ROMA - La bara di "sor Mario" arriva in piazza Madonna dei Monti intorno alle 10, su un'auto scura, accolta da una folla di abitanti del rione: amici, negozianti, gente del cinema. Una piccola banda suona Bella Ciao e poi il tema de L'armata Brancaleone. Sono scesi in molti dalle case strette e alte di questa che fu la Suburra romana per dare l'ultimo saluto al grande regista Monicelli, morto suicida lunedì nell'ospedale San Giovanni. C'è chi sta in disparte, gli occhi lucidi; chi si avvicina al carro funebre aperto, tocca il feretro, lascia un fiore.
L'OMAGGIO DI NAPOLITANO - Tanti altri arrivano a rendergli omaggio più tardi, quando il feretro viene portato alla Casa del Cinema, in largo Marcello Mastroianni, nel cuore di Villa Borghese, per la camera ardente. Tanti romani e tanta gente del cinema. La salma di Monicelli resterà lì fino a giovedì mattina, poi il corpo verrà cremato «in forma privata alla presenza della sola famiglia». Intorno alle 13 è arrivato anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Monicelli se n'è andato con un'ultima manifestazione forte della sua personalità, un estremo scatto di volontà che bisogna rispettare. È stato un grande del cinema, non solo italiano, e un uomo meraviglioso».
VICINI DI CASA - «Vivevamo nello stesso quartiere, quindi lo incontravo spesso, nelle nostre passeggiate. L'ultima volta - racconta ancora Napolitano - la moglie mi aveva detto che le sue condizioni andavano a giorni, ma erano più i giorni buoni». All'interno della Casa del Cinema, il capo dello Stato si è fermato a parlare con la moglie e le figlie di Monicelli e poi ha visto un piccolo filmato di 4 minuti in cui il regista toscano raccontava le riprese del Marchese del Grillo, «non ricordavo fosse un suo film», ha detto il Presidente. Napolitano ha poi aggiunto che i suoi film preferiti di Monicelli sono «La grande guerra, ma anche Romanzo popolare».
IL SALUTO DEGLI AMICI - In centinaia sono arrivati nell'edificio di Villa Borghese, amici ma anche molta gente comune, innamorata dei film del regista viareggino. Tra gli altri si sono visti l'amico Valentino Parlato, Paolo Hendel, Mario Martone, Paolo Virzì, Pupi Avati, Paolo Villaggio, Enrico Lucherini, Giuliano Gemma, Giuliano Montaldo, i fratelli Taviani, Ettore Scola, Vittorio Cecchi Gori, Elsa Martinelli, Gianluigi Rondi, Francesca Comencini, Sergio Rubini, Zeudio Araya, Massimo Boldi, Corrado Guzzanti. Gli eredi di tante famiglie dei cinema: Maria Sole Tognazzi, Vittorio Cecchi Gori («Apparteneva a quel mondo fatato del cinema che non c'è più»), i fratelli Vanzina (i figli di Steno, con cui Monicelli lavorò a lungo), Aurelio De Laurentis. Tra le autorità l'assessore alla Cultura del Comune di Roma Umberto Croppi, il suo predecessore Gianni Borgna, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e la presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Nella sala, intanto, si proietta un documentario su Monicelli con i migliori amici e colleghi che lo raccontano: Scorsese, Villaggio, Scola.
NO AL CAMPIDOGLIO - Il sindaco di Roma aveva messo a disposizione il Campidoglio, ma la famiglia ha preferito la meno istituzionale casa del Cinema. I familiari hanno fatto sapere di non «ritenere necessario fare un funerale», ha spiegato il nipote Niccolò, sottolineando che tutto verrà fatto «nel rispetto della volontà di Mario Monicelli che speriamo di aver interpretato come lui avrebbe voluto». I famigliari - Martina e Ottavia, figlie dell'ex moglie Antonella Monicelli, Chiara Rappacini con la figlia e il nipote Tommaso, figlio di Martina - chiedono di non associare la fine del regista all'aggettivo «tragica». Una scelta che l'amico Villaggio definisce «straordinaria, eroica, magnifica», Scola «spavalda», e che il presidente Napolitano ha chiesto di rispettare, mentre il mondo della politica ha scatenato una polemica arrivata anche dentro la Camera.
«PICCOLO GRANDE UOMO» - Sono tanti gli aggettivi e le definizioni che gli amici scelgono per ricordarlo, quasi sempre parlano di lui al presente: coraggioso, coerente, finto cinico, bastian contrario, lucido. «La sua parola era diventata luce dal punto di vista etico», ha sottolineato Mario martone «Era sempre spiazzante, cristallino e questa cerimonia lo testimonia in maniera perfetta». Una fortuna averlo conosciuto dice Vizì: «La sua grande intelligenza ti faceva sentire un po' bischero. Questa deve essere uan festa, non un ricordo». «Un piccolo grande uomo che ti tirava fuori quello che sapevi di avere dentro», dice Omero Antonutti.
FIACCOLATA OMAGGIO - In serata, gli abitanti del quartiere Monti, a cui Moncielai aveva dedicato un documentario, Dietro al Colossseo c'è Monti, organizzeranno una fiaccolata per ricordarlo. L'Associazione culturale e ricreativa del Rione Monti ricorda: «Monicelli era socio onorario della nostra associazione insieme a Napolitano e alla moglie Clio. Ogni anno, noi organizziamo le ottobrate e Monicelli è sempre venuto a bere un bicchiere. Quest'anno però ci ha detto che non riusciva a salire fino a Villa Aldobrandini, ma non ha voluto lo stesso rinunciare a brindare. E così un bicchiere lo abbiamo bevuto in un locale». E annuncia una mostra fotografica «con le foto di Mario». «Amava il nostro rione, e lo vogliamo ricordare anche per questo suo particolare legame con Monti, con la sua gente, le sue vie, i suoi negozi», dice un dirigente della locale sezione Pd, che annuncia «in primavera una rassegna dei suoi film per ricordarlo», come quella che si tenne l'estate scorsa all'aperto nella stessa piazza che oggi lo saluta.
BRANCALEONE E GLI STUDENTI - Martedì sera, un altro omaggio imprevisto e inusuale: gli studenti che stavano occupando la Stazione Termini hanno voluto salutare Monicelli intonando il motivo dell'Armata Brancaleone», celebre pellicola del regista. «Branca, Branca, Branca... Leon, Leon, Leon», hanno urlato prima di occupare i binari del Frecciarossa. Tantissimi gli omaggi degli studenti, a cui Monicelli anche negli ultimi anni si dedicava volentieri: Anche a Napoli, dove martedì la manifestazione contro il Ddl Gelmini era stata aperta da uno striscione che recitava: «Ciao Mario, la faremo 'sta rivoluzione..!». «Mario sarebbe felice di sapere che è in collegamento con gli studenti», ha commentato la moglie Chiara Rappaccini. E, infatti, «Branca, Branca, Branca... Leon, Leon, Leon», è diventato uno degli slogan, da Napoli a Milano. Il tema è stato ripreso anche dalla piccola banda che suonava a due passi dal feretro in piazza Madonna dei Monti. La stessa che poco prima aveva suonato «Bella Ciao». E dopo sono partite le campane della vicina chiesa. Non una coincidenza, perchè quando il feretro si stava allontanando da piazza Santa Maria dei Monti, le campane hanno suonato ancora. «Queste campane - ha spiegato il parroco Don Francesco - erano anche le sue, era una brava persona. Quando muore una persona le campane servono ad avvisare il cielo che sta arrivando qualcuno». Arrivederci Mario.
Stefania Ulivi