James regista.

Per venire a Taormina, ha letto Italo Calvino. James Franco, conosciuto dal grande pubblico soprattutto come il bel tormentato e insicuro Harry Osborn dei primi tre Spider-Man, spiazza chi può dar tutto per scontato, in conferenza stampa al Taormina FilmFest, rivelandosi un attore e regista colto e attento. Un artista che, negli ultimi tempi, ha avuto modo di "riprendere a leggere con più impegno", spaziando "dai Vangeli apocrifi a Milton, a Faulkner". Ed è proprio William Faulkner, uno degli scrittori cardine di Franco, ad ispirare uno delle sue prossime regie, un cortometraggio tratto da "Red Leaves", scritto nel 1930: "E' una storia di azione. Ho scelto il corto, per la trasposizione, perché è un buon metodo per abituarsi a gestire al meglio ritmo, personaggi e ambientazione".Classe 1978, del segno dell'ariete e un cognome che suona d'Italia, James Franco ha aperto "in contumacia" il Taormina FilmFest come protagionista di "Flyboys" ("Giovani Aquile"), diretto da Tony Bill. E, in carne, ossa, giubotto di pelle e mimica che mutua, reinterpretandole, quelle di James Dean (da lui interpretato nel 2001) e di Paul Newman, Franco "chiude" con il suo "Good time Max" (Usa, 2007) l'ultima giornata del Festival diretto con successo da Deborah Young."Il personaggio di Max - spiega - è basato, come gli altri del film, su persone vere, reali. E mi piace particolarmente perché appartiene a quel genere di uomini dalle grandi potenzialità sprecate. Max, infatti, è una persona leggera, che ama la vita ma che continua a mantenere lo stesso atteggiamento anche quando tutto sta andando in pezzi"."Good Time Max" è stato scritto a quattro mani con Merriwether Williams e co-prodotto con Vince Jolivette (presente anche lui in conferenza stampa). Max (James Franco) e Adam (Matt Bell) sono due fratelli di New York, dotati di una straordinaria intelligenza e destinati al successo. A scuola Adam ha una pagella costellata di dieci, Max di dieci e lode. Adam lavora sodo e diventa un medico. Max prende la vita con leggerezza e diventa uno spacciatore. Quando l’ultimo affare finisce male, a Max non resta altra scelta che prendere la via della fuga e nascondersi in California assieme al fratello maggiore e responsabile. Dopo avere promesso ad Adam che metterà la testa a posto, Max si fa strada sgomitando con arroganza all’interno di una compagnia informatica. Annoiato dalla routine lavorativa, Max diventa presto il ragazzaccio dell’ufficio e nascosto nei bagni della compagnia insieme ad alcuni colleghi fa uso di droghe. Nel frattempo anche Adam, il fratello buono, cede ad alcune cattive abitudini. La regia e i dialoghi arguti fanno sì che il film mantenga sempre un ritmo serrato. Franco regala la migliore interpretazione della sua carriera nei panni di un Max poco attraente, sfoggiando una certa dose di buffoneria che ricorda molto quella di Roberto Benigni. Ma ciò che colpisce più di ogni altra cosa in questo film è la sensazione di serietà che permea le malefatte dei suoi personaggi, lasciando allo spettatore un ritratto veritiero e stranamente commovente di un amore fraterno.