MARINELLA VENEGONI
BORDIGHERA Arriva al Parco dei Giardini Lowe il Bordighera Jazz&Blues Festival che quest'anno va sul classico, con l'enorme Salomon Burke il 30, le Sister Sledge il 29, e la prima sera a debuttare (il 28) Dionne Warwick, un'artista che si tende ingiustamente a dimenticare perché intanto non è la regina della simpatia, e poi è anche una che in quasi cinquant'anni di carriera non ha mai pronunciato una frase indimenticabile, né si è distinta sul fronte del glamour, esibendo anzi una lunga, normalissima vita privata (in compenso, se chiedi notizie della cugina Whitney Houston, ti può succedere di essere piantato in asso e di doverti intervistare da solo). Però poi canta, la Dionne. E quando canta, anche con i suoi quasi 69 anni, ti dimentichi del caratteraccio. Perché la sua voce è ancora un capolavoro di composta eleganza, e ha sempre viaggiato all'opposto dei virtuosismi della tradizione nera; proprio per questo fu scelta a suo tempo, nei magnifici Sixties, dal sublime Burt Bacharach per un repertorio (Don't Make Me Over, Anyone Who Had a Heart, I Say a Little Prayer for You, giusto per ricordare tre grandi titoli) ancora oggi piatto forte nei suoi concerti. Probabilmente, senza di lui, non si sarebbe nemmeno affermata, tanto eccentriche apparivano le sue caratteristiche tecniche rispetto alle attese più plateali dell'epoca; invece è finita che, in uno dei suoi bilanci di fine secolo, Billboard si è spinto a proclamarla il N.2 della cosiddetta epoca rock (1955-1999), dietro Aretha Franklin. Gli anni scomposti e confusi che sono seguiti con il nuovo millennio, l'ansia del nuovo, l'hanno relegata in un cantuccio, ma con noi si è vantata della notevole media «di duecento concerti l'anno». Vola basso se le si parla delle tante strillanti star nere usa-e-getta nate in questo decennio: «E' la moda di oggi», si limita a dirci nella solita intervista laconica. Dalla sua comoda nicchia, la Warwick mai si è schiodata, allargando nel frattempo il ruolo di tycoon di una catena alberghiera che porta il suo nome, e dedicandosi assai ad attività benefiche. Ora, la stanno riscoprendo. Prima di fare le valigie per l'Italia (il 29 sarà anche a Narni) Madame Warwick era in studio per un album di standards scritti da Sammy Cahn: è il primo di inediti da un tempo infinito, e se ne parlerà in ottobre, perché adesso esce la cugina Whitney Houston (e per un po' in famiglia non ce ne sarà per nessuno). Dionne è pure tornata alle origini virtuose della sua arte, facendo uscire di recente il primo album gospel e di canzoni di chiesa in vent'anni, dal titolo Why We Sing (è appena il caso di ricordare che pure Whitney cominciò cantando in chiesa, e a quell'ambiente restò in qualche modo legata fino al devastante matrimonio con Bobby Brown). Per quelli della sua generazione, gli album ancora hanno un senso, non perderebbe mai tempo ad annaspare davanti a un computer per piratare le canzoni di una coetanea. Che il mondo della musica abbia cominciato a sentirsi un po' in colpa per aver a lungo snobbato Dionne Warwick, si evince anche da una serata d'onore che da poco le ha dedicato il Grammy Museum di Los Angeles, e in ottobre si beccherà un altro premio, alla carriera, da parte della Young Musicians Foundation: tutto ciò magari gira intorno alla promozione dell'album nuovo ancora senza titolo, mentre assai più rilevante è il fatto che Warwick abbia avuto il suo gran daffare in una registrazione speciale, come memorial, di una canzone di Michael Jackson. «E’ prodotta da mio figlio Damon - spiega - canteranno con me Madonna, Stevie Wonder e Whitney». Il progetto è ancora segretissimo, ma Dionne sta per tornare a sbocciare.