C’è stato un momento, nella storia artistica e umana di Madonna, che non somiglia a nessun altro. È un momento sospeso, quasi misterioso, in cui la donna, l’icona e l’essere spirituale si sono sovrapposti in modo totale, per poi — come spesso accade ai grandi esseri umani — scindersi di nuovo.
Quel momento ha un nome preciso: Die Another Day.
Madonna parla di controllo, di disciplina su sé stessa, su corpo, desiderio, segreti. Non è un testo sensuale: è marziale. È mistico. È guerriero.
Poi arriva Freud, chiamato in causa come simbolo del vecchio mondo che pretende di analizzare tutto, di catalogare anche ciò che è indomabile.
Ma la vera rivoluzione sta nel gesto radicale: Madonna vuole distruggere il proprio ego. Non solo controllarlo. Non solo dominarlo. Annientarlo. È un’operazione spirituale violentissima, vicina alle pratiche ascetiche più estreme.
Eppure, subito dopo, ecco la svolta: "Penso che troverò un’altra strada". Madonna non vuole morire oggi. Non vuole spegnersi. Vuole vivere. Vuole trovare altro. È il percorso di chi ha guardato in faccia la morte simbolica e ha scelto la vita consapevole.
Arriviamo così al videoclip.
Un capolavoro visivo, in cui Madonna inscena sé stessa prigioniera, torturata da aguzzini simbolici che rappresentano forse il sistema, forse l’ego stesso, forse le regole sociali.
Ma lei li sfida. Ride loro in faccia. Si prepara da sola alla scarica della sedia elettrica, avvolgendosi un filo nero — richiamo diretto ai tefillin della tradizione ebraica — come a dire: "Sono pronta. Ma alle mie condizioni."
Quando arriva la scarica, lei sparisce. Rimane solo un uomo barbuto, immenso, a spaventare gli aguzzini. E sulla sedia restano tre lettere ebraiche: ל (Lamed), א (Aleph), ו (Vav). La fuga è avvenuta. La liberazione è compiuta.
Nel frattempo in un altro luogo… il capolavoro simbolico. Le due Madonne, in bianco e in nero, si affrontano. Non c’è integrazione. Non c’è compromesso. Alla fine, la Madonna bianca uccide quella nera con una fiocina nel cuore.
È una scena dura, definitiva, cruda.
Ma è anche la verità di ogni trasformazione radicale: non si può rinascere senza lasciare andare qualcosa per sempre.
Qui subentra la domanda più vera di tutte: "Che fine ha fatto quella Madonna?"
Perché sì, dopo quel periodo — la Kabbalah, American Life, Reinvention Tour, I Am Because We Are — qualcosa è cambiato. Madonna è tornata pop, è tornata mondana, è tornata edonista. Soprattutto dopo il divorzio da Guy Ritchie.
Eppure… quel seme non è mai morto.
Oggi Madonna è diversa. È una donna che ha fatto pace con la carne. Con il piacere. Con il desiderio. Con la vita vissuta non come dipendenza, ma come celebrazione.
Non ha rinnegato nulla.
Non è tornata indietro davvero.
Ha solo capito — da donna matura, libera e disincantata — che anche nel piacere c’è spiritualità. Che anche nel corpo c’è verità. Che anche nell’estetica, nella mondanità, negli amanti giovani… c’è un modo puro di esistere.
Madonna non è più quella che vuole dominare ogni impulso.
È quella che sa goderne senza esserne schiava.
Ed è questo che la rende eterna.
Non perfetta.
Non santa.
Non "risolta".
Ma profondamente umana.
E forse, Die Another Day è rimasto lì, come un tempio abbandonato. Ma il tempio esiste ancora. Dentro di lei. Dentro chi ha saputo vederlo.
Perché la battaglia più vera, quella che conta davvero, è sempre quella che si combatte in silenzio, tra sé e sé.
E Madonna… quella battaglia l’ha combattuta.
E forse — come tutti noi — continua a combatterla ogni giorno.
Morirà un altro giorno.
Lupin4th