può affidare a un gruppo di sostegno sul modello del sistema in 12 passi degli Alcolisti Anonimi. James Franco ne “Il manifesto degli attori anonimi” (Bompiani) fa il supporter, quello che ci è passato prima e che sa esattamente come ci si sente ad affrontare le montagne russe emotive della società dello spettacolo
Hollywood da sempre ha solleticato la fantasia degli scrittori, sarà per quella natura duale che ne fa sia una Babilonia che la mecca del Cinema, in una dicotomia sempre attuale. La Città degli Angeli e il sogno americano del tutti-possono-diventare-qualcuno si concretizzano nelle stelle collocate sulla Walk of Fame, ma per ognuna di esse a migliaia sono caduti nella polvere.  Meno del 10% degli attori iscritti al sindacato vivono soltanto con la recitazione e solo il 2% raggiunge la fama. Molti gli autori che hanno cercato di svelare quanto fosse spietato il meccanismo su cui si regge il sistema hollywoodiano.
Un sistema fondato sull’autocelebrazione, sul divismo, sul culto di un mondo irreale dove la triade denaro, potere e sesso è molto concreta. Già in un film del 1932 di George Cukor dall’eloquente titolo di A che prezzo Hollywood? ma anche in Viale del tramonto si vede il ghigno cinico della “fabbrica dei sogni”, che fagocita i sogni di gloria dei tanti che si riversano in questa città dove “non c’è posto per gli sfortunati“, come scrisse Oriana Fallaci.
Libri cult come Perchè corre Sammy? di Budd Schulberg e Il giorno della locusta di Nathanael West hanno evidenziato il volto spietato e da matrigna di una città che stritola quelli che non riesco a farcela, dove è vietato invecchiare ed essere meno che cool.
Nel solco di questa tradizione critica verso l’industria cinematografica americana s’inserisce Il Manifesto degli attori anonimi di James Franco, il quale dispensa consigli a chi vuole fare l’attore e in questa operazione esprime giudizi e regala aneddoti sui suoi colleghi e sulla sua vita privata e allo stesso tempo racconta storie di aspiranti attori, ex attori, bambini prodigio, giovani star, tutto un campionario di figure che rimandano un’immagine poco idilliaca del sogno all’ombra degli Studios.
Per avere le coordinate del libro: “L.A. è un posto di merda. Ci sono 5 milioni di persone lì che cercano di diventare attori, e solo una manciata di loro ci riesce, e quelli che non ci riescono rimangono lì e non fanno altro che marcire… Lì è pieno di vampiri”, dice un’amica di James al suo omologo nel libro.
James Franco dà le tessere del mosaico e lascia al lettore il gusto di rimettere tutto in ordine, o di provarci. L’opera risale a quando studiava scrittura alla Columbia University ed è un insieme destrutturato di aneddoti, riflessioni, consigli, diari, trascrizioni di sms e un insieme di materiali e note apocrife scritte da un non identificato Attore.
“Il mio lavoro è la mia vita e la vita è il mio lavoro. E cose come questo libro sono totalmente libere dalle pressioni dell’essere popolare, perché non mi mantengo scrivendo, mi mantengo recitando“: questa è la premessa che fa l’autore, cioè di parlare liberamente attraverso le pagine dell’opera. James Franco è famoso per essere un artista poliedrico, è attore, regista, scrittore, sceneggiatore, testimonial, dottorando a Yale e superstar di Instagram.
Lungo le pagine scopriamo che James Franco è nato a Shark Height vicino Cleveland, come Paul Newman, se questo elemento di comunanza con un grande divo del passato può voler dire qualcosa. Franco riversa sulla pagina i ricordi dei tentativi fatti per vivere a Los Angeles, di trovare una scuola di recitazione che non fosse fuffa e racconta diverse esperienze personali, una molto disturbante, ma come egli ribadisce in tutte le interviste, ci sono degli elementi autobiografici nel libro, ma non tutto è autobiografico, insomma affibbiategli gli aneddoti che volete.
Il senso del libro non è sapere come James è stato respinto da Bree, l’amica di corso alla scuola di recitazione “seria” su Lankershim Boulevard, ma capire come spesso i rapporti umani in quella città sono filtrati dall’essere attore, e infatti Bree sembra più interessata alla sua bravura e alle sue potenzialità recitative, infatti gli organizza un incontro con la sua agente, che al fatto di essersi baciati.
Sorprendentemente scopriamo che a ventisette anni James Franco ha dovuto imparare ad aprirsi con la gente e a socializzare anche se poi con la fama sono arrivati amici e amori in abbondanza, non c’è nulla di più socialmente entusiasmante che vivere un senso di prossimità con una celebrità, sembra dirci Franco. Fama come l’afrodisiaco più potente.
Dalle storie di vita di altri personaggi, che in un gioco degli specchi potrebbero essere in parte anche frammenti dello stesso James, scopriamo la storia di Corey, bambino prodigio che diventa l’emblema di tutti quei genitori affamati di fama, perchè ha una madre che lo porta tutti i giorni allo Chateau Marmont per farlo provare con l’attore pederasta, cioè lo fa prostituire pur di avere la parte in un film.
Apprendiamo che l’osmosi tra attore e personaggio esiste a vari gradi, John Wayne ad esempio era un tipo di Glendale (uno dei sobborghi più importanti di L.A.) che è diventato un cowboy perchè ne aveva interpretati tanti sul grande schermo. La finzione che plasma la realtà, “fake it till you make it“.
A queste riflessioni si alternano consigli più pratici, sul mestiere di attore: “Manda giù tutto. Non preoccuparti dei rifiuti che incassi. Continua a provare“, ma anche sulla vita: “La gente che si mette in un angolino e aspetta ‘la persona giusta’ di solito una volta che la trova è così ossessionata che mette talmente tanta pressione alla relazione da ucciderla“.
Nel libro trova spazio una carrellata di registi e attori e scopriamo che il suo regista del cuore è Frank Bidart autore della poesia Consiglio agli attori che parla del bisogno umano di creare. Mentre l’attore-mito-musa è River Phoenix, morto al Viper Room sotto gli occhi delle telecamere ad appena ventitrè anni.
Come scopre James a undici anni, sulla sua pelle, durante lo spettacolo al campo estivo, “fintanto che faceva parte della performance, il pubblico avrebbe accettato tutto, di fatto erano loro a volere che andassi al di là dei limiti imposti dalla civiltà” è l’idea dell’attore in pasto alla società della quale incarna ed esplora i luoghi più oscuri dell’anima e dalla quale è spesso sacrificato sull’altare della fama pur di brillare per sempre: “fama, orgoglio, vanità, tutti gli attori vogliono continuare a vivere per l’eternità“, qualsiasi sia il prezzo da pagare.
http://www.ghigliottina.it/2015/06/30/il-manifesto-degli-attori-anonimi-di-james-franco/