Parigi è una città per duri parola di Vincent Cassel


Puntuale. Scruta l'aria con istinto animale. La stretta di mano è vigorosa. Noto per primi i suoi piedi grandi. «Sarà un 45», commento.«44 e mezzo», fa lui. Il ghiaccio è rotto. Cominciamo a parlare di cinema. Del prossimo personaggio in Fantomas, dove reciterà accanto a Jean Reno, e del sequel di Dobermann, con Tchéky Karyo. Se i preparativi per lo shooting fotografico vanno per le lunghe, comincia a gesticolare come un calciatore italiano, ma Vincent Cassel è così: energia pura. A suo agio solo quando fa il cattivo. «Sono i ruoli più divertenti. Quando sei nei panni di un uomo che ha scelto il male, ti senti più vicino alla realtà. Preferisco questo tipo di personaggi all'eroe».
Siamo sul set di David Cronenberg. Sta girando A Dangerous Method, atteso nei prossimi giorni al Festival di Venezia. Il film, con Michael Fassbender e Viggo Mortensen, è la storia del complesso rapporto tra Carl Jung e Sigmund Freud. Cassel interpreta Otto Gross, il neurologo austriaco che contrastò vivacemente le tesi di Freud. «Vincent contiene spesso gli opposti», sottolinea Viggo Mortensen, «può essere un matto e nello stesso tempo un gentiluomo. Ha un grande senso dell'umorismo. Trovo che sia un bravo attore. Gli piace il lato assurdo dell'umanità, gli piace sperimentare, farsi trasportare dall'emozione del momento ma tenendo sempre alta la professionalità. Per questo è l'attore ideale per Cronenberg: il dottor Gross ha un atteggiamento eccentrico, e questo si sposa perfettamente con la personalità di Vincent».
Cassel finisce di prepararsi. Infila veloce le scarpe e lasciamo la suite. Costeggiando il palazzo dell'Opéra, doveSofia Coppola ha girato le feste a perdifiato del suo Maria Antonietta. Oltre al film di Cronenberg - con cui sta preparando il seguito de La promessa dell'assassino - Vincent ha appena finito di girare a Barcellona, con il regista tedesco Dominik Moll, Le moine, terzo adattamento cinematografico del romanzo Il monaco diMatthew Gregory Lewis. Un'altra storia di perversione, di presunta santità mischiata a sesso torrido che deve aver divertito molto Cassel, questo parigino dall'aria fintamente esile.
Alto, sicuro nel passo, è veloce nella città dove è nato 43 anni fa, da una superstar come suo padre Jean- Pierre e da una famosa giornalista, Sabine Litique. Dopo aver trascorso parte dell'infanzia a New York, ha studiato in Francia e ora vive tra Parigi, Londra e Roma, dove sua moglie Monica Bellucci ha dato alla luce le loro due figlie Deva e Léonie.

Vincent ama il jet set della capitale. «Parigi cambia di continuo. Ora i club intorno agli Champs Élysées, come per esempio il Milliardaire, sono ancora una buona scelta. Se sono da solo ci faccio un salto volentieri e mi fermo fino all'alba. Ma in generale preferisco fare il bravo bambino e allora, in alternativa, vado al Centre Pompidou, un posto dove puoi fare tutto: c'è il museo, la libreria e un ristorante con i dj giusti che creano l'ambiente perfetto per cenare». Gli chiedo cosa fa nel quotidiano. «Ho un fortissimo legame con l'Italia. A Parigi il miglior ristorante italiano è Sardegna a tavola, vicino a uno dei mercati più affascinanti della città, quello diAligre. Se invece cerchi la cucina tradizionale del sudovest, prova il foie gras di Le Bouclard, che è di un mio amico, a Montmartre. Da non dimenticare poi Le Père Claude, nel XV arrondissement, un'istituzione, che ha il pregio di rimanere aperto sette giorni su sette. Per la cucina africana, da non perdere La Tontine d'Or, nel vivacissimo quartiere che parte dal Cirque d'Hiver e si inerpica fino a rue d'Oberkampf». L'elenco sarebbe infinito, ma non manca un accenno all'Oriente. «Krung Thep è un locale piccolissimo nella zona di Belleville, dove i turisti non arrivano. Non è né famoso, né trendy, né chic, ma fa la migliore cucina thai di Parigi. Non chiudo il tour dei miei ristoranti preferiti senza citare una vera curiosità. È Chez l'Ami Louis, a pochi passi da Place de la République. Durante la Seconda guerra mondiale era frequentato dai nazisti, poi, dopo la Liberazione, è diventato il preferito degli americani. Servono il più buon pollo arrosto della capitale. Io ne so qualcosa».

Proseguiamo la nostra passeggiata, costeggiando ancora l'Opéra. Vincent ha perso l'aria perentoria di qualche minuto fa. Accenna alla sua piccola Léonie, nata l'anno scorso a maggio. Ha conosciuto Monica Bellucci nel 1996 sul set del film diGilles MimouniL'appartamento. Da allora non si sono più lasciati. Inevitabilmente, si ritorna a parlare di cinema. Del rammarico per la mancata distribuzione in Spagna di Nemico pubblico n.1 - L'istinto di morte, il film che nel 2009 gli ha fatto vincere il César, l'Oscar francese. O del discusso Irréversible, il film di Gaspar Noé dove ha lavorato con Monica, il cui personaggio subisce una violenza documentata per ben nove minuti. «Sono passati più di otto anni, posso dire solo che questo film è materia di studio all'università. Se Noé mi chiamasse ancora a lavorare con lui, correrei. Così come con Darren Aronofsky, con cui ho girato il Cigno nero.Non ho un regista preferito: quello che mi affascina di più è l'immersione totale in quattro, cinque progetti e, una volta finito, avere la magnifica sensazione di libertà e di apertura verso quello che ancora verrà».
Anche se - come si dice qui - ha condiviso l'affiche con superstar come Brad Pitt, George Clooney e Julia Roberts (in Ocean's Thirteen e nel precedente Ocean's Twelve, ndr), Vincent Cassel ha ben chiara la direzione che vuole prendere. A Hollywood preferisce di gran lunga il cinema indipendente. «Mi ci vedi come star di Hollywood?», chiede mentre arriviamo al Ponte Alexandre III dove ci raggiunge Viggo Mortensen che rivela: «Vincent è un interprete unico, ha un grande istinto, oltre alla capacità di sapere partecipare a un lavoro di squadra per riuscire a creare personaggi unici». Ma Vincent ha già il casco in testa. Prima di salire sulla sua moto, l'ultima raccomandazione: «Vai al mercato di Belleville, vicino casa mia. È originale, ha una varietà etnica che non esiste da nessun'altra parte. È come se stessi in Africa e in Francia contemporaneamente».