Coldplay, il nuovo album: "Siamo tornati a sognare la musica in technicolor"

Si chiama "A head full of dreams" ed esce il 4 dicembre. Un album ricco di ritmo e colori per la band di Chris Martin. Siamo stati a Londra, nel loro studio di registrazione
LONDRA - Nella zona Nord di Londra, passata Primrose Hill (la collina dalla quale si vede tutta la città e nella quale è ambientata The fool on the hill di Paul McCartney), il traffico e il rumore diminuiscono, la città prende una dimensione umana. In una di queste strade, tra un agenzia immobiliare e un bistrò, c'è un vicoletto il fondo al quale c'è la porta di "The Bakery", il forno. Non si cucinano dolci o pane nelle sue stanze, ma i profumi che si respirano non sono meno inebrianti. Alle pareti cartelli con scritte a mano che richiamano i testi di alcune canzoni, poster di concerti, dischi d'oro e di platino, ma senza enfasi. Anzi, l'aria è familiare e "dimessa", come si addice alla band che ha fatto della Bakery il centro delle proprie operazioni dalla metà degli anni Duemila. 
La Bakery è lo studio dei Coldplay. Al primo piano c'è la sala prove, con strumenti, tappeti e candele, fogli di carta da musica gettati qui e là, appunti scritti a mano, disegni di quello che, forse, sarà il set del prossimo palcoscenico della band. E un divano, sul quale sono seduti Chris Martin e Johnny Buckland, pronti a chiacchierare della loro musica e del loro futuro.  C'è stato il tempo dell'avventura, poi quello della scoperta. Poi quello dell'immaginazione e del sogno, quindi quello del dolore. Oggi Chris Martin è entrato con i Coldplay nell'era della gioia. E questa gioia ha i colori e i suoni di A head full of dreams, il nuovo album della band inglese, che arriverà nei negozi il 4 dicembre, anticipato dal primo singolo, Adventure of a lifetime. Un album carico di energia, ritmo, colori, arricchito dalle collaborazioni di Noel Gallagher, Beyoncé, della cantautrice svedese Tove Lo e della leggendaria voce soul di Merry Clayton, prodotto dagli Stargate e da Rik Simpson.
Solo un anno di distanza dall'album precedente, Ghost Stories, disco controverso e particolare, che portava chiari i segni delle ferite nel cuore di Martin, legate alla separazione dalla moglie Gwyneth Paltrow e spingeva la band verso un'elettronica eterea e interiore. Solo un anno per cambiare prospettiva, uscire dall'oscurità e guardare al mondo e alla vita con occhi nuovi, carichi di speranza, di colore, di quei "sogni" di cui parla non solo il titolo dell'album ma buona parte delle canzoni: "L'album dello scorso anno era molto scuro, malinconico, parlava di come aprirsi agli altri per scoprire in realtà quello che c'è dentro di noi...", dice Chris Martin, "Un disco sull'amore, su come per amare davvero c'è bisogno di passare attraverso esperienze che possono essere assai dolorose. Certo, canzoni per molti versi personale e intime, ma che la band ha fatto diventare belle e importanti. È stato un album molto diverso dagli altri, qualcuno l'ha apprezzato, qualcuno no, ma noi sentivamo che era una tappa della nostra evoluzione come band". 
Cos'è accaduto dopo?
"Abbiamo scelto di tornare subito in studio, non volevamo perdere il feeling: Ghost stories non era un disco gioioso, mentre invece in studio lo eravamo tutti, questa volta volevamo fare un album colorato, avevamo tanta voglia di fare quello che amiamo di più, mettendo insieme tutti gli aspetti della nostra musica. E credo che questo sia avvenuto davvero". 
Il ritorno alla vostra musica in technicolor...
"Sì, credo che sia una buona definizione per la nostra musica. E soprattutto per questo album. Il senso delle canzoni è che la vita va presa per il verso giusto, cercando di trovare il buono in tutto. Lo so, può suonare molto hippy ma le persone felici pensano in questo modo e il disco cerca di mettere gioia in ogni cosa". 
Non è facile trovare il buono attorno a noi di questi tempi.
