UN CAFFE’ CON CARMEN CONSOLI.

La cantantessa catanese, definita dal New York Times una magnifica combinazione tra una rocker e un’intellettuale, delizia i teatri italiani proseguendo il suo singolare percorso sul binario di un perfetto equilibrio tra tradizione e modernità. Cifra caratteristica dell’originale ricerca musicale e poetica di Carmen Consoli è l’accurato rifiuto di qualsiasi ingerenza d’oltralpe e oltreoceano che oggi però si arricchisce sorprendentemente di sonorità arabe, celtiche e greche, confermandola quale artista di riferimento del pop d’autore. D: Una nuova riflessione nata nell’alveo di suggestioni mitologiche cui lei non è nuova: cosa simboleggia Elettra alla quale ha dedicato il nuovo album? R:Elettra, nel mito, è complice dell’assassinio della madre e dell’amante della madre, per l’omicidio del Padre, Agamennone, che aveva dato in sacrificio la sorella. Escogita, con il fratello Oreste, di uccidere la madre, macchiandosi del peccato. Viene poi raccontata da Sofocle, Euripide, Eschilo: ognuno di loro dà un’immagine di Elettra, per Sofocle è colpevole, dall’altra parte è solo imparziale osservatrice, dall’altra ancora rappresenta l’eroina della borghesia. E poi c’è l’Elettra del lettino della psicanalisi, nella descrizione del complesso che porta il suo nome, che diventa la sorellina di Edipo e quindi l’amore verso il padre.. Perché l’amore della madre è scontato. Il bambino ha bisogno della madre. L’amore paterno lo scopre dopo. Ed è un amore che avviene attraverso i modi più sottili, come conoscenza. Io l’ho vista da questo punto di vista: come una specie di rimozione dell’invadenza materna, per lasciare spazio a un altro amore, ma anche rimozione verso tutto quello che noi abbiamo acquisito nella vita, che ha richiesto conoscenza, lavoro, sacrificio, il bello. Quello del padre è un amore che richiede un approfondimento, ed è bellissimo, e io da questo punto di vista vedo Elettra alla riscoperta del padre. D: Dunque, in qualche modo, l’emancipazione dai retaggi culturali da superare. Emerge un riflesso quasi “ossessivo” della ricerca delle proprie radici. R: Il lavoro sulle radici è presente ed è costante. Non punto ad una rivalutazione del regionalismo fine a se stesso, vedo piuttosto l’assoluta necessità di tornare alla storia della propria terra per una crescita personale. Non ho mai rifiutato nulla della composita realtà della mia Sicilia, sono avvinta dall’ideale dell’ostrica, caro alla nostra letteratura. La mia è una terra cieca, sorda e muta ma nessuno meglio di una persona sarda può capire il senso di “isolitudine” che pervade l’animo lasciando i confini di questa culla. D: Rimanendo alla metafora di Giovanni Verga, per lei chi è il pesce vorace da cui proteggersi come isolana? R: Direi che mi sento frustrata dall’epoca in cui vivo, non tanto dal Paese. Io vorrei trasmettere un’immagine della Sicilia che ho elaborato. Io ho vissuto una Sicilia generosa, con paesaggi meravigliosi, tra fuoco e mare, ben conoscendo le sue piaghe. E la convivenza tra questi due elementi, il vulcano e il mare, fuoco e acqua, è una cosa fenomenale, che influenza gli esseri umani. Io in Sicilia sono dinamica. La cosa bella dei siciliani è che risolvono i problemi con due o tre trucchetti. La creatività del siciliano che è abituato ad arrangiarsi, come racconta Tornatore nel suo Baarìa: che dal paracadute degli americani, fa magliette e pantaloncini per tutti. Quando abbiamo girato il video di Elettra, lo abbiamo fatto in Sicilia e la costumista in due secondi ha realizzato i costumi di tutti, con una creatività sperimentale incredibile. Amo la passione del siciliano che è come un leone davanti alla preda, non importa se la preda sia piccola o grande, mette sempre la stessa passione.

D: Ha mai avvertito l’urgenza del timbro dell’uomo bianco? Il continentale? R: Credo esista ancora questa dinamica. Basti pensare che la nostra Rosa Balestrieri non venne capita da noi finchè non si affermò a Firenze. Rosa Balestrieri che assieme a Maria Carta e Gabriella Ferri affermò con forza il proprio regionalismo senza mai preoccuparsi di eventuali incomprensioni della critica. Non a caso queste grandi artiste erano legate da una profonda amiciza. Delle figure estremamente rock.

D: Lei ha un concetto molto personale del rock. R: Il rock è erroneamente legato all’estetica delle chitarre acide ma il concetto di rock viene prima e va oltre degli slogan urlati a Woodstock o alle chitarre distrutte sul palco. In America ad esempio è considerata veramente rock la vostra Elena Ledda, che lì è notissima ma anche Luigi Lai, della cui componente rock si è accorto anche Peter Gabriel.

D: Dunque per lei il rock è un discorso legato ad una scelta di libertà. Chi è il personaggio che ora ritiene rock? R: Adesso nessuno ma un personaggio storico di cui sono profondamente innamorata e che studio da tempo è Cristo. Io non ho la fede ma questo non mi impedisce di percepire la portata e il livello ineguagliabile dal messaggio di uguaglianza che ha cercato di trasmettere. Dico cercato perché non credo che l’uomo sia ancora in possesso di tutti gli strumenti per capire quanto professava e interpretare perfettamente la battaglia contro la paura del diverso. Non credo sia un caso il fatto che ha praticato una breccia nella storia.

D: Carmen Consoli tra i super ospiti della kermesse sanremese. Che senso ha adesso Sanremo in mezzo al proliferare di innumerevoli talent show musicali? R: Girando tutto il mondo mi son resa conto che nessun Paese possa vantare un festival di questo livello. Ciò che osservo con apprensione è l’influsso dei talent show sulla composizione delle categorie in gara. Se poniamo un esordiente al livello di quelli che in passato erano i big della canzone italiana allora a che livello dovremmo far concorrere Franco Battiato qualora si presentasse?

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