Mark Romanek NON LASCIARMI

La pubblicità, almeno qui da noi, lo ha contrabbandato "furbamente" come film di amori giovanili, facendo leva su un triangolo di protagonisti freschi carini eccetera. Non lasciarmi invece è una storia di fantascienza ucronica, raccontata kafkianamente da tale Kathy H e ambientata in un 1972 alternativo in cui ingegneria genetica e clonazione umana hanno anticipato i tempi, stravolgendo tutte le implicazioni etiche, sociali e scientifiche.

Cloni sacrificabili per il progresso: è un classico del genere. Michael Bay ne farebbe un'avventura esplosiva e patinata con due super belli da spot, anzi, l'ha già fatto nel 2005 con The Island, Mark Romanek ne fa invece un film agli antipodi stilistici. Lui, regista di moltissimi videoclip (Madonna, Bowie, R.E.M., The The, Michael Jackson, Coldplay) e pochi film (l'ultimo, One Hour Photo, nel 2002), opta per un tono intimista e trattenuto, a tinte color terra e vegetazione, asciutto anche quando distribuisce colpi (di scena) allo stomaco e al cuore.

Merito anche dell'omonimo romanzo di partenza, di Kazuo Ishiguro, presente anche qui come produttore esecutivo, dello sceneggiatore Alex Garland (già tre film con Danny Boyle), dell'ambientazione british — dall'infanzia nel collegio di Hailsham, alla fine dell'adolescenza nei cottage delle campagne inglesi — e del giovane cast: la brava e oscura Keira Knightley, il sensibilissimo Andrew Garfield (prossimo Spider-Man al posto di Tobey Maguire), e Carey Mulligan (Wall Street), forse fin troppo compressa nel ruolo. Il triangolo insomma c'è, e anche l'amore. Ma la vera protagonista è una generazione impossibilitata a realizzarsi, dolce nelle sue ingenuità, disturbante nell'incapacità di cambiare il proprio destino, abbandonata come un barcone arrugginito su una spiaggia d'inverno. Nella caccia ai simboli si può frugare tra fantasie orwelliane o scomodare la storia di oscuri regimi più o meno lontani. Oppure scoprire, al contrario, che quella generazione è già qui, adesso.