Un comunicato ridotto all’osso e un commiato personale di ciascun membro della band, poche righe in tutto scritte sul proprio sito internet.Così, con discrezione difficilmente imitabile, termina l’attività degli R.e.m., gruppo tra i più influenti e conosciuti nella musica pop degli ultimi trent’anni. L’addio alle scene del terzetto di Athens segna la fine ufficiale di un’era anche per l’industria discografica.
Sono stati loro, infatti, la prima band di culto a scivolare senza intralci ma con enorme successo commerciale da un’etichetta indipendente (Irs, dove avevano militato per tutti gli anni ‘80) a una major (Warner, che ne ha pubblicato i lavori fino a oggi), rendendo il pop di frontiera cosa per tutti. Era il 1988, e gli R.e.m. furono i precursori dell’esplosione del mercato musicale ‘alternativo’ sui canali più popolari, Mtv in testa. Il contratto firmato con Warner prevedeva un compenso di 80 milioni di dollari per otto dischi, ed è stato l’ultimo nel suo genere. Un contratto faraonico in un periodo di fulgore per l’industria musicale, forse il momento più rigoglioso dalla fine degli anni ‘60, prima del declino del settore accelerato improvvisamente con l’esplosione di internet e del peer to peer.
Impossibile oggi vendere la mole di dischi venduta da Micheal Stipe e soci nel corso degli anni ‘90, quando le copie distribuite nei negozi si contavano a milioni. Impossibile oggi ricevere una tale quantità di denaro dall’industria per lavorare, più o meno indisturbati e per vent’anni, alla composizione musicale. L’industria è malata terminale da parecchio tempo, ma lo scioglimento degli R.e.m., forse unici rappresentanti degni degli ultimi (sfaccettati) trent’anni del settore, ne decreta la fine reale. Ci saranno tentativi di rianimazione, ma i tempi stanno cambiando. Anzi, sono davvero cambiati. E non a caso è iniziato l'autunno.