Leoni Sceti (EMI): 'Gli artisti hanno più che mai bisogno della discografia'

Le case discografiche hanno ancora un ruolo da svolgere? L’amministratore delegato di EMI Music Elio Leoni Sceti, protagonista a fianco di Nick Gatfield (responsabile A&R per Regno Unito, Irlanda e Nord America) e Douglas Merrill (responsabile area digitale) di un lungo domanda e risposta con il giornalista Bill Werde sul sito Billboard.biz, non ha dubbi: “Sicuramente sì, e ancora più che in passato, perché oggi il rapporto tra un artista e i suoi fan è diventato molto più complesso. Il nostro compito consiste proprio in questo, nel gestire questa relazione. Abbiamo le economie di scala, le competenze e le dimensioni globali per farlo. ‘Intermediario’ non è una descrizione corretta di quel che la nostra società e l’industria discografica dovrebbero essere, passare carte da una parte all’altra non sarebbe una ragione sufficiente per continuare a esistere”.La nuova ragion d’essere delle case discografiche, secondo Leoni Sceti, consiste invece nell’ “aggiungere valore alla musica, e in questo la EMI si trova all’avanguardia e anche in una posizione migliore delle altre major, partendo più in basso. Tale valore aggiunto si può creare aiutando gli artisti a saperne molto di più dei loro fan: non solo dove si trovano, non solo che cosa comprano, ma che cos’altro potrebbero comprare e di quale altra musica vadano alla ricerca. Finora quel tipo di conoscenza è stato periferico, ora deve diventare assolutamente centrale al nostro modo di operare”. “Si tratta”, aggiunge Gatfield, “di fornire agli artisti le informazioni necessarie per prendere decisioni ponderate quando si tratta di pianificare i tour, gestire il merchandising e così via”.Incalzato dall’intervistatore, Leoni Sceti aggiunge una considerazione interessante a proposito di come intende trasformare la EMI: “Questa è un’industria che ha sempre fatto affidamento su qualcun altro, quando si trattava di rinnovare il modo di porgere i suoi contenuti ai fan. Qualcuno ha dovuto inventare l’iPod, qualcuno ha dovuto inventarsi ‘l’esperienza musicale’ nelle sue diverse declinazioni. Finora siamo stati bravi a fornire i contenuti, ora vogliamo riconquistarci un ruolo di innovatori anche per quanto riguarda la distribuzione del nostro prodotto”. Convinto che i media abbiano dato troppo risalto al divorzio da gruppi come Radiohead e Rolling Stones (“quante altre case discografiche hanno avuto due artisti che a un certo punto hanno deciso di andarsene? Almeno tutte le altre major”), il manager italiano spiega che la EMI non lesinerà denaro quando si tratta di mettere sotto contratto artisti, “ma sarà selettiva nell’individuare quelli che possono essere sviluppati e creare valore… Abbiamo rimodellato il nostro roster e lo abbiamo reso più solido”. “E’ una cosa che EMI in passato non aveva mai fatto”, aggiunge Gatfield. “Individuare dove c’è una domanda di mercato e sviluppare un roster di artisti adatto al profilo demografico di quella domanda. Ci siamo entusiasmati per un sacco di band alternative che francamente avevano già fatto il loro tempo, e la cosa non aveva senso. Non abbiamo dato abbastanza peso alla musica pop, e alla musica che ha una possibilità di diventare globale” (Merrill cita l’esempio di un artista colombiano che sta vendendo molto bene in Alaska).Questa nuova politica, sostiene il team dirigenziale di EMI, sta già pagando sia in termini artistici che commerciali: Gatfield e Merrill citano i numeri uno in classifica di Coldplay e Katy Perry, il lancio di nomi nuovi come Saving Abel, la rinascita artistica do Darius Rucker (frontman di Hootie & the Blowfish ) e il recente ingaggio della leggenda del country Willie Nelson. Leoni Sceti, inesperto di musica, assicura che non si intrometterà nelle le decisioni di A&R. “Statene certi”, scherza, “non me ne andrò in giro per i club fino alle quattro del mattino”.
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