Il Raffaello fatto a pezzi, risorto coi suoi colori

Presentata a Firenze, Palazzo Medici-Riccardi, la celebre "Madonna del Cardellino" degli Uffizi, disastrato capolavoro del periodo fiorentino di Raffaello, travolto da un crollo nel 1547. Dopo quasi dieci anni di studi, analisi scientifiche, eliminazione selezionata delle parti aggiunte nei secoli, l'Opificio delle pietre dure ha fatto riemergere i colori raffaelleschi sotto la vernice originale, la straordinaria morbidezza delle carni di ispirazione leonardesca. E i particolari delle acque del fiume. Tramontato il progetto dell'esposizione al Quirinale.
di GOFFREDO SILVESTRI
L'Italia ha un Raffaello in più. Un capolavoro. Uno dei più significativi perché dipinto durante il periodo fiorentino (1504-1508) in cui comincia la trasformazione di un artista di 21 anni che scopre e subisce il fascino di Leonardo (e di Michelangelo), prima del trasferimento a Roma e all'esplosione come maestro sommo. Un capolavoro tanto più gradito perché sembrava perduto per essere stato ridotto in 17 pezzi in un crollo, per le manomissioni e per i trattamenti estetici subiti nei secoli. Recuperato come un "figliol prodigo" secondo la definizione del direttore degli Uffizi, Antonio Natali. Un recupero che "per generazioni era stato creduto impossibile" come ha ricordato Cristina Acidini, soprintendente del patrimonio storico-artistico e del polo museale di Firenze. Perché il Raffaello è la "Madonna del Cardellino", una tavoletta di 107 per 77 centimetri, vanto e dolore degli Uffizi. Uno dei "quadri più celebri di Raffaello" e "di sicuro fra le gemme preziose degli Uffizi" che però fremevano perché non potevano presentarla nel modo degno della sua antica fama, delle qualità, dei colori, del senso del volume che non si riusciva ad apprezzare e dal 1999 l'avevano tolta dall'esposizione al pubblico per tentare questa "impresa impossibile". Che invece è stata portata a termine, forse al di là delle previsioni, con i colori originali di Raffaello, dall'Opificio delle pietre dure, un altro dei miracoli tecnico-artistici che danno lustro a un blasone noto in tutto il mondo dell'arte, "nido di eccellenze" che salva la faccia dell'Italia in tutti i campi. Ed ecco la "Madonna del Cardellino" presentata in mostra fuori degli Uffizi, a Palazzo Medici-Riccardi: "L'amore, l'arte e la grazia - Raffaello: la Madonna del Cardellino restaurata" (dal 23 novembre al primo marzo). Tramontato il progetto di presentarla a Roma, al Quirinale, si è scelto il palazzo della Provincia di Firenze in via Cavour perché la mostra nasce per iniziativa della Provincia con l'Opificio delle pietre dure diretto da Bruno Santi e la soprintendenza. I curatori sono Natali e Marco Ciatti, responsabile del settore restauro dipinti dell'Opificio, in collaborazione con Patrizia Riitano, la restauratrice che ha "messo le mani" sul Raffaello. Catalogo Mandragora. Dopo la mostra il dipinto tornerà agli Uffizi, sala 26. Le vicende fisiche della "Madonna del Cardellino" fanno aggio sulle vicende artistiche del dipinto. Raffaello arriva a Firenze nell'autunno 1504 rinunciando a Siena al lavoro dei cartoni per la biblioteca di papa Piccolomini che il Pintoricchio gli aveva affidato, conscio della straordinaria abilità nel disegno del giovane Raffaello. Sceglie Firenze perché - come ha scritto il Vasari nelle Vite - ha sentito le "grandissime lodi" del cartone di Leonardo con "un gruppo di cavalli bellissimo" e "similmente alcuni nudi fatti a concorrenza di Lionardo da Michelagnolo Buonarroti molto migliori". Ben presto Raffaello fu "nella città molto onorato e particolarmente da Taddeo Taddei". E Raffaello che era la "gentilezza stessa, per non essere vinto di cortesia gli fece due quadri". "Amicizia grandissima" ebbe anche con Lorenzo Nasi, ricco mercante di panni, "al quale avendo preso donna in què giorni dipinse un quadro, nel quale fece fra le gambe alla Nostra Donna un