Sinead O'Connor a Genova

Uno splendido concerto all'Arena del Mare. Con lei grandi musicisti. E le canzoni che l'hanno resa famosa in tutto il mondo. Look diverso, ma stessa grinta.

«Hey mama, sing the backyard song». È così che Sinead O'Connor, arrivata all'Arena del Mare, al Porto Antico di Genova, in occasione del Just Like a Woman Festival 2010 ha presentato una versione acustica di Nothing compares 2U, raccontando teneramente come il suo bambino le chiedesse di cantare il pezzo che l'ha resa celebre in tutto il mondo.
La ex skinhead di Dublino si è trasformata:non ha più la testa rasata e il look punk rock è decisamente estinto. Sinead si presenta sul palco con due musicisti, scalza, con un lungo vestito a fiori, capelli per lei decisamente lunghi e una croce appesa al collo.
Nessuna sensazione di celebrità, ma solo grandi musicisti.

Accompagnata dal chitarrista australiano di origine irlandese Steven Cooney, co-produttore della Dublin session dell'album doppio Theologye dal polistrumentista Kieran Kiely alle tastiere, flauti e chitarre, la O'Connor ci ha regalato uno splendido concerto in cui spirito di protesta, testi d'amore e di fede si mescolano alle sonorità della musica folk irlandese. Così canta If you had a Vineyard, ispirata al salmo del profeta Isaia.
Black boys on Mopeds denuncia un fatto di razzismo realmente accaduto in Inghilterra.
La stupenda This is to Mother you e ancora Three Babies dedicate alla maternità e ai bambini che subiscono ogni sorta di abuso.
Alterna canzoni quasi sussurrate a momenti di prorompente vocalità e mentre canta Let me create something other than troublein Far from Home la sua voce ti porta lontano dalle vicissitudini che hanno attraversato la sua vita artistica e personale.

Mentre gira costantemente il capo verso sinistra per attutire la forza dei suoi acuti, sembra dire
«No. Questo non mi sta bene», ma poi basta un suo sorriso e uno sguardo per stabilire un contatto con il pubblico che stupito la ascolta, la guarda e senz'altro la confronta con quello che era, e apprezzaquello che è diventata.
Ruba velocemente un segno della croce prima di cantare a cappella I'm stretched on your Grave.
Poi saluta, riceve i fiori, ringrazia, ma torna e concede un lungo bis tra cui This Times they are a changin di Bob Dylan, definita dallo stesso autore «...una canzone d’apertura...», «...scritta con uno scopo...», «...influenzata naturalmente dalle ballate irlandesi e scritta quando il movimento dei diritti civili e il movimento della musica folk erano molto vicini ed alleati...».

A fine concerto un amico mi passa un foglio che stava ai piedi di Sinead mentre cantava, dicendomi che è la scaletta dei brani del concerto:Thank you, Hearing , Loving, Seeing, Not leaving, Staying, Gentle, Silence, Hearing, Holding, Helping, Breaking my heart.
Prima di capire che non si trattava della scaletta ma del testo di Thank you for hearing me ho pensato che Sinead O'Connor mettesse poesia anche in una lista di cose da fare.
Poi riascoltando alcune sue canzoni ho riconosciuto «Thank you for hearing me…», «thank you for loving me…», «thank you for breaking my heart...Now I've a strong, strong heart».
Thank you Sinead.
di Caterina Lazagna

Just like a Woman. Tributo alle Regine della Musica, la creatura di Massimo Sabatino di Energie Multimediali, taglia il traguardo - importante - del decennale, dedicandolo alla memoria di Janis Joplinnel quarantesimo anniversario della scomparsa. Giovedì 8 luglio, al Porto Antico di Genova, inaugura il suo programma 2010 all'Arena del Mare che accoglie l'esibizione di Sinéad O' Connor. Con qualche vuoto di troppo, anche se non mancano i foresti, anche stranieri.

La cantautrice irlandese è preceduta dalla volenterosa Thony, giovane cantautrice e chitarrista italiana dai toni delicati e intimi, in odore di debutto discografico. L'impatto visivo dei meno aggiornati con la O'Connor non deve essere stato facilissimo. Quella che sale sul palco con aria decisa ha, nell'aspetto esteriore, molto poco della giovane contestatrice dai lineamenti scavati e dal cranio rasato della fine degli anni '80.

È una bruna signora irlandese, quarantatreenne, mamma di quattro figli - ad uno dei quali, Jack, dedica una canzone - dalle forme piuttosto generose, celate sotto una scamiciata lunga fino ai piedi. E forse, come troppo spesso capita, è eccessiva l'attenzione al look e agli atteggiamenti di un'artista, piuttosto che alle sue qualità e al valore delle sue proposte.

L'aria della dublinese è complessivamente più tranquilla e decisamente meno tormentata; la maturità, l'affetto della e per la famiglia ha, forse, cancellato, o comunque attenuato, le tante ombre di una giovinezza assai tormentata sul piano personale. Il piglio è però sempre deciso, le parole pronunciate - abbastanza poche - sono taglienti e vanno nella direzione di sempre, ossia molto spesso nella denuncia delle degenerazioni della religione. Un tema a lei sempre molto caro, a cui va più di un riferimento, ad esempio in brani che si riferiscono a Isaia o a Salomone. E non fa sconti di sorta alla gerarchia ecclesiastica, quando, per esempio, ricorda le vittime degli abusi dei preti cattolici o quando dedica al Vaticano il primo bis, un emblematico super - hit di Bob Dylan del 1964, The Times Are a-Changin', che non richiede spiegazioni.

Le due ore di concerto, piene di musica senza fronzoli e senza particolari motivi di distrazione, ne restituiscono integralmente legrandi doti artistiche. Spaziano lungo tutta la sua produzione discografica, dall'esordio di successo immediato dell'LP The Lion and the Cobra, del 1987 (di cui ripropone Never Get Old, cantata in quel disco in duetto con l'altra star d'Irlanda Enya). All'ultimo album pubblicato nel 2007 dall'impegnativo (e significativo) titolo Theology (dopo aver annunciato nel 2003 l'abbandono dell'industria discografica). Fino ad alcuni brani che dovrebbero trovar posto in un prossimo, previsto per il gennaio del 2011.

In un set semi-acustico, completamente privo della sezione ritmica - che vede in una formazione minimale l'apporto di due ottimi musicisti quali Steven Cooney alle chitarre e Kieran Kiely (tastiere, flauto, chitrarre), la parte del leone la fa tutta la voce di Sinead. Chiara, forte, a volte portata 'a strappi', sempre incisiva. Dà una straordinaria spinta nel far 'arrivare' ballate che s'inseriscono tra la storia migliore della canzone d'autore e di protesta e certe arie delle gighe della tradizione gaelica.

E la sua interpretazione senz'altro più conosciuta, quella Nothing Compares 2 U del folletto di Minneapolis, a suo tempo inclusa nell'album del 1990 I Do Not Want What I Haven't Got, è resa in una veste assai intensa, intimistica, toccante nella sua essenzialità. E, dato che si è fatta mezzanotte e come dice Sinead questa è l'ora in cui si va a dormire, con un bouquet di fiori tra le braccia, accompagna il suo affezionato pubblico al termine della serata con una dolce ninna nanna cantata a cappella.

di Giovanni Villani

http://genova.mentelocale.it/27248-sinead-o-connor-a-genova-noi-c-eravamo/