Cambia l'Ave Maria "Era stata tradotta male"

MARCO POLITI.
Cambia in chiesa l'Ave Maria, ma rimarrà la stessa sulle labbra dei fedeli. La nuova versione inizierà con un gioioso "Rallegrati, o Maria", quasi una trasposizioneverbale di quelle annunciazioni in cui l'Angelo sembra irrompere sulla scena sconvolgendo una Madonna timorosa quanto umile. "Rallegrati" sarà in italiano il saluto primordiale, che mette in moto il Vangelo. In altre lingue è stato tradotto da tempo. "Hail", dicono gli inglesi. "Sii salutata", suona in tedesco. "Io vi saluto, Maria", annuncia l'angelo Gabriele in francese. Mentre lo spagnolo, più magniloquente, incomincia con "Dios te salve, Maria". Il passo della preghiera, come migliaia e migliaia di altre espressioni liturgiche, è stato sottoposto dalla Conferenza episcopale italiana ad un attento restyling per rendere il linguaggio dei riti il più possibile familiare al fedele che ascolta (garantendo la massima rispondenza all'originale greco). Ma sarà così soltanto per le letture che vengono fatte durante la messa. Per quanto riguarda la preghiera pronunciata dai fedeli, le sue parole non cambieranno. Troppo radicato e misteriosamente sacro è quell'"ave" ripetuto da secoli nel momento del dolore, del bisogno, della speranza contro ogni speranza. Perciò la Cei non ha voluto cambiare nulla. Invece il Lezionario liturgico - frutto di un lavoro iniziato nel 2002 e che ancora prosegue - è ricco di molti aggiustamenti, che i cattolici più attenti alle sfumature potranno già avvertire dalla prima domenica d'Avvento. E' stato aggiornato anche il Padre Nostro. Ed è una modifica importante. Là dove la formula tradizionale, dopo l'invito a rimettere i debiti ai debitori come il fedele chiede per sé a Dio, continuava con il celebre "e non ci indurre in tentazione", d'ora in avanti si reciterà: "e non abbandonarci alla tentazione". La riformulazione ha un significato teologico. E' pensabile, infatti, si sono chiesti da tempo teologi ed esperti di liturgia, dire a cuor leggero che Dio "induce" alla tentazione e quindi a peccare? Nemmeno il serpente nel paradiso terrestre, a voler spaccare il capello, spinge Eva a prendere il pomo proibito. Si limita soltanto a dire che se Adamo ed Eva ne mangeranno, diventeranno "simili a Dio". Insomma la responsabilità ultima è dell'individuo lasciato nella sua responsabilità dinanzi al bivio tra il bene ed il male. Ed ecco allora la traduzione più misericordiosa (e teologicamente corretta): "e non abbandonarci alla tentazione". Come se il cristiano dinanzi alle sabbie mobili dell'errore, chiedesse l'aiuto del Padre che già guidò con braccio forte gli israeliti dalla schiavitù alla terra promessa. Sparisce, poi, dalla famosa esortazione all'impossibilità di servire due padroni, l'ormai oscuro termine aramaico "mammona". I fedeli capiranno che dovranno scegliere tra l'idolo della "ricchezza" e Dio. Ricchezza ingiusta, si è affrettato a chiosare il segretario della Cei mons. Betori. E tuttavia i traduttori hanno avuto anche tenerezza per l'eloquio popolare. Forse era più giusto dire "briganti", ma chi potrà sradicare dalla memoria popolare l'immagine dei "ladroni"? Brigante sarà quello di Pinocchio, ladroni sono e rimarranno quelli - il buono e il cattivo - che fanno compagnia a Cristo sul Golgota. Per non dire che di ladroni sono pieni anche i giorni nostri.