Intervista a Bjork, in Italy!

ROMA - Sperimentatrice instancabile e a volte "cattiva ragazza", la cantante islandese Björk sta tornando per due concerti in Italia, il primo il 25 luglio a Roma, dove mancava da sette anni, all'interno della Cavea dell'Auditorium Parco della Musica; il secondo all'Arena di Verona, il 28 luglio. Conserva il dono dell'entusiasmo e della schiettezza Björk, anche in cose che con l'arte hanno poco a che vedere, come la politica. Sono dello scorso inverno due "gaffe" compiute pubblicamente nel suo tour in Asia. In febbraio, a Tokio, introducendo il brano "Declare independence" (dedicato alle isole Faroer in origine) urlò "Kosovo!" sul palco, riferendosi alla regione balcanica che proprio in quei giorni aveva dichiarato l'indipendenza dalla Serbia e scatenando quindi le ire di Belgrado. Stessa scena a Shanghai un mese dopo: prima di attaccare la canzone sull'indipendenza urla "Tibet Tibet!", proprio in casa cinese, freddando il pubblico presente. Lo stesso entusiasmo la portò al cinema, quasi per caso: doveva scrivere una colonna sonora per Lars Von Trier, ma il regista nel 2000 la volle coinvolgere come protagonista nel film "Dancer in the dark". Risultato: Björk vinse a Cannes come migliore attrice, il film ricevette la Palma d'oro, la colonna sonora e Selmasong, che lei cantava con Thom Yorke, ebbero una nomination all'Oscar. "Preferisco però la musica al cinema" dice Björk. "E non ripeterò l'esperienza di attrice: recitare potrebbe costituire una distrazione rispetto a ciò che amo di più. Sono felice di lavorare nella musica, fortunata di poter fare ciò che faccio. Le dirò di più: se diventa troppo cinematografica non mi piace più neanche la musica". Il suo ultimo album Volta sembra molto più gioioso rispetto ai precedenti, cos'è cambiato nella sua vita e nella sua musica? "Personalmente credo che in tutti i miei album ci sia sempre stato tanto sense of humour e molta allegria. Penso che l'impressione di maggiore gioia che comunica Volta dipenda dal fatto che è più fisico, dunque tutto diventa più evidente. In Vespertine e in Medùlla il gioco era presente ma in modo più ambiguo, come posso dire, un po' nascosto. Mentre li realizzavo sono diventata più casalinga, è nato il mio bambino, quei due dischi hanno dunque più a che fare con le cose intime, con il desiderio e la meraviglia dello stare a casa. Con Volta sono stata presa dalla claustrofobia, avevo voglia di uscire, e infatti ho preso una barca e ho cominciato a navigare scrivendo musica, dunque ha tutto un altro mood, anche se sempre gioioso credo". In una delle sue ultime collaborazioni, canta una canzone con il cantante inglese Antony dei Johnsons: come ha scoperto la sua musica e come lo ha incontrato? "Ci siamo incontrati a Manhattan grazie ad amici comuni, poi è venuto a trovarmi in Islanda per partecipare a un mio show e tutto è cresciuto partendo da lì". Cosa pensa della scena elettronica di questi ultimi anni? La segue molto come faceva in passato? "Non ho mai pensato alla musica elettronica come ad una scena vera e propria, ci sono sempre state buone canzoni elettroniche in giro, anche se devo dire molte di più recentemente. Ma ho sempre avuto difficoltà a stabilire cos'è elettronico e cosa non lo è". In questi ultimi tempi la maggior parte degli artisti di grande successo stanno ottenendo ottimi risultati proponendo musica vecchio stile, vedi il caso di Amy Winehouse o di Michael Bublé. Cosa accade, forse che non c'è futuro per il rock? "Per me il rock è morto da tempo. Non posso dire molto per Amy e Michael, non conosco troppo bene il loro lavoro: forse alla gente mancano le belle canzoni e diventa nostalgica. Credo anch'io che usare di tanto in tanto vecchi suoni offra spunti creativi ma non sono molto convinta che questo tornare alle radici per farle crescere velocemente in qualcosa di attuale dia sempre buoni risultati". Come saranno i due concerti che terrà in Italia? "Sul palco saremo in quindici: dieci musiciste islandesi agli ottoni, due ragazzi ai computer e altre diavolerie elettroniche, un batterista e un tastierista".
di CARLO MORETTI