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Time To Celebrate
Il primo album di Madonna per la Sire Records usciva esattamente 25 anni fa, il 27 luglio 1983. "Madonna" fu poi ripubblicato per il mercato europeo nel 1985 con una copertina diversa. Si trattava di "Madonna - The First Album", la versione del disco per l'Europa fino a quando lal Waner Bros. Records ne ha distribuito una versione rimasterizzata (con due bonus remix) nel 2001. "Madonna" ottenne il disco d'oro dalla RIIA il 31 maggio 1984. L'album ha ricevuto il quinto platino il 3 ottobre 2000, e ha venduto più di 10 milioni di copie in tutto il mondo.
“Sono una vincente, nulla mi può fermare”
Madonna, la regina del pop, compie 50 anni il 16 agosto. Per di più sarà in tour (lo «Sticky & Sweet tour») per tutta l’estate e l’autunno, unica tappa italiana (già esaurita) a Roma, Stadio Olimpico, il 6 settembre. In questa intervista esclusiva parla tra le altre cose del suo ultimo album Hard Candy, dei suoi bambini, di suo marito e, naturalmente, del fatidico compleanno. È importante per lei compiere 50 anni?«No, è importante più per gli altri che per me. Per me è solo un altro anno». Per molti è diverso perché cambia il numero.«Ma anche 49 e 51 sono numeri diversi». Il titolo del suo ultimo disco è Hard candy («Dura dolcezza», ndr), quello del’ultimo film «Filth and wisdom» («Sudiciume e saggezza», ndr).Le piace mettere insieme parole contrapposte?«Sì, mi piacciono i paradossi. È la cosa che più mi interessa in questo periodo». Perché?«Perché la vita è un paradosso, sto cominciando a capire che niente è proprio come sembra e non puoi giudicare un libro dalla copertina. Non puoi prendere la vita in modo troppo “letterale": spesso le cose peggiori che ti capitano sono anche le migliori. La vita in fin dei conti è un dualismo, se riesci ad accettarlo diventi meno critico e meno suscettibile agli alti e bassi». Lei ha detto che le persone possono guidare il loro destino, che ce l’hanno nelle loro mani.«Sì». E come spiega le eventualità che non possiamo controllare, come le guerre e le malattie?«Ma anche quelle sono cose di cui abbiamo la responsabilità. Se c’è una guerra è perché un gruppo di persone l’ha permesso. Possiamo dire che c’è un karma universale e uno personale. Ognuno di noi è responsabile per se stesso e per il mondo che lo circonda perché possiamo influenzarlo. Non si può dire “non è colpa mia, sono gli altri che l’hanno voluto", se almeno non hai provato a convincerli». Per questo è nata 4 minutes? È una specie di canzone «alla Al Gore»?«Sì, un po’ è ispirata al film di Al Gore Una scomoda verità e a cose come il Live Earth, ma anche al periodo che ho passato in Africa, dove mi sono accorta che viviamo in un mondo immerso nel caos e che dobbiamo svegliarci e prenderci le nostre responsabilità. La canzone è una riflessione su questo genere di cose». Lei personalmente cosa fa per cambiare le cose?«Be’, innanzitutto scrivo canzoni che parlano di questo. Poi ho fatto un documentario sui bambini africani rimasti orfani a causa dell’Aids e ho partecipato a tutti i progetti che aiutano a creare consapevolezza. Ma queste tematiche si riflettono anche nel modo in cui conduco la mia vita e faccio crescere i miei figli». La musica aiuta a diffondere i messaggi?«Sì, ma non basta, bisogna anche agire in prima persona». Ma anche se parla di cose serie, nelle sue canzoni c’è sempre un po’ di humor.«Ironia. Ho sempre avuto il senso dell’ironia nel mio lavoro, poi se le persone lo colgono o no è un’altra storia. Per per me l’umorismo è molto importante. Bisogna essere seri e poi ridere del fatto che si è seri. Non mi piace essere solo una cosa». A volte canta in un modo allo stesso tempo triste e ironico, come se stesse guardando la situazione dall’alto.«Sì, scrivo molte canzoni con questa caratteristica. Ogni tanto sono in prima persona, poi cerco di eclissarmi e di parlare delle esperienze di tutti, perché quando stiamo scrivendo queste canzoni in sala di registrazione, tutti i presenti, tutti i musicisti dicono: “oh mio dio, mi rispecchio tantissimo in questa canzone"». C’è chi dice che il suo matrimonio stia andando male. La sua relazione con Guy è cambiata?«Certo, come potrebbe non cambiare. Io sono cambiata, lui è cambiato. Adesso abbiamo tre bambini. E anche le nostre esperienze di vita sono cambiate, quindi spero che anche la nostra relazione sia cambiata». In positivo?«Sì. Semplicemente siamo cresciuti. Non abbiamo più quelle aspettative idealistiche sul marito o sulla moglie perfetta. Siamo meno critici l’uno con l’altra e ci capiamo di più. Siamo diventati amici. Ci va un po’. Puoi innamorarti di una persona in poco tempo, ma ci va un po’ per apprezzarla davvero». Avete tre figli: una bella sfida.«Mmh, vanno molto d’accordo. Sono tutti molto diversi, sono unici nelle loro personalità, ma questo rende la casa più allegra». È vero che non permette ai suoi figli di guardare la tivù?«Esatto, non ancora. Così leggono, pensano e giocano di più». Sua figlia come vive il fatto che lei è un modello per molte altre donne?«Be’, anche lei non è stupida, quindi è una bella sfida tra primedonne... sa, ha i suoi momenti di ribellione e non mi ascolta come fanno molte undicenni». I suoi figli sono interessati alla musica?«Certo! Io faccio sempre ascoltare musica ai miei bambini. Li porto in studio di registrazione. Sia Lourdes che Rocco hanno un buon gusto musicale. Ascoltano quello che registro, così vedo se ballano, quali canzoni apprezzano, da quali sono attratti. Posso dire che mi influenzano». Lei ha cambiato stile, ora è più femminile. Come mai?«Be’, a volte vesto in modo più mascolino, a volte in modo più femminile. Dipende dall’umore. Mi piacciono i vestiti». Perché ha lasciato la Warner?«Non sono io che li lascio, è il mio contratto che è finito. Supereranno la cosa». Ne è sicura?«Be’, chissà se le case discografiche ci saranno ancora tra un paio d’anni. Non voglio affondare con questa nave (ride, ndr). Ma, ripeto, non è che lascio l’etichetta. È che il mio contratto è terminato». Avrebbe potuto prolungarlo.«Avrei potuto rinnovarlo, ma la loro offerta non era buona come quella di Live Nation. Non sono stupida». La canzone Give it to me è una specie di motto?«Più che altro è un inno, tipo “dammi tutto ciò che hai, niente mi può fermare”. È come la canzone dell’ultimo respiro: non devi mai arrenderti, devi solo andare avanti e saremo tutti vincitori». Lei si sente una vincente?«Assolutamente». Fonte: La Stampa
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