« Spesso abbiamo stampato la parola Democrazia. Eppure non mi stancherò di ripetere che è una parola il cui senso reale è ancora dormiente, non è ancora stato risvegliato, nonostante la risonanza delle molte furiose tempeste da cui sono provenute le sue sillabe, da penne o lingue. È una grande parola, la cui storia, suppongo, non è ancora stata scritta, perché quella storia deve ancora essere messa in atto. »
Il termine democrazia deriva dal greco demos: popolo e cratos: potere, ed etimologicamente significa governo del popolo.
La democrazia non è un concetto cristallizzato, ma può trovare una sua espressione storica nella ricerca continuata per dare al popolo la capacità di governare effettivamente.
Democrazia diretta e democrazia rappresentativa
Una prima classificazione della democrazia può essere tra democrazia diretta e democrazia indiretta.
Nella democrazia diretta il potere è amministrato direttamente dal popolo, come avveniva nell'antica Grecia, dove i cittadini si riunivano nell'agorà (piazza).
Nella democrazia indiretta il potere è amministrato da rappresentanti del popolo (il parlamento). L'Italia è una repubblica parlamentare (quindi a democrazia indiretta) che usa come unici strumenti di democrazia diretta il referendum e l'iniziativa popolare.
Evoluzione storica del concetto di Democrazia
La democrazia è una forma di governo che si è diffusa nella storia moderna. Nella millenaria evoluzione del concetto di democrazia ci sono stati notevoli affinamenti dell'idea.
Le prime definizioni di democrazia risalgono all'antica Grecia e sono alquanto diverse da quelle usuali oggi.
Un esempio è il principio aristotelico che distingue fra tre forme pure e tre forme corrotte di governo: monarchia (governo del singolo), aristocrazia (governo dei migliori) e politía (governo di molti), esse secondo il filosofo rischiavano di degenerare rispettivamente in dispotismo, oligarchia (governo di un'élite), e democrazia (potere gestito dalla massa e succube della demagogia).
Sul moderno concetto di democrazia hanno avuto grossa influenza le idee illuministe, le rivoluzioni del XIX secolo, in particolare la Rivoluzione francese con il suo motto di libertà, uguaglianza e fraternità. Sia la carta costituzionale americana del 1787 che quella francese del 1791 vertevano sul principio della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario). Il suffragio universale, il primato della costituzione e la separazione dei poteri sono le basi della democrazia rappresentativa.
Un'altra importante caratteristica delle democrazie moderne è la separazione tra Stato e Chiesa, cioè l'indipendenza da tutte le religioni. Questo principio è strettamente connesso con quello della laicità dello stato.
In seguito si è diffuso il concetto che una democrazia moderna debba avere anche una stampa libera, evidenziando così un quarto potere.
Per molti oggi ai poteri esistenti bisogna aggiungere delle authority, come quella che garantisce la concorrenza e quella che si occupa della privacy (riservatezza) dei cittadini e dei loro dati personali.
Ma non bisogna dimenticare Sen, indiano il quale chiarisce che la democrazia non è un'invenzione dell'Occidente: "Quella che va corretta è la tesi, frutto solo d'ignoranza, dell'eccezionalismo occidentale in materia di tolleranza". A questo proposito Sen cita l'editto di Erragudi, emanato nel III secolo AC in India, un manifesto alla tolleranza.
In definitiva oggi il concetto di democrazia è visto in modo dinamico, come una necessità per la forma di governo di adattarsi agli sviluppi economici e sociali in modo da garantire al popolo i diritti fondamentali.
Differenza tra la democrazia degli antichi e democrazia liberale
Già Benjamin Constant nel Settecento aveva mostrato le differenze tra la concezione della democrazia degli antichi e quella dei moderni. Il teorico della liberaldemocrazia Robert Alan Dahl parla di tre percorsi storici:
democrazia delle città-stato;
democrazia degli Stati-nazione;
democrazia cosmopolita.
In tale approccio la differenza tra la democrazia antica e moderna sta nel fatto che nella prima prevale il concetto di eguaglianza, nella seconda prevale l'idea di libertà. Per tale motivo, mentre la democrazia antica funzionava col sistema della partecipazione dei cittadini (esclusi gli schiavi, gli stranieri e le donne) tramite i meccanismi del sorteggio e della rotazione, le democrazie liberali si fondano sulla competizione tra candidati e sul meccanismo della delega tramite elezioni.
La democrazia partecipativa classica era possibile in epoca antica grazie a determinate condizioni: la sovranità limitata ad una sola città, la cui popolazione raramente superava i 100.000 abitanti; i diritti politici riconosciuti a una ristretta fetta di popolazione, poiché erano esclusi quasi i tre quarti degli abitanti (donne e schiavi). La Grecia delle poleis, la Roma repubblicana e in parte i Comuni italiani tra XII e XIV secolo sono i luoghi e i periodi storici in cui questo tipo di democrazia poté realizzarsi. Alcuni pensano che le moderne tecnologie elettroniche e di telecomunicazioni potrebbero oggi consentire forme di democrazia diretta in qualche modo analoghe.