"È molto facile deprimersi nel mondo di oggi, ma non puoi smettere di sperare. Credo sia giusto parlare di speranze e gioia quando tutto è brutto attorno a noi. Il messaggio è simile a quello dei grandi guru: cerca di essere presente a te stesso, di accettare la vita come un dono, ogni cosa lo è, e cerca di essere grato per tutto quello che hai, per poco che sia. Ci sono miliardi di persone in questo pianeta che pensano che si possa e si debba vivere così".
Avete l'ambizione di cambiare il mondo?
"Cambiarlo? Non arriviamo a tanto. Ma l'arte serve a porre domande sulla vita e sul mondo. E soprattutto spinge la gente a cambiare. Come si fa a non vedere che Imagine di John Lennon ha, lentamente ma inesorabilmente, cambiato la coscienza di più generazioni. E puoi dire lo stesso di quadri, libri, poesie. Gran parte dei testi di questo disco sono nati sotto l'influenza della poesia di Rumi, e di The conference of the birds di Attar of Nishapur, letture che di certo hanno cambiato la mia vita". 
Il sentimento del disco è hippy, ma la musica è invece perfettamente immersa nella realtà di oggi. Anzi, è forse l'album più "ritmico" che abbiate mai realizzato.
"Abbiamo costantemente accesso a Internet, possiamo andare ovunque musicalmente in soli dieci secondi. Basta essere culturalmente aperti, curiosi, ascoltare tanti generi e suoni: classico, pop, jazz, africano. E poi abbiamo tutti figli abbastanza piccoli, sentiamo sempre cose nuove. Ecco, credo che riuscire a essere nel mezzo di questi suoni sia la cosa più bella. Non avrebbe alcun senso per noi oggi suonare come suonavamo ai tempi di Clocks, o rifare Parachutes: avevamo un'altra età, pensavamo cose diverse". 
Come funziona questo studio, come lavorate alle canzoni?
"Spesso io arrivo con un titolo e una parte di canzone, una melodia, qualche strofa, la suono ai ragazzi e se a loro piace ci lavoriamo su, diventa il pezzo di una band non di un cantautore. E se vado con una grande canzone in studio, gli altri sono in grado di farla diventare più grande. Siamo tutti coinvolti nella scrittura, alle volte i brani li propongono loro e io resto periferico. È così che deve funzionare una band". 
Com'è stato lavorare senza Brian Eno dopo tanti anni?
"Brian ci ha insegnato tantissimo, ha cambiato il nostro modo di pensare la musica, ci ha spinto verso la sperimentazione. E ci ha impartito i suoi dieci comandamenti, che seguiamo tutt'ora. Il più interessante è "cucina come un italiano, usa solo ingredienti freschi"".
Quindi siete pronti per suonare in Italia...
"Ne stiamo parlando, ancora non c'è un piano completo per il tour, ma vogliamo assolutamente venire. L'Italia è assolutamente emozionante". 
C'è chi pensa che questo possa essere il vostro ultimo album...
"Ogni album è l'ultimo, non c'è nulla di nuovo. Il futuro? Concerti in tutto il mondo, essere bravi artisti e entertainer, creare musica che faccia stare bene la gente. È il massimo che si possa sperare. Successo e soldi non sono niente, lo so, può sembrare retorico detto da noi, ma è davvero così: suoniamo perché amiamo suonare. Se abbiamo successo o meno cosa importa? Abbiamo fatto quello che desideravamo, e tanto basta".
Come si fa a vivere da rockstar senza perdere la testa?
"Poche settimane fa eravamo a New York sul palco del Global Citizen Festival al Central Park, con Bono, Beyoncè, i Pearl Jam, Ed Sheeran, ma anche Michelle Obama, Bill Gates, Richard Branson e tantissimi altri. Quando sono sceso dal palco i miei due figli mi hanno detto, "Beh, hai finito? Andiamo a mangiare una pizza?". Questo ti fa tenere i piedi a terra". 
Quanto conta la sua famiglia in quello che fa?
"Tutto. Le mie scelte tengono sempre conto di loro. E nelle canzoni che scrivo ci sono io, ovviamente. Pregi e difetti, emozioni, gioie, tristezze, esagerazioni, sogni. E ci sono loro".
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