Lupin III - Il Castello di Cagliostro

(Lupin San Sei: Cagliostro No Shiro) Regia: Hayao Miyazaki; soggetto: tratto dal manga originale di Monkey Punch; sceneggiatura: Hayao Miyazaki, Haruya Yamazaki; fotografia: Hirokata Takahashi; musiche: YUJI OHNO; art director: Shichiro Kobayashi; direttore delle animazioni: Yauo Ohtsuka; produzione: TMS Entertainment, Ltd; distribuzione: Mikado; origine: Giappone, 1979; durata: 100’; web info: sito ufficiale
Arriva finalmente – era tempo! A distanza di quasi trent’anni! – anche nelle nostre sale, l’opera d’esordio del più apprezzato regista d’animazione giapponese, il cartone simbolo di un’intera generazione, la prima venuta su a ‘pane e anime’. Lupin e Miyazaki insieme: ce n’è di che ingolosire i palati degli appassionati del genere, anche se si tratta di due campioni conosciuti ormai pure da chi non bazzica abitualmente il settore. Un vero e proprio gioiello da riscoprire, all’interno del prezioso filone miyazakiano, bollato invece, con la sufficienza di chi neppure avrà visto il film, come il suo meno personale. Niente di più falso: Il Castello di Cagliostro è un Miyazaki doc. Torna l’improbabile trio di soci malviventi: l’amabile ladro Lupin, il pistolero brontolone Jigen e il silenzioso samurai Goemon. E, con loro, non potevano mancare il goffo ispettore Zenigata e la sexy truffatrice Fujiko a dar manforte all’allegra brigata di briganti. E tornano pure, in questa nuova edizione – un omaggio che risulterà graditissimo ai fans di vecchia data – i doppiatori italiani della serie tv: Lupin torna finalmente a parlare con la sua voce storica, quella di Roberto Del Giudice. Eppure, a ben vedere, cos’hanno da spartire il superficiale furfante più famoso dei cartoni con l’animista Hayao? Il Casanova eterna vittima del fascino femminile e il cantore delle bambine volitive? Tuttavia, si sa, gli opposti si attraggono e in certe fortunate operazioni, come quella in questione, possono venir fuori veri e propri fuochi d’artificio. Miyazaki, insieme al suo antico socio dello Studio Ghibli Isao Takahata, in realtà aveva già curato la mitica prima serie televisiva tratta dal manga di Monkey Punch, proprio quella in cui il protagonista vestiva ancora la giacca verde che indossa anche in questo lungometraggio. Il mangaka, però, non riconobbe più il suo personaggio trasgressivo nel protagonista gentile del ladro gentiluomo tratteggiato dal regista. Otto anni più tardi venne affidata a Miyazaki anche la regia del lungometraggio Il Castello di Cagliostro: il film, presentato a Cannes l’anno successivo (nel 1980) venne premiato come miglior opera d’animazione, lanciando la fortunata carriera del suo autore. Impossibile chiedere a Miyazaki, però, di rimanere fedele a un personaggio tanto superficiale: il ‘suo’ Lupin è stranamente posato e malinconico, una sorta di eroe cinematografico d’ascendenza romantica, a metà strada tra il Cary Grant di Caccia al Ladro e il Bogart di Casablanca (come nota acutamente Alessandro Bencivenni, autore di uno dei pochissimi testi sul ‘nostro’ pubblicati in Italia). I caratteri di Lupin e della dolce Clarisse vengono letteralmente ridisegnati, tanto da evocare quasi un legame di parentela diretto con Conan e la sua Lana. La già risoluta Fujiko può essere invece considerata l’antesignana delle sue future eroine guerriere, da Nausicaä a San. Ma poi, lo stesso regista non può esimersi dal prevedere, oltre agli idilliaci momenti di stasi tutti miyazakiani, anche l’azione bondiana celebrata da Monkey Punch, con tanto di accompagnamento musicale swing ad hoc delle avventure scavezzacollo del simpatico truffatore. E allora, ecco l’attacco dei ninja nel cuore della notte, con tanto di sincopata fuga finale sui tetti o i le sublimi scene di volo, quasi una sigla del ‘Miyazaki touch’. L’autore pone in viaggio anche Lupin – uno senza radici per antonomasia, d’altronde – facendogli valicare le Alpi a bordo della sua Fiat 500 gialla dal motore truccato. Anche del cambiamento d’auto è responsabile il ‘marxista’ Miyazaki: al posto della Mercedes d’epoca, la SSK che fu anche di Hitler, egli preferisce fargli guidare una più ‘simpatica’ e popolare utilitaria. L’ambientazione europea non è certo una novità nella filmografia dell’autore, da sempre affascinato dalla letteratura infantile proveniente dal vecchio continente. Il castello di Cagliostro, con Lupin trasformatosi quasi in principe azzurro con tanto di principessina da salvare, non mancherà di richiamare un altro maniero protagonista di un capolavoro dell’animazione giapponese, in cui lo stesso Miyazaki mosse i primi passi: Il Gatto con Gli Stivali, adattamento molto libero dalla fiaba di Perrault. Le firme del film faranno commuovere gli otaku: la sceneggiatura è vergata, oltre che dallo stesso Miyazaki, anche da Haruya Yamazaki (Rocky Joe, Capitan Harlock). Le musiche, come sempre nelle storie di Lupin, sono di Yuji Ohno, collaboratore abituale anche del gigante Osamu Tezuka. La dimensione miyazakiana è resa dalla ben nota predilezione dell’autore per suggestivi contesti di fiaba fuori dal tempo. Forse è proprio per questo che, tra i tanti lungometraggi dedicati a Lupin III, è proprio quello in cui il tesoro si rivela un’antica città romana restituita alla civiltà, piuttosto che gioielli o denaro, ad essere invecchiato meglio. Come a dire: ‘trent’anni e non sentirli’, con o senza ritocchi digitali. Il panorama cinematografico estivo saprà difficilmente offrire qualcosa di meglio di questo Miyazaki d’annata. C’è da scommetterci.