FULVIA CAPRARA
inviata a parigi
Dimenticate il ragazzo violento dell’Odio, il criminale efferato di Nemico pubblico 1 e 2, l’elegante imbroglione di Ocean’s Twelve e Ocean’s Thirteen, l’erotomane folle di A dangerous Method, l’ambiguo insegnante di danza del Cigno nero, il seduttore con gli occhi di ghiaccio di uno spot che pubblicizza un’automobile. Mettete da parte tutti gli stereotipi, tutti i personaggi serviti a costruire l’immagine di aggressivo sex-symbol, e vi ritroverete davanti un bravo papà che, in una scintillante mattina d’inverno parigino, ha appena portato a scuola e all’asilo le sue bimbe, e ora concede interviste, senza inalberarsi se gli si fanno domande sulla consorte Monica Bellucci, e senza negarsi nemmeno alla foto in posa con il giornalista-fan. È il Vincent Cassel versione 2012, protagonista di Le Moine, il film che Dominik Moll ha tratto dal romanzo gotico di Matthew G. Lewis, presentato nell’ambito della 14esima edizione del «Rendez-vous du cinema français», e in arrivo da noi in aprile, distribuito dalla Nomad Film.
In Le Moine è Frère Ambrosio, un frate intrasingente dal passato oscuro, l’intera storia è ambientato in un convento, il clima è mistico-religioso-fantastico. Lei che rapporto ha con la Fede?
«Naturalmente ho una mia spiritualità, ma sono completamente ateo, anzi, per l’esattezza, direi che non sono nè ateo nè cattolico. Uno dei motivi per cui sono fiero di essere francese è che questo, a differenza della Gran Bretagna, dell’Italia, degli Stati Uniti, è un Paese veramente laico. Ho riflettuto molto sul cattolicesimo, mi sono posto domande, anche se di fatto i miei genitori non sono mai stati dei veri cattolici. Sa qual è la ragione che m’impedisce di essere credente? E’ che, nel valutare i comportamenti propri e altrui, bisogna sempre rimettersi al giudizio di un altro, e questo non va bene».
Quindi le sue bambine non sono battezzate?
«No, trovo che molti battezzino i figli solo per seguire una tradizione, avranno poi loro tutto il tempo per decidere che cosa vogliono essere».
Saio, monastero, preghiera. E’ piuttosto insolito trovarla nel ruolo del religioso. Che cosa l’ha attirata?
«Proprio quello che lei ha appena detto, ovvero fare una parte completamente diversa da quelle che mi vengono affidate in genere, una parte dove la fisicità è in secondo piano, interpretare Frère Ambrosio è stato per me come fare un super-eroe».
Di solito, in base a che cosa sceglie i suoi personaggi?
«Dipende dal regista, ma soprattutto da qualcosa che parte da qui - (e mette una mano all’altezza dello stomaco) -, insomma le scelte sono sempre istintive. Faccio un film se m’interessa, se mi mette appetito, e anche a seconda del momento in cui arriva. Per esempio, quando è nata la mia seconda bambina, sarei dovuto andare a Bangkok, a girare una storia tutta puttane e cocaina...ho rifiutato, era troppo stridente con quello che stavo vivendo in quei giorni».
Le capita di scambiarsi consigli con sua moglie Monica Bellucci?
«Assolutamente no, io non consiglio lei, e lei non consiglia me, sono cose personali, e poi le carriere sono fragili, immagini un po’ che cosa potrebbe accadere in una coppia se uno dei due dà un consiglio che poi si rivela sbagliato. E poi è molto più interessante essere spettatore delle scelte dell’altro, e magari restarne sorpreso».
Che cosa le piace di più e che cosa di meno del suo mestiere?
«E’ un lavoro bellissimo, è veramente difficile lamentarsi di qualcosa. Potrei dire che la promozione dei film certe volte dura tanto tempo, ma non lo dico, trovo che sia assurdo sputare nel piatto dove si mangia».
Lei fa anche molta pubblicità.
«Sì, perché la pubblicità mi permette di fare quello che voglio, di essere completamente libero nelle mie decisioni, e poi mi capita spesso di farla con registi che stimo e con cui lavoro abitualmente, ad esempio Gaspar Noè».
Gli spot, però, rafforzano proprio la sua immagine più scontata, quella del play-boy senza scrupoli.
«Beh, è divertente farlo, quando non lo si è nella realtà».
Quali sono le prossime pellicole in cui la vedremo?
«Ho appena finito di girare Trance, il nuovo thriller di Danny Boyle con James McAvoy e Rosario Dawson, poi andrò in Brasile, per un film in cui io e Monica recitiamo insieme, una commedia romantica che inizia male e finisce bene. Dopo lavorerò con Jean Dujardin, il protagonista di The Artist, nel remake di Un moment d’égarement, che Claude Berri aveva diretto nel ‘77».