«Lavorare in famiglia è normale. Sono cresciuta in tournée con i miei genitori, ho fatto il primo disco con mio padre e ora i miei bimbi mi seguono sul set dei film o in concerto.
Ho recitato diverse volte con mio marito, la prima volta che salii su un palco mia madre era nel backstage per darmi fiducia».
Quella intorno a Charlotte Gainsbourg è una piccola tribù dove si condivide tutto, affetti e affari, vita e opere. La frontiera tra pubblico e privato è labile. Come quando a 13 anni intonava Lemon Incest strusciandosi accanto a papà Serge, ennesima provocazione del mitico cantautore francese che nel '69 con la mamma di Charlotte, Jane Birkin, aveva simulato un amplesso in Je t'aime, moi non plus.
La ragazzina acerba che appariva nel video con il padre oggi è un'attrice e cantante di successo, sbarazzina e disinvolta mentre si racconta. A quarant'anni, ha appena avuto il terzo figlio, Joe, nato l'estate scorsa. Lo allatta tra una pausae l'altra della promozione del suo nuovo disco, Stage Whisper, ora in uscita in Italia, selezione di brani dal vivo del suo precedente album, Irm, con qualche inedito di electro-pop e la rinnovata collaborazione del musicista americano Beck. La voce di Charlotte sembra finalmente più fluida, sicura. «Dopo la morte di mio padre, nel 1991, ho pensato che non avrei mai più cantato», ricorda. Solo nel 2006, con il disco 5:55, si è riavvicinata a quell'eredità paterna, senza esserne più schiacciata. Inutile chiederle come e chi le ha insegnato. «Sono nata in mezzo alla musica e al cinema, è qualcosa di naturale. Semmaiè stato difficile impararea esistere autonomamente e non come specchio dei miei genitori». L'inglesina che faceva innamorare i francesi, Jane Birkin, posava incinta di lei nel 1971, sulla copertina del disco di Gainsbourg Histoire de Melody Nelson. È tuttora un'artista molto apprezzata e impegnata in alcune battaglie civili.
Si assomigliano fisicamente, anche se il mento volitivo di Charlotte è quello del padre.
Amichee complici. «Mia madre mi ha sempre sostenuto e incoraggiata nella mia carriera. È stata lei a spingermi a fare concerti dal vivo. L'unica cosa che ci manca è girare un film insieme. Ma primao poi succederà».
Con il marito, l'attore e regista Yvan Attal, si sono ritrovati sul set diverse volte. Lui le ha dedicato una dichiarazione d'amore su grande schermo, Mia moglie è un'attrice, uscito nel 2001. Ha appena fatto una parte anche nel suo nuovo film, Humpday, con Asia Argento. «Lavoriamo tanto entrambi. L'organizzazione è complicata e un po' caotica, ma alla fine ce la caviamo. Io e Yvan abbiamo una ripartizione dei ruoli in casa abbastanza paritetica». Vivono a Parigi, con i bagagli sempre pronti. Ben e Alice, 14 e 9 anni, viaggiano spesso con loro. «Ogni volta che sto per scegliere un copione penso a come conciliare le riprese e gli impegni famigliari. Evito di andarmene in fondo alla giungla. Sono prima di tutto una mamma». Cresciuta sotto i riflettori, protegge in ogni modo la privacy dei suoi figli. «Quella dei miei genitori era un'altra epoca, un certo esibizionismo era meno problematico di quanto lo sarebbe oggi».
La famiglia Gainsbourg, già artisticamente prolifica, si è allargata da poco a Lulu, 25 anni, figlio di Serge e della modella Bambou, che ha firmato un album di cover del padre.
«Sono contenta per lui, è stata una bella sorpresa», commenta la sorellastra. «Per me è difficile approcciare quel repertorio». L'ombra del papà l'accompagna sempre. Non serve scomodare Freud per capire che tra loro c'è stato un rapporto esclusivo, irripetibile.
Gainsbourg era stato il suo Pigmalione, producendo il primo disco Charlotte for Ever, uscito nel 1985 quando debuttava anche come attrice in L'effrontée di Claude Miller. Oggi preferisce cantare in inglese.
«Musicare in francese significa un immediato confronto artistico». Ammette di non ascoltare i dischi di Gainsbourg.
«Solo i primi accordi, poi spengo». Troppe emozioni. Si è rifiutata persino di andare a vedere il film biografico sul cantautore francese di Joann Sfar.
«Non ce l'ho fatta».
I ricordi danno un pizzico al cuore. Poi passa, ci si abitua.
Charlotte è una "late boomer", come dicono gli inglesi. Più felice e realizzata andando avanti con l'età. Lo spavento per una piccola emorragia cerebrale, senza conseguenze, l'ha resa anche più saggia. «Oggi so che non bisogna cercare di controllare sempre tutto, lascio che le cose accadano». I tormenti dell'anima rimangono, le angosce della giovane sposa Claire che interpreta in Melancholia sono le sue. Si prepara a girare nel terzo film del regista danese che le ha regalato la Palma d'Oro per l'interpretazione in Antichrist.
«Ho una pesantezza nel vivere, un lato masochista che Lars von Trier ha intuito», dice. E ride con un sorriso da bambina. Charlotte ha imparato a camminare da sola.