Al Gran Teatro Geox si è esibita la band capitanata da Eugene Hutz. Ritmo scatenato e infervorato, si salta e balla su sonorità samba e gypsy
Ad una prima occhiata sul palco, sembra che si stia per girare l'ennesimo sequel dei «Pirati dei Caraibi». Poi uno fa mente locale, e si ricorda di essere andato a vedere, venerdì, il concerto dei Gogol Bordello al Gran Teatro Geox di Padova. Sarà perché di date il gruppo di Eugene Hutz ne ha quattro in Italia, sarà anche perché questo questo è il loro primo tour in acustico (per l'occasione la band è ribattezzata Gogol Acoustic Bordello), ma la risposta del pubblico non è certo all'altezza dell'attesa (siamo intorno ai cinquecento spettatori). Ma, per fortuna, lo spettacolo, le aspettative le soddisfa (quasi) tutte. Sono le 21.30 quando la band si schiera sul palco. Il leader Eugene Hutz, voce e chitarra, indossa una giacchetta aperta su torso nudo e dei pantaloncini corti stile NBA primi anni Novanta. Alla sua destra il russo Sergey Ryabtsev (violino) ha una giacca piratesca blu con inserti d'oro e in testa una bandana in pendant; alla sinistra Yury Lemeshev alla fisarmonica è il più sobrio di tutti in camicia colorata e pantaloni. Alle spalle di Hutz il percussionista ecuadoregno Pedro Erazo-Segovia e, elegante e gitana, la cino-scozzese Elizabeth Sun alla seconda voce (e strumenti vari dal triangolo al tamburello).
La scaletta del live è declinata secondo la carriera della band, dai primi «Voi-La Intruder» e «Multi Kontra Culti vs. Irony» fino al successo planetario di «Super Taranta!» e all'ultimo «Trans-Continental Hustle». Si capisce dalle prime «Avenue B» e «My Strange Uncles From Abroad» che sarà un concerto diverso dal solito. I Gogol infatti tornano alle origini, quando, a metà degli anni '90, iniziavano le loro performance sul modello acustico tra cabaret e gypsy music. Si salta e si balla, ci si diverte e si beve, ma mai come nei tour estivi, scatenati ed incendiari. Già alla sesta canzone Hutz si toglie la giacca rimanendo a petto nudo per tutto il live: i capelli lunghi e i baffoni da Borat lo dipingono quasi come un personaggio da commedia dell'arte. Anche perché la componente teatrale è importante quanto la musica, elemento fondamentale dello show (non a caso Hutz è anche attore, voluto da Madonna nel suo debutto registico «Sacro e profano»). «È un regalo che vi faccio, questa canzone l'abbiamo scritta appositamente per il tour», dice il front man ucraino con un accento inglese un po' sbilenco, e parte «Total Worldwide Amnesty».
Pedro Erazo-Segovia si fa veramente in quattro per tenere l'intera ritmica della serata che, viaggiando tra dub, reggaeton, samba, punk e gypsy, non è certo di secondo piano. I pezzi migliori, che il mood acustico impreziosisce ulteriormente, sono «Undestructable» e «Alcohol», una vodka liscia tirata giù a ripetizione nell'inverno della Steppa. Altro gran pezzo è «Rebellious Love», ma il pubblico (sempre molto partecipe) impazzisce per «Santa Marinella», ispirata ad una disavventura italiana di Hutz (con sequela di «Madonna» e, questa volta, non si tratta dell'amica pop star), e poi per «My Companjera». Azzeccato anche l'unione tra «Start Wearing Purple» e «Another Brick In The Wall» dei Pink Floyd. Nei bis, dopo un «chi non salta Berlusconi è», arriva la vera sorpresa: il cantante ricorda che è appena uscito l'album del grande Adriano Celentano e con la band caccia fuori una versione zingarissima di «Stivali e colbacco». Nel finale «Through the Roof 'n' Underground» fa ballare tutti.
Francesco Verni