Sbagliano, i Coldplay, a non rendere disponibile il loro nuovo album "Mylo Xyloto" su Spotify. E' il parere di Rob Wells, presidente del Global Digital Business diUniversal Music, che ha spiegato il suo punto di vista durante una intervista video condotta da Ian Rogers di TopSpin per il suo programma "ThisWeekIn Music". "Sono un fan del modello proposto da Spotify, non solo della società in sé" ha premesso Wells, tra i primi dirigenti major a sostenere vigorosamente la proposta della impresa svedese. "L'errore che commettono i Coldplay", sostiene, "è ritenere che lo streaming cannibalizzi le vendite di musica, che porti via acquirenti da iTunes. Non è così. Si tratta di un consumo addizionale, incrementale, che riguarda consumatori dal profilo demografico diverso: più giovani, tra i 16 e i 22-24 anni, persone che non hanno le disponbilità economiche per comprarsi un lettore digitale da 400 dollari". "Servizi come Spotify", aggiunge Wells, "offrono l'opportunità di monetizzare il 95 per cento della musica che viene consumata in rete senza licenza". Sbagliano, dunque, gli artisti a preoccuparsi di un'ulteriore riduzione dei ricavi, dopo quella sperimentata nel passaggio dai cd ai download, dal momento che per pareggiare l'incasso di un download occorrono circa 100 stream? "E' tutta questione di scala", risponde il boss digitale di Universal alla domanda di Rogers. "Attualmente Spotify è presente in nove mercati, iTunes in 34 o 35. Bisogna dargli il tempo di crescere e, come industria, essere solidali con lei. Ci vorranno tre anni, più o meno, perché raggiunga le dimensioni necessarie a diventare redditizia". "Quanto ai Coldplay", aggiunge, "non sono un fan ma ascolto con interesse i loro dischi. Visto che su Spotify non lo hanno pubblicato, però, non ho ancora ascoltato il loro nuovo album". Nella lunga intervista (quasi un'ora di durata), Wells sembra smentire l'intenzione delle major di abbandonare subito il cd ("sopravviverà ancora a lungo, soprattutto nel segmento di mercato delle edizioni deluxe") e ribadisce la sua opinione negativa su Pandora: "E' un servizio 'stupido', un servizio passivo...Certo, ci passa delle royalty... ma così com'è non reca alcun beneficio alla musica né all'industria discografica. Se chiedi ai nostri business partner chi cannibalizza i loro profitti, ti risponderanno Pandora. L' hanno costruita alla lettera sul DMCA (Digital Millennium Copyright Act), ed ecco perché non può uscire dagli Stati Uniti. Per renderla davvero interessante dovrebbero focalizzarsi di più sulle esigenze del consumatore, offrire un servizio a pagamento accanto a quello gratuito, sviluppare funzioni social e di raccomandazione".