Putto, al quale un San Giovannino tutto lieto porge un uccello con molta festa e piacere dell'uno e dell'altro". "Sono tanto ben coloriti e con tanta diligenza condotti che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori". "Disegnò parimenti la Nostra Donna, che ha un'aria veramente piena di grazia e di divinità, et insomma il piano, i paesi e tutto il resto dell'opera è bellissimo" . Questa è la "Madonna del Cardellino" (titolo completo "Madonna col Bambino e San Giovannino"), dipinta da Raffaello nel 1505-1506 per le nozze celebrate probabilmente nel 1505 (in ogni caso prima del febbraio 1506), e con "grandissima venerazione", data la fama ormai leggendaria di Raffaello, rimasta in casa Nasi fino al novembre 1547 quando l'abitazione fu travolta dalla frana di una collinetta. Nonostante tutto la tavola di Raffaello fu recuperata sia pure frantumata fra i calcinacci e fatta "rimettere insieme in quel miglior modo che si potette". Fu ricomposta e restaurata (cioè ridipinta). Con Raffaello scomparso ormai da 27 anni, a chi fu affidata quella prima "missione impossibile"? Non abbiamo documenti, ma una serie di indizi porta a Ridolfo del Ghirlandaio, figlio del famoso Domenico. Secondo una "tradizione antica e affidabile" (il Vasari), un'altra tavola di Raffaello, la "Madonna col Bambino e San Giovannino" (conosciuta come "La Bella Giardiniera" del Louvre), lasciata incompiuta per la partenza per Roma nel 1508, fu completata da Ridolfo (con "un panno azzurro che vi mancava"). Non si poteva far attendere Giulio II che non era tipo da aspettare e infatti rimase incompiuta anche la "Madonna del Baldacchino" per la chiesa di Santo Spirito, l'unica pala di altare dipinta da Raffaello nel periodo fiorentino. Ridolfo era coetaneo di Raffaello, "amico e consentaneo" cioè "corrispondente per indole, atteggiamenti, intenti". Per Natali, la "comunanza d'affetti e di stile" con Raffaello autorizza l'ipotesi che sia stato proprio Ridolfo ad affrontare il restauro. La "Madonna del Cardellino" rimase probabilmente di proprietà Nasi fino all'estinzione della famiglia nel 1639, quindi acquistata dal cardinal Giovan Carlo de' Medici, messa all'asta insieme al patrimonio dal fratello granduca Ferdinando II per pagare i debiti del cardinale. La tavola di Raffaello, "valutata ben 600 scudi", fu probabilmente riscattata dal cardinal decano Carlo de' Medici con lo scopo di mantenere nelle collezioni di famiglia un "ormai venerato caposaldo della civiltà pittorica fiorentina". Col granduca entrò nel 1704 agli Uffizi fra i capolavori della Tribuna. Oramai ogni intervento su di un'opera d'arte che si rispetti ha una fase di studio e di analisi scientifiche che precede il restauro materiale, per non aggiungere problemi a problemi soprattutto in un'opera dalla vita conservativa molto travagliata come la "Madonna del Cardellino". Era indispensabile individuare i materiali usati da Raffaello, da Ridolfo e le stratificazioni degli interventi successivi che avevano formato una "consistente massa" alterata nel tempo "al punto da nascondere completamente la policromia raffaellesca". Questo per usare i materiali e le tecniche più adatte per eliminare quello che si era deciso di eliminare. E allora sono stati impiegati tutti i possibili strumenti di indagine diagnostica, "anche tecniche innovative". I raggi X hanno permesso di vedere le fratture tra i pezzi, i numerosi lunghi chiodi metallici usati da Ridolfo con tasselli di legno per ricomporre la tavola. La riflettografia all'infrarosso ha scoperto un disegno preliminare in scala naturale. Le differenze nelle figure sono poche: la scollatura dell'abito della Madonna che nel cartone era più morbida e non quadrata, e l'orecchio del Battista in posizione più alta rispetto al dipinto. Molto più importanti quelle del paesaggio: sulla sinistra è stato aggiunto il ponte; sulla destra uno spazio aperto ha sostituito una torre e un edificio