De rouille et d’os di Jacques Audiard a Cannes 65

Lei è bellissima e raffinata, lui uno dei maggiori talenti del cinema francese contemporaneo. Non c’è da stupirsi se l’attesa è alle stelle per De rouille et d’os, sesto lungometraggio di Jacques Audiard, con Marion Cotillard come protagonista. Habituè della kermesse di Cannes che già nel 1996 premiò il suo Un héros très discret per la sceneggiatura e nel 2009 ha insignito Il profeta del Grand Prix Speciale della Giuria – Audiard torna a concorrere per la Palma d’Oro con un film insolito e potente. Ispirata alla raccolta Ruggine e Ossa del canadese Craig Davidson, la pellicola mostrerà Marion Cotillard nei panni di Stephanie, addestratrice di orche marine e vittima di un improvviso incidente invalidante. Le difficoltà che è costretta ad affrontare l’avvicinano al venticinquenne Ali, ex pugile clandestino e padre disoccupato di un bambino che conosce appena. L’una e l’altro si troveranno a lottare duramente per restare a galla in una realtà che non fa sconti. Il regista affronta il suo terzo adattamento dopo Regarde les hommes tomber, tratto da Triangle di Teri White, e Un héros très discret, dall’omonimo romanzo di Jean-François Deniau, ma l’incontro elettivo di due universi sofferti e distanti ricorda per certi versi Sulle mie labbra (2001) dello stesso Audiard con Vincent Cassel e Emmanuelle Devos. Stavolta il protagonista maschile è Matthias Schoenaerts, vincitore di un Premio Magritte e del Premio FIPRESCI per il ruolo interpretato in Bullhead di Michaël R. Roskam (2011). Completano il cast l’attore-regista Bouli Lanners e la promettente Céline Sallette già intravista ne L’Apollonide (B. Bonello, 2011) e in Un’été brûlant  (P. Garrel, 2011). Nessuna sorpresa, invece, per quanto riguarda i credits: Audiard si affida giustamente alla squadra già consolidata con Il profeta, dalla fotografia di Stéphane Fontaine al montaggio di Juliette Welfling, passando per le musiche di Alexandre Desplat, lo stesso che, solo nello scorso anno, si è occupato di Carnage (Polanski), Le Idi di marzo (Clooney) e The Tree of Life (Malick). La drammaticità della vicenda e la crudezza della messa in scena riflettono una crisi e un disagio diffusi, tanto nel sentire individuale quanto nello sgretolarsi del contesto sociale, rivestendo l’ultima opera di Audiard di penetrante attualità.