In età moderna Rousseau tentò di far rifiorire il concetto di democrazia degli antichi. I giacobini e poi i socialisti si fecero interpreti di questa idea. Il presupposto della democrazia liberale moderna, cioè il principio della rappresentanza, fu proposto tra i primi da John Stuart Mill ed è oggi alla base dei regimi democratici.
L'affermazione delle democrazie europee moderne
Gli studi sulla modernizzazione, in particolare quelli di Barrington Moore, si sono focalizzati sulle precondizioni che hanno consentito l'affermarsi in Europa della democrazia moderna. Secondo questi studi, fondamentale fu l'equilibrio di poteri che si creò tra la monarchia assoluta, tesa a limitare il crescente potere della nobiltà, e la nobiltà stessa che fu sempre abbastanza forte da contrastare il potere tendenzialmente assoluto della corona. Questo equilibrio facilitò l'instaurazione del parlamentarismo (in primo luogo in Inghilterra). Inoltre la borghesia urbana, col suo naturale interesse per la garanzia dei diritti civili e politici - innanzitutto la proprietà privata - e l'evoluzione mercantile dell'aristocrazia terriera, favorì la democrazia, portando ad un'alleanza tra aristocrazia possidente e borghesia, insieme ad una tenue liberazione dei contadini dai vincoli feudali. L'assenza di una coalizione aristocratico-borghese contro contadini e operai fu una precondizione necessaria, tuttavia, per evitare lo stritolamento della democratizzazione negli strati più bassi della popolazione. Infine, le rivoluzioni - inglese, americana, francese - portarono alla definitiva affermazione della democrazia, estirpando l'elite agraria, distruggendo i vincoli feudali e portando operai e contadini nei processi di governo.
I diritti di cittadinanza
Per diritti di cittadinanza s'intende l'insieme dei diritti civili, diritti politici e diritti sociali che sono alla base della democrazia moderna. Essi giungono alla loro piena affermazione nel XX secolo. La loro estensione alle classi basse della popolazione dipende infatti dall'evoluzione del concetto di Stato a quello di nazione e da quello di sudditi a quello di cittadini.
Diritti civili: libertà della persona, libertà di parola, pensiero e fede, diritto alla proprietà, diritto di concludere contratti, diritto alla giustizia; affermazione nel XVIII secolo.
Diritti politici: diritto a partecipare al processo politico come membro di un corpo investito di autorità politica o come un elettore dei membri di tale corpo; affermazione nel XIX secolo.
Diritti sociali: diritto a un minimo di benessere economico e sicurezza, diritto di vivere secondo gli standard prevalenti nella società; affermazione nel XX secolo.
La cultura democratica
Un fattore chiave in una democrazia è la presenza, all'interno di una nazione, di una cultura democratica (una "democrazia politica" senza cultura democratica diffusa nei cittadini non sarebbe una democrazia). Fra i pensatori politici e i filosofi che hanno sollevato dibattiti su questa questione c'è John Dewey, nella sua rilettura di Ralph Waldo Emerson, da lui considerato "il filosofo della democrazia", essenziale per una cultura democratica. Altri pensatori dedicatisi alla questione sono Hannah Arendt e George Kateb.
Le contraddizioni della democrazia
Studi recenti di economisti e matematici mostrano come la democrazia non sia qualcosa di compiuto e ben definito, come si tende a credere nel senso comune. In effetti un approccio filosofico tende a considerare la democrazia un concetto intrinsecamente contestabile. Di seguito alcuni risultati.
Libertà d'opinione e diritti
Il nobel Amartya Sen ha dimostrato che se valgono sia il principio di libertà di opinione che quello di unanimità allora un individuo può avere al più dei diritti. Ossia:
la libertà di opinione è meramente (=soltanto) fine a se stessa
la società può essere vincolata a tenere conto al massimo delle preferenze di un solo individuo e ad andare contro quelle degli altri.
Voto
Kenneth Arrow ha dimostrato che se valgono il principio di unanimità, di dipendenza dal voto e libertà di opinione allora esiste un dittatore. In altri termini, in una democrazia come correntemente intesa in occidente, le decisioni sociali riflettono sempre le preferenze di un solo individuo (e per estensione di una sola classe sociale: quella dominante).
Rappresentanza
Michel Balinsky e Peyton Young hanno dimostrato che non esiste alcun sistema di distribuzione dei seggi in grado di soddisfare i principi di proporzionalità e monotonicità. In altre parole è possibile che un partito, pur aumentando i consensi rispetto ad un altro, perda dei seggi.
WIKIPEDIA