In morte di WH

Fallito e invidioso/1.

Sei pensieri sei in morte di Whitney Houston (e uno in morte del rock).

di Paolo Madeddu
“Virtuosa e fragile”. “Una vita tra successo e depressione”. “Vita di trionfi ed eccessi”. “Il cordoglio dei fan sul web”. “Quando steccò”. “Ipotesi mix alcol e antidepressivi”. “Dalla Streisand alla Pausini, l'addio-web”. “Gli eccessi”. “Da Aretha alla Pausini, il cordoglio su internet”. “Mandate il vostro ricordo”. “Il cordoglio dei vip”.
In via del tutto eccezionale, davanti a questi titoli ho pensato un po’ di cose. Ne ho pensate SEI.
La prima cosa che ho pensato, è che erano gli stessi usati per Amy Winehouse. Manca solo la maledizione del 27.
(…è vero che molti giornalisti musicali erano già con la testa a Sanremo) (voi capite: si va in Riviera, tutto pagato, ci si intervista l’un l’altro, ci si legge l’un l’altro, ci si scopa l’un l’altro, ci si retwitta l’un l’altro) (la mia idea di inferno è la sala stampa di Sanremo - ottantamila giornalisti in fregola che fingono ironico distacco) (però questo vale per me perché sono un fallito e un invidioso) (per molti colleghi no, Sanremo è la loro idea di Paradiso) (specie quelli sposati)
Quasi tutti hanno titolato “Regina triste”, “Diva triste”. Per una popstar non si applica la morte maledetta. Anche in presenza degli ECCESSI, è una morte triste.
La seconda cosa che ho pensato è stata: scommetto che in questo momento, migliaia di battutisti stanno scrivendo a Spinoza.it variazioni su “Houston, abbiamo un problema”.
La terza cosa che ho pensato è stata quanto ha venduto Amy Winehouse subito dopo morta. E quanto venderanno tutti quei dischi di Whitney Houston che stavano lì da un po’ a prendere polvere. E in effetti, secondo Nielsen SoundScan, “I will always love you”, dopo essere stata suonata 2137 volte tra sabato e domenica dalle radio americane, è entrata nelle charts americane al n.7. “I wanna dance with somebody” è al n.35. Si parla complessivamente di 887.000 download.
La quarta cosa che ho pensato è stata: non credo che le mie amicizie su Facebook e Twitter mi riempiranno la pagina di RIP o di video.
(…mentre Steve Jobs, con tutti quegli Staistupidotto-Staiaffamato, mi ha perseguitato per una settimana)
La quinta cosa che ho pensato, che però era un corollario della quarta, aveva quindi a che fare con il lutto ai tempi di Facebook, e l’ha scritta benissimo un signore che non ho il piacere di conoscere. La trovate qui: anonimoconiglio.blogspot.com
Ma la sesta cosa che ho pensato, e per ora ultima, è la più strana. Non so se è una tendenza, o qualcosa del genere – ma avete notato che le rockstar ultimamente godono di una salute di ferro?
Cioè, le rockstar non muoiono più come una volta. Voglio dire, le morti recenti di un certo peso sono Clarence Clemons, Gary Moore. Avevano una certa età. Come Ronnie James Dio, poverino. Morti naturali. Ecco, l’ultimo che ha fatto realmente una morte da rockstar è stato John Entwistle degli Who, dieci anni fa. E stiamo parlando di un 57enne.
Nemmeno Pete Doherty ci ha dato soddisfazione.
Ora come ora sono le popstar che muoiono prematuramente. Whitney, Amy, Michael Jackson. Per George Michael, ci è mancato poco.
Sapete, quando le rockstar morivano, il rock era vivo.
Ora non muoiono. E dunque.
…D’accordo, è veramente un discorso ozioso, pretestuoso, frettoloso. E poi la beatificazione della rockstar morta è veramente penosa. Qualche giorno fa, in una libreria di Milano, ho visto dei magneti da frigo con la scritta IN ROCK WE TRUST, e le facce di Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Frank Zappa, Janis Joplin ma persino Brian Jones – che la gente non saprebbe nemmeno dire quali parti di chitarra suona negli Stones – a mo’ di santini. Gli ho anche fatto una fotina. Fa schifo, lo so. Non ho l’iPhone. Comunque è per far vedere cosa intendo. Per Cobain la scritta è IN GRUNGE WE TRUST. Poi, pochi giorni dopo, in un negozio di souvenir di Salisburgo, ho visto queste bustine da tè. Anche lì, cinque rocker. Gli ho fatto una fotina. Venuta un po’ meglio. Vedete? Sono tutti morti.
Il rock e la morte hanno costituito a lungo un sodalizio vincente. Però – forse! - è finito. Perché – forse! - quel rapporto aveva a che fare col prendersi dei rischi, superare certi limiti - quelle robe lì. Oppure con l’essere a disagio con se stessi o con il mondo – quelle robe lì.
Oggi le rockstar stanno benissimo. Nient’altro.

PS
Billboard ha titolato: “Whitney Houston. 1963-2012”.
Nient’altro.