I nostri antenati avevano una sessualità libera e aperta, proprio come le scimmie da cui discendiamo. Un saggio sostiene che è a loro che dobbiamo guardare per andare oltre la nostra infelicità sessuale, senza divorzi, separazioni e gelosie omicide
DI ELISABETTA AMBROSI
Alla parola preistoria associate una donna trascinata per i capelli da un uomo con la clava e uno scenario fatto di povertà e brutalità? Toglietevi questo cliché dalla testa. Con tutta probabilità i nostri antenati cacciatori, per intenderci gli ominidi precedenti alla rivoluzione agricola, vivevano in un mondo di collaborazione reciproca e armonia, dove le donne contavano come gli uomini e dove soprattutto la sessualità era libera e aperta, senza gelosia né alcuna ossessione verso l’accertamento della paternità dei nuovi arrivati, tanto che la cura dei bambini era responsabilità di tutti.
A sostenere questo scenario sono due studiosi statunitensi, Christopher Ryan e Cacilda Jethà, nel saggio In principio era il sesso. Come ci accoppiamo, ci lasciamo e viviamo l’amore oggi (Odoya editore), che ha avuto grande eco e diviso la comunità scientifica statunitense.
SE IL SESSO (CON TUTTI) HA FINI SOCIALI
Oltre a quella che i due autori chiamano “flinstonizzazione” del mondo preistorico, l’altra immagine che il libro invita a rottamare è quella del matrimonio monogamico come fonte di gioia e pace. In questo caso basta guardare il presente: la metà dei matrimoni collassa sotto “un inarrestabile flusso di vorticosa frustrazione sessuale, di noia che uccide la libido, di tradimenti impulsivi, disfunzionalità, confusione e vergogna”.
Le coppie che resistono sacrificano l’erotismo in nome della stabilità familiare e dell’intimità emotiva. E non bastano “un po’ di candele qui e là, un po’ di lingerie sexy, una manciata di petali sparsi sul letto” a far tornare il desiderio, tanto è vero che l’adulterio esiste in tutti i paesi, compresi quelli che lo puniscono con la lapidazione.
Ma cosa fare contro questo scenario tragico? La soluzione passa per l’osservazione degli animali da cui discendiamo, le scimmie, in particolare scimpanzé e bonobo, a cui siamo geneticamente più vicini. Ebbene, in tutti i primati che vivono in gruppo la monogamia è sconosciuta e il sesso libero e frequente, in particolare per i bonobo, è usato per allentare la tensione, stimolare la condivisione durante i pasti, riaffermare l’amicizia.
Allo stesso modo vivevano il sesso i nostri progenitori preistorici, tra i quali la promiscuità sessuale – intesa etimologicamente come “miscela” e senza alcuno stigma morale negativo – era legata al bene comune e all’identità di gruppo. Tutto cambia, secondo i due studiosi, con l’avvento della rivoluzione agricola. Nelle popolazioni stanziali la femmina perde il suo ruolo e mano mano si afferma una sessualità “voyeristica, repressiva, omofobica e incentrata sulla riproduzione”.
SCHIAVI DEI GENI, FRUSTRATI E BUGIARDI?
Questa visione della preistoria è molto diversa da ciò che le moderne teorie evoluzionistiche sostengono. E infatti buona parte del libro è finalizzata a confutare quella che i due autori chiamano “narrazione standard delle origini e dello sviluppo della sessualità umana”, vicina alla visione darwiniana della vita.
Secondo questa narrazione, gli uomini e le donne sono schiavi dei loro opposti disegni biologici. Gli uomini impiegano tutte le loro energie per far colpo sulle donne, esigenti e riservate per natura, le donne scelgono il proprio partner in cambio di sicurezza emotiva e materiale per i propri figli.
Oltre ad essere infelicemente deterministica questa teoria sostiene che le donne scambino i propri servizi sessuali con l’accesso a determinate risorse (“In estrema sintesi ciò significa che vostra madre è una prostituta”), e il sesso si faccia solo in vista della riproduzione (questo sì, dunque, scrivono i due, è un sesso animalesco).
Si tratta di una teoria che, inoltre, fornisce un’immagine femminile non realistica: vista la quantità di modi in cui gli uomini hanno tentato nei secoli di reprimere la sessualità femminile – dalle cinture di castità ai roghi fino alle diagnosi di ninfomania o isteria all’insegna del paternalismo - forse la sessualità femminile non è come quella descritta dalla vittoriana e pudica visione di Darwin.
Una variante della psicologia evoluzionista vede gli uomini spargere il proprio seme in lungo e in largo per cercare di mantenere il controllo su una o più femmine, mentre le donne preservano la loro riserva limitata di ovuli per accalappiarsi un marito, ma poi sono subito pronte a tradirlo per approfittare della superiorità genetica di altri uomini.
Anche in questo caso, la concezione della selezione sessuale prevede il conflitto, e anche l’inganno, così come una lotta tra maschi per accedere a donne fertili pronte a sottomettersi al migliore. Lo scopo è sempre quello: non felicità, ma la produzione di un maggior numero di discendenti in grado di sopravvivere e riprodursi. Una visione desolata della sessualità umana, fatta di competizione e tradimenti, ma per fortuna non realistica ed errata.
VIA LA MONOGAMIA, VIA LA PAURA E LA GELOSIA
Non siamo dunque costretti a scegliere per forza tra la monogamia sessuale - che probabilmente porta il nostro matrimonio al fallimento, perché la passione si affievolisce naturalmente, anche se l’amore resta profondo – né alla separazione dai nostri partner che amiamo, con relativa disgregazione della famiglia e trauma per i figli.
Né siamo obbligati a optare per la monogamia seriale, un matrimonio dietro l’altro, con tutto ciò che ne consegue. Il sesso, scrivono i due, “non è una buona ragione per distruggere una famiglia altrimenti felice”.
Guardando ai nostri antenati, che contrariamente a quanto si creda facevano più l’amore che la guerra, possiamo immaginare dei rapporti d’amore cooperativi e felici, dove l’assenza di monogamia scacci anche gelosia e paura, dove possiamo avere una maggiore comprensione di noi stessi e degli altri e un approccio alla fedeltà più rilassato e tollerante, che includa nuove relazioni senza che ciò porti a mentirsi o distruggersi a vicenda.
I sensi di colpa sparirebbero. La donna non si dovrebbe più preoccupare che la rottura di un rapporto lasci lei e i suoi figli in condizioni di vulnerabilità. I ragazzi e le ragazze non avrebbero più l’ossessione di trovare il vero amore.
Ma come mettere in pratica il cambiamento? A ogni coppia spetta scoprire come, secondo le proprie inclinazioni. Un aiuto può venire dal guardare quelle piccole e rare comunità che ancora oggi vivono i rapporti di forza tra generi e l’approccio alla sessualità in maniera diversa.
Come quei Mosuo della Cina, una delle ultime comunità matriarcali rimaste, dove le ragazze e le donne hanno relazioni libere (e il potere economico) e quando nasce un bambino a nessuno interessa sapere di chi è figlio perché la cura è affidata alla famiglia di lei (tanto che la parola “wu” traduce sia zio che padre).
Un micro mondo di libertà in un pianeta dove, a dispetto dell’emancipazione, la maggior parte degli uomini e delle donne vivono ancora con sofferenza, paura e inganno la propria sessualità.
http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/12/21/news/la-monogamia-e-contro-natura-1.244262