Meglio gli uomini o i “ragazzi”?

A porre il quesito di cui sopra è una donna, Cathleen Calbert, poetessa e insegnante di letteratura al Rhode Island College, in America. Lo propone dalle colonne del New York Times, nella rubrica “Modern Love” (Amore moderno). Il sottotitolo è stimolante, e sorprendente per un giornale un po’ bacchettone com’è il quotidiano newyorchese: “Donne, volete qualcuno che vi lecchi la cioccolata sulla pancia? Avete bisogno di un ragazzo”. Con questa parola, ragazzo, traduco il termine usato dall’autrice per il suo articolo: guy (da non confondere con gay, che alla lettera vuol dire gaio e nel significato corrente vuol dire omosessuale). Cos’è un “guy”? E’ un ragazzo, un ragazzone, un eterno ragazzo. Se qualcuno ha una traduzione migliore, la aspetto. Per semplificare, chiamiamolo dunque “ragazzo”. Il mondo maschile, scrive la poetessa, si divide appunto in due categorie: “men and guys”, uomini e ragazzi. I ragazzi sono quelli che si vestono a 50 anni come vestivano a 20. Quelli che se non ti parte l’auto, al massimo sanno dirti dov’è un meccanico. Quelli che sembrano non avere ancora deciso il proprio destino, ovvero come andranno a finire, ma continuano a sognarne uno. Quelli che se tu, donna, non riesci ad addormentarti, sono pronti a chiacchierare con te tutta la notte (e eventualmente, se ti fa piacere prima versartela, quindi fartela togliere, sono anche pronti a leccarti via la cioccolata dalla pancia), ma che non ti diranno mai in tono perentorio cosa devi fare o non fare (non lo sanno neanche per se stessi). Quelli che si appassionano per una causa, anche se in fondo hanno il dubbio se sia quella giusta. Quelli che credono che ci sia sempre un’altra, ultima possibilità nella vita. John Wayne, afferma la poetessa, apparteneva alla categoria degli uomini (”men”). James Dean e il giovane Marlon Brando a quella dei ragazzi (”guys”). Se una viene ricoverata d’urgenza in ospedale, scrive la poetessa, è preferibile ritrovarsi fra le mani di un medico e di un infermiere uomini: senza dubbi, tutti d’un pezzo, che sanno maneggiare gli strumenti necessari. Ma se deve innamorarsi, per lei è preferibile un ragazzo. Quando ho riassunto a un’amica il senso di questo articolo, mi ha mandato un verso di un altro poeta, italiano, uomo (anzi: ragazzo), Franco Marcoaldi: “Continueremo a perlustrare il mondo, anche senza volerlo. Avremo fame della vita, anche senza saperlo”. Mi pare un bel manifesto per noi eterni ragazzi.

http://franceschini.blogautore.repubblica.it/2009/09/28/dimenticate-gli-uomini-pigliatevi-un-ragazzo/