Bordello infinito alla Roundhouse

Ho sempre creduto che: 1) Se ti chiami Eugene nella vita può fare di tutto fuorché il rockettaro. 2) Mi avrebbe sempre fatto schifo sentire un artista cantare inglese con un marcato accento straniero. Ieri sera, dopo aver visto i Gogol Bordello suonare alla Roundhouse, mi sono dovuta ricredere su entrambi i punti. Se su disco non mi hanno mai entusiasmato, dal vivo questi profeti del Gipsy punk sono in grado di rovesciare un teatro e tutta la gente che ci sta dentro. Sul palco il leader Eugene Hütz, ukraino di nascita, è un fantastico pazzo con una missione: far ballare i fans finché non lo sbattono fuori. Dopotutto questa è la mentalità gitana, suonare e far casino finché hai fiato in gola, un’etica da cui attingono gran parte del loro sound ma c’è dell’altro, come il violino di Sergey Ryabtsev che fa delle cavalcate mozzafiato. Lui è un personaggio da guardare oltre che ascoltare, con la barba folta, sguardo assassino, suona, danza e canta come se avesse in corpo qualche demone. Poi c’è l’armonica meravigliosa di Yuri Lemeshev che emerge spesso da tutto il resto. Suoni rock, punk, polka, folk e a volte la batteria ci infila pure qualche ritmo reggae. Guardare il pubblico ballare è divertente quasi quanto vedere i responsabili di tutto questo casino. Soprattutto per i miei amici maschietti, circondati dalle fans in reggiseno che danzano intorno sudaticce, emulando, insieme agli altri, il frontman dei Gogol. E’ infatti più facile vedere Amy Winehouse bere un succo vitaminico alle carote organiche che Eugene esibirsi con indosso una maglietta. Lui è quasi un sopravvissuto, dopo essere scappato da Kiev in seguito alla catastrofe di Chernobyl si era messo a girovagare per tutta Europa prima di stabilirsi a New York e fondare la band, subito diventata famosa nella scena underground. I Gogol sono rinomati per andare avanti a suonare per ore, come fossero a una festa zigana. Solo che ieri sera non avevano fatto i conti con il coprifuoco della Roundhouse… per un po’ i tecnici gli facevano segno di smettere ma loro nulla, continuavano, anzi, Eugene li prendeva letteralmente a calci in culo ogni volta che entravano in scena per sostituire gli assi dei microfono che continuava a spaccare o far cadere… E così sono dovuti saltare in mezzo al palco interrompendo un bellissimo assolo di armonica per fermarli. Accese le luci del teatro, spente quelle delle spie sul palco, riparte la musica registrata e il pubblico stremato se ne va? No, continua imperterrito a ballare… L’anima dei Gogol Bordello si autodefinisce bene con una canzone: Think Locally, Fuck Globally.
thebrixtownmassacre.wordpress.com