Madonna: il mio amico Keith Haring

Il lavoro di Keith iniziò nelle strade e attirò l’attenzione delle stesse persone che si interessavano a me: soprattutto neri e ispanici, persone con un basso reddito e un background umile. La sua arte piaceva alle persone che apprezzavano la mia musica. Venivamo dallo stesso mondo, quello stesso mondo che ci aveva ispirato. Keith è riuscito a portare nella cultura popolare alcuni elementi di quella che io chiamo Street Art, arte che faceva parte di una controcultura underground. Io feci lo stesso, portando al consumo di massa uno stile nato nelle strade. Abbiamo quindi davvero molto in comune. Un’altra cosa che abbiamo avuto in comune fin dall’inizio è stata l’invidia e l’ostilità di chi avrebbe voluto che non diventassimo famosi. Siccome vendevamo moltissimo e guadagnavamo un sacco di soldi, ci fu chi smise di considerarci artisti. Il loro ragionamento era il seguente: «Ok, sei un prodotto destinato al consumo di massa e un sacco di gente comprerà il tuo lavoro, quindi non sei un artista». So che alcuni pensarono questo di Keith e ovviamente anche di me. Io e lui eravamo due facce della stessa medaglia e all’inizio della nostra carriera ci siamo incoraggiati a vicenda. Mi ricordo che Keith venne ai miei primi show alla Fun House, dove «Jellybean», che era il mio ragazzo, faceva il deejay. Cantavo su delle basi musicali e ballavo su coreografie che io stessa preparavo. Era grandioso e, trattandosi di un club ispanico, l’atmosfera era davvero carica! Non so cosa ci spingesse a frequentare club bizzarri come la Fun House o il Paradise Garage. Ovviamente c’era la sessualità e il magnetismo quasi animale delle persone che li frequentavano. Erano così belle e ballavano con un tale abbandono! Sono stata sempre attratta dalla cultura ispanica e lo stesso vale per Keith. È un’altra cosa che abbiamo in comune. Erano queste le persone che per prime comprarono i miei dischi ed esibirsi davanti a loro era grandioso. Anche Keith la pensava così. Io andavo alle sue bellissime feste e lui veniva alle mie e ci divertivamo un sacco!Un’altra cosa che avevamo in comune... erano i gusti in fatto di uomini! Secondo una leggenda metropolitana gli rubai anche uno dei suoi amici. In realtà lui si presentò a una festa di Capodanno a casa mia assieme a un tipo davvero fantastico e mi disse: «Madonna, è tuo, è il tuo regalo di Capodanno!» Era un tipo incredibile, un grande ballerino, sempre allegro e sempre ottimista e anche lui diventò mio amico. L’arte di Keith mi è sempre piaciuta perché fin dall’inizio ha coniugato gioia e innocenza con una brutale consapevolezza del mondo, presentata in maniera infantile. C’è molta ironia nel suo lavoro, così come nel mio. È questo che mi piace. Ci sono colori audaci, figure infantili e molti bambini ma se si osservano le sue opere più da vicino ci si accorge che sono molto potenti e che mettono paura. Molto spesso la sua arte affronta l’argomento della sessualità per mettere in evidenza i pregiudizi e le fobie della gente. In questo senso i suoi sono lavori politici. Quel che non riesco a dimenticare è che, all’inizio del nostro successo, alcuni ci fecero sentire la loro ostilità. Ma era un piccolo gruppo, un’élite di artisti che pensava ci stessimo svendendo. E nel frattempo il resto del mondo ci apprezzava! In realtà era evidentissimo che loro avrebbero voluto essere al nostro posto! Ma l’invidia e la gelosia non ci fermarono: non volevamo lavorare solo per la gente di New York ma per tutti, ovunque si trovassero. Un artista vuole il riconoscimento di tutto il mondo, non solo di una piccola e sofisticata élite. Tutti là fuori vorrebbero raggiungere le stelle ma solo pochi ce la fanno! Grazie a Keith non mi sentivo sola, né quando facevo fatica, né quando festeggiavo i miei successi. Non mi sentivo da sola nelle difficoltà e gli sono davvero grata per tanti motivi! Non sono molte le persone con cui sento di avere tante cose in comune e non penso che siano in molti ad aver compreso il mio percorso ma, quando penso a Keith, alla sua vita e ai suoi successi... be’, non mi sento sola. Il racconto di Madonna è tratto da Keith Haring - La biografiadi John Gruen (Baldini Castoldi Dalai editore - Tutti i diritti riservati)