Festival di Roma, il giorno di Tintin

E’ stata tutta dedicata al nuovo film di Steven Spielberg la seconda giornata del Festival di Roma: Le avventure di Tintin, presentato ieri alla stampa, è stato oggi introdotto in grande stile al pubblico. Jamie Bell è arrivato al Festival per una conferenza stampa (ne parliamo qui), e ha poi sfilato sul red carpet insieme a una serie di attori travestiti da personaggi del film. A seguire potete vedere le immagini da me scattate sul tappeto rosso…





La presentazione è stata decisamente colorata e simpatica, ma più mirata ai bambini che ai grandi. Non che questo sia un male, anzi: speriamo che questo porti molti giovanissimi spettatori a incontrare il cinema di Spielberg.
Per il resto, la giornata è trascorsa tranquilla, tra una serie di proiezioni più o meno interessanti. Vi rimando alle recensioni di A Few Best Men e Il mio domani. Qui vorrei soffermarmi un secondo su Little Glory, un film diVincent Lannoo che ho visto questa mattina. Lannoo è un regista indipendente che ha diretto il mockumentary Vampires, storia di una famiglia di vampiri, che è stato presentato l’anno scorso a Torino. Oggi torna con un film che come stile è diametralmente opposto: si tratta di una storia realistica che racconta di due fratelli, Shawn (Cameron Bright, già nella Twilight Saga) e la piccola Julie, rimasti senza genitori. Shawn ha pochi giorni per dimostrare ai servizi sociali di essere in grado di badare alla sorella, prima che questa venga affidata alla zia. Il problema è che lui non sa badare neanche a se stesso, è un perdigiorno buono a nulla che dovrà però sforzarsi di crescere se vorrà evitare di venire risucchiato nel magma del fallimento, o peggio.
Avete presente quei film in cui i protagonisti sono talmente insopportabili da rendere difficile la visione? Bene, questo è uno di quelli. Shawn è un idiota patentato, un essere talmente irrecuperabile da spingere lo spettatore a parteggiare per chiunque minacci di farlo fuori o almeno dargli una sana lezione. Questo per tre quarti del film, finché il regista non decide di farlo redimere in corner e in maniera totalmente immeritata e frettolosa. Si vorrebbe tentare un ricongiungimento famigliare, una chiusura abbondante di buoni sentimenti, ma purtroppo l’operazione stona con il tono duramente realistico che Lannoo ha costruito fino a quel punto. Non che il resto del film sia esente da problemi: anzi, proprio quel “tono realistico” è in realtà ottenuto attraverso un accostamento di tutti i possibili cliché del cinema verista americano.