Angoscia

"L'angoscia è la vertigine della libertà."
(Søren Kierkegaard)
L'angoscia (in tedesco Angst) è un sentimento intenso di ansia e apprensione. Rappresenta una paura senza nome e la causa e le origini sono apparenti. Per tale motivo, non è semplicemente minacciosa, ma catastrofica.
A differenza della paura, in ambito psicoanalitico essa rappresenta ed è vista e percepita dall'Io come una situazione catastrofica, tale da mettere in crisi la capacità dell'Io di controllare e gestire le pressioni dal Super Io e dell'Es.
Il termine angoscia è stato utilizzato per la prima volta in termini filosofici da Søren Kierkegaard (1813–1855), con il quale il pensatore danese identificò la condizione preliminare dell'essenza umana, che emergeva quando l'uomo si poneva davanti ad una scelta: la libertà sconfinata di scelte che l'uomo può operare, lo getta in preda all'angoscia, conscio delle responsabilità derivanti dal fatto che una scelta positiva significhi milioni di scelte negative. L'angoscia è definitiva quindi come il sentimento della possibilità.
A differenza dell'animale, che è guidato da istinti in grado di soddisfare le prime necessità, ogni uomo è abbandonato a sé stesso e costretto a operare delle scelte che possono prospettarsi errate, pericolose o addirittura lesive per la sua stessa esistenza; quindi, dal momento che ciascuno condivide la stessa condizione di fronte all'atto di scegliere, l'angoscia è necessariamente un fondamento dell'essenza umana, primigenio e inalienabile.
Attualmente si tende a definire l'angoscia come un senso di frustrazione e malessere, una sofferenza psicologica che può degenerare anche in diverse patologie (si pensi all'angoscia di castrazione infantile o all'angoscia esistenziale di derivazione kierkegaardiana).
Nel possibile tutto è possibile ed essendo l'esistenza umana aperta al futuro, l'angoscia è strettamente connessa all'avvenire che è poi quell'orizzonte temporale in cui l'esistenza si realizza: "Per la libertà, il possibile è l'avvenire, per il tempo l'avvenire è il possibile. Così all'uno come all'altro, nella vita individuale, corrisponde l'angoscia". Il passato può angosciare in quanto si ripresenta come futuro, cioè come una possibilità di ripetizione. Una colpa passata, ad esempio, genera angoscia se non è veramente passata, perché in questo caso genererebbe solo pentimento. L'angoscia è legata a ciò che è, ma può anche non essere, al nulla connesso ogni possibilità, ma siccome l'esistenza è possibilità, l'angoscia è il tarlo del nulla nel cuore dell'esistenza.
Nella filosofia contemporanea il tema dell'angoscia è stato ripreso da M. Heidegger in questi termini: "Con il termine angoscia non intendiamo quell'ansietà assai frequente che in fondo fa parte di quel senso di paura che insorge fin troppo facilmente. L'angoscia è fondamentalmente diversa dalla paura. Noi abbiamo paura sempre di questo o di quell'ente determinato, che in questo o in quel determinato riguardo ci minaccia. La paura di...è sempre anche paura per qualcosa di determinato. Nell'angoscia, noi diciamo, uno è spaesato. Ma dinanzi a che cosa v'è lo spaesamento e cosa vuol dire quell'uno? Non possiamo dire dinanzi a che cosa uno è spaesato, perché lo è nell'insieme. Tutte le cose e noi stessi affondiamo in una sorta di indifferenza. Questo, tuttavia, non nel senso che le cose si dileguino, ma nel senso che nel loro allontanarsi come tale le cose si rivolgono a noi. Questo allontanarsi dell'ente nella sua totalità, che nell'angoscia ci assedia, ci opprime. Non rimane nessun sostegno. Nel dileguarsi dell'ente, rimane soltanto e ci soprassale questo nessuno. L'angoscia rivela il niente. Che l'angoscia sveli il niente, l'uomo stesso lo attesta non appena l'angoscia se n'è andata. Nella luminosità dello sguardo sorretto dal ricordo ancora fresco, dobbiamo dire: ciò di cui e per cui ci angosciavamo non era "propriamente" - niente. In effetti il niente stesso, in quanto tale, era presente".