cilindrico. Le spettacolari immagini della tavola secondo le varie tecniche accompagnano in mostra il dipinto, come una penetrazione nella materia. Strumenti multimediali e video ad alta definizione danno una visione dettagliata e ravvicinata altrimenti impossibile. Dopo la riunione dei pezzi la tavola è stata "incollata, restaurata, ridipinta". Due i restauri documentati, ma molti altri gli interventi di artisti-restauratori. Con una costante sovrammissione di materiali, "tesa per lo più a nascondere gli antichi guasti. Per accordare infatti alla pittura raffaellesca le integrazioni frutto dell'antico restauro, la tavola è stata via via patinata e verniciata, con l'aggiunta di materiali sempre nuovi". Paradossalmente non è mai stata pulita e questa è stata la sua fortuna. Perché sotto la coltre dei rifacimenti il dipinto era rimasto intatto. Sono state confermate le buone condizioni di conservazione della pittura con i danni limitati alle linee delle fratture - osserva Marco Ciatti - "al punto che la superficie recava ancora ampie tracce della vernice originaria stesa da Raffaello" alla fine del lavoro. Vernice che è stata un "limite e una garanzia assoluta" per la pulitura che "mantiene infatti questo bel sapore di 'patina' antica". La massa dei materiali alterati aveva prodotto "una coltre marrone che nascondeva la policromia dell'opera, rendendola quasi un monocromo". E una volta eliminate ridipinture e materiali estranei è tornato il colore di Raffaello, "lo stesso che vediamo in tutte le numerose altre opere del periodo fiorentino", spiega Ciatti. Il cielo azzurro, il rosso della veste di Maria, i piccoli fiori ai piedi dei tre personaggi. Se già la composizione piramidale dei personaggi (Maria seduta su di una roccia con un libro in mano che rivolge lo sguardo verso i bambini davanti a lei), è tipicamente leonardesca, "appare ancora più forte e marcato l'influsso di Leonardo nella straordinaria morbidezza delle carni" (che aveva impressionato il Vasari). "Come si può ora apprezzare per esempio nel volto della Vergine e nel paesaggio, in particolar modo quello della parte a sinistra, dove accanto al ponte è ora riemerso dai ritocchi alterati anche il fiume, delicatamente segnato dalla schiuma propria del movimento delle acque, secondo i contemporanei studi naturalistici e pittorici" del maestro da Vinci. Piccolo colpo di genio affettuoso il piedino nudo di Gesù sopra il piede di Maria. Dato un dipinto per una occasione nuziale e un uso domestico (come fanno capire le dimensioni) si vuole che l'atmosfera della "Madonna del Cardellino" sia gioiosa. In realtà il Bambino Gesù non corrisponde al trasporto, all'allegria con cui Giovannino gli porge l'uccellino e lo vuole far partecipe alla sua conquista. Gesù sta per accarezzare il capo del cardellino, ma lo sguardo è rivolto al cuginetto con un'aria decisamente malinconica, più che pensosa. Con ragione, dato che il cardellino è simbolo della Redenzione e Gesù sa bene che la Redenzione non può avvenire se non attraverso il suo sacrificio, la Passione. Le parti del dipinto rifatte nel Cinquecento perché andate del tutto perdute (come l'angolo inferiore sinistro e un inserto verticale sulla gamba sinistra del Bambino) sono state mantenute "correggendone il tono" per una armoniosa lettura dell'opera. Altre parti (come una pesante e alterata ridipintura del cielo), sono state rimosse senza perdita di significativi documenti di interesse storico, "anzi consentendo il recupero di ampi brani della pittura raffaellesca". Ciatti ci ricorda che un intervento così allargato rispetto alle rotture "può ben essere giustificato dalla mentalità del tempo per cui essendo il restauro affidato ad artisti, esso non poteva che consistere in un rifacimento pittorico, e doveva risultare molto più facile ad un artista ridipingere interamente il cielo, secondo la sua inventiva, piuttosto che inserirsi attentamente nelle mancanze, adeguando la sua pennellata a quella del maestro precedente". Così "se Ridolfo dalle lacune si era allargato a coprire la pittura di Raffaello per meglio armonizzare le due parti, noi intendevamo operare al contrario, rimontando, ove necessario, sulla sua parte, ma ponendo in vista la pittura ben conservata di Raffaello". Anche il supporto della tavola è stato risanato consolidando le "fratture che nel tempo si erano riaperte" e riducendo (nel segno del "minimo intervento") le deformazioni della superficie. Lo specialista è stato Ciro Castelli. La stabilità del supporto è stata anche assicurata dalla teca-cornice in cui la tavola è esposta e nella quale i valori di temperatura-umidità sono mantenuti costanti. Il restauro è cominciato nel 1999. Due anni per studiare, fotografare, radiografare; sei per togliere quello che era stato aggiunto nei secoli, operazione irreversibile condotta interamente col microscopio stereoscopico; quasi due anni per reintegrare a tratteggio, armonizzare le parti perdute; una "infinita pazienza e precisione" da parte di Patrizia Riitano. L'Opificio ha messo a frutto l'esperienza cominciata negli anni Ottanta su 12 dipinti di Raffaello di cui l'ultimo è la monumentale "Madonna del Baldacchino" (2,76 per 2,24 metri). Ma il progetto di conservazione che ha guidato l'Opificio - mette in guardia Ciatti - non è concluso con la mostra né col ritorno agli Uffizi della "Madonna del Cardellino". La tavola dovrà essere mantenuta sotto osservazione continua delle condizioni conservative e dei valori microclimatici del contenitore (per non far sorgere le premesse di un nuovo intervento). Per evitare di dare al dipinto di Raffaello il carattere di un "feticcio" (la definizione di un'opera più odiata dai direttori di musei, ma che inevitabilmente è quella che attira il pubblico nei musei) - spiega Natali - la "Madonna del Cardellino" è accompagnata in mostra da quattro opere degli stessi anni che sintetizzano la stagione di nascita e resurrezione della tavola. Un "Ritratto femminile" (dall'Ottocento detto la "Gravida"), esempio dell'altro filone curato da Raffaello durante il soggiorno fiorentino accanto a "Madonne col Bambino". Un secondo ritratto femminile (la "Monaca") di un anonimo fiorentino come prova dell'influenza del pur giovane Raffaello sui giovani artisti fiorentini. Per Natali l'anonimo può essere sostituito ancora da Ridolfo. Terza opera, una tavola sottile (una "coperta" di ritratto), decorata con grottesche, assegnata ad anonimo fiorentino, come "ulteriore attestato di consonanze stilistiche" fra Firenze e Raffaello ("a maggior ragione se la "coperta" fosse stata concepita - come pare - proprio per la "Monaca"). Da ultimo una terracotta invetriata di Girolamo della Robbia, "Madonna col Bambino e San Giovannino" (del 1510-1515), la cui "composizione fedelmente ripropone la "Bella giardiniera" rimasta al Louvre. A dimostrazione della "subitanea diffusione non solo delle espressioni, ma anche delle invenzioni raffaellesche (perfino nella scultura)". Notizie utili - "L'amore, l'arte e la grazia - Raffaello: la Madonna del Cardellino restaurata". Dal 23 novembre al primo marzo. Firenze. Palazzo Medici-Riccardi, via Cavour 3. Promossa da Provincia di Firenze, Opificio delle pietre dure, soprintendenza speciale per il patrimonio storico-artistico e polo museale di Firenze. A cura di Antonio Natali, direttore degli Uffizi, e Marco Ciatti, responsabile settore restauro dipinti Opificio, in collaborazione con Patrizia Riitano. Catalogo Mandragora. Sponsor Banca CRF Firenze, Ente Cassa di risparmio di Firenze, Intesa SanPaolo, Enel. Biglietto: intero 7 euro, ridotto 4. Orario: Tutti i giorni 9-19 ad esclusione del mercoledì. Mercoledì pomeriggio riservato gratuitamente a scuole e associazioni Onlus della provincia di Firenze. Informazioni: 055-2760 340 - biglietteria@palazzo-medici.